I 25 dell’Università di Varese, tra verità storiche e promotori dimenticati

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VARESE – L’Università dell’Insubria, eccellenza culturale e d’espansione varesina, ha festeggiato i 25 anni di attività. Un altro, decisivo traguardo che apre al futuro. Tutto bene, tutto secondo programma? Felici di aver celebrato l’anniversario con “Pierino e il lupo” al teatro Apollonio, interpretato da Elio e i Filarmonici di Busseto? Certo che sì, ma anche no. Disappunto che arriva, più o meno sottotraccia, da coloro che hanno contribuito alla nascita e alla successiva consacrazione dell’Ateneo e che, nell’occasione celebrativa, sono stati bellamente dimenticati. Un caso? “Non è questo il punto più importante” avverte Antonio Tomassini, già senatore della Repubblica che per avviare e far crescere l’Insubria ci ha messo del suo.

Qual è, allora, il punto? “Riguarda la verità storica, che è stata disconosciuta, come se l’impegno di tanti non avesse contribuito a dotare Varese di una sua Università” spiega Tomassini. E via con date, nomi, cognomi, riunioni, fatti e, perché no, misfatti che hanno caratterizzato gli anni della costruzione del presidio universitario in condominio con Como. Un salto all’indietro di un quarto di secolo, fatto probabilmente anche a nome di tutti coloro che sono stati tenuti ai margini delle cerimonie e dei festeggiamenti di questi giorni. Dalla fase che Tomassini chiama della “preistoria”, con i promotori dell’iniziativa universitaria, i primari ospedalieri Delfino Barbieri e Luigi Denti, gli avvocati Giovanni Valcavi e Ferruccio Zuccaro, Dante Trombetta e altri, fino alla fase “anabolizzante”.  Cioè? “Il periodo in cui l’Università si è fortificata ed è cresciuta” spiega il senatore. Con un accenno alla pessima considerazione che, prima di allora, aveva il nosocomio varesino: “Eravamo considerati il discount di Pavia”.

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Antonio Tomassini

Ruolo e immagine che personalità come Alfredo Ambrosetti e l’arrivo di professionisti del calibro di Renzo Dionigi, Pierluigi Bolis e Paolo Cherubino, contribuirono a cancellare “al di là della stessa conflittualità tra universitari e ospedalieri”, ricorda Antonio Tomassini. Che sottolinea anche le difficoltà di mettere a disposizione “posti letto” per la stessa attività chirurgica e ortopedica. (“Cherubino trovò ospitalità al Del Ponte”). Poi i nomi di Sergio Salvatore, Giulio Nidoli, Roberto Belloni, Fabio Banfi: tutti a fare squadra per l’Università.

L’Ateneo trovò finalmente l’autonomia negli anni Novanta per l’impegno di parlamentari da poco eletti: Giancarlo Giorgetti e Giovanna Bianchi. E lo stesso Tomassini.  “Fu fondamentale l’accordo con Como – sono parole del senatore – Ci muovemmo in scia a quanto stava accadendo per l’Università di Catanzaro, che aveva richiesto la stessa autonomia. Il governo Prodi non favorì Varese, ma non riuscì ad ostacolare un processo che aveva oramai preso l’abbrivio e non poteva non concretizzarsi. Fu un lavoro di convincimento e di mediazione politica che Bianchi e Giorgetti portarono a compimento con la massima dedizione, superando i tanti, troppi paletti che Roma, sulla spinta di qualcuno, aveva frapposto”.

E ora? “Ora è importante riconoscere, ad esempio, i meriti dei professionisti che lavorano a Varese. Troppi i medici maltratti che se ne sono andati – conclude polemico Tomassini – l’elenco è molto ampio e riguarda eccellenze che credo siano state ingiustamente marginalizzate. Ritengo sia indispensabile proteggere e trattare al meglio i fiori migliori del nostro giardino. Nell’Asst varesina ce ne sono ancora tanti, ma bisogna saper riconoscerli, non premiare quelli che godono di protezione lasciando a terra chi invece davvero merita”.

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