Il crollo di Genova: tanto a morire sono sempre gli altri

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Avremmo voluto celebrare il Ferragosto, per sottolinearne la leggerezza al culmine dell’estate, ci ritroviamo invece a commentare una tragedia, l’ennesima di questo nostro martoriato Paese. Non possiamo esimerci dal prendere atto di quanto accaduto a Genova, nonostante la mission giornalistica di Malpensa24 riguardi per ora un’area circoscritta. Ma le competenze territoriali non hanno senso sul versante di drammi che sono per forza di cose collettivi, che inducono a riflettere, una volta esaurita la comprensibile rabbia per le noncuranze infrastrutturali ed elaborati, se mai si possano elaborare, il dolore e la commozione per gli esiti di morte. Riflessioni che purtroppo sono sempre le stesse a ogni occasione luttuosa, ogni volta capiti qualcosa di grave, subito ritenuto imponderabile e, alla fine, riconosciuto come evitabile.

Sulle cause del crollo del viadotto nel capoluogo ligure indagherà chi di dovere e tv e giornali ne riferiranno con dovizia di particolari. Il nostro intervento si limita a rappresentare una sensazione di sconcerto se non di impotenza di fronte a vicende reiterate, quasi con periodiche scadenze, lungo la Penisola. I ponti che crollano hanno riempito le cronache di questi ultimi mesi, fino al terribile “cedimento strutturale” di Genova. Per non dire di Rigopiano, delle frane ad ogni minimo cenno di pioggia, del dissesto idrogeologico che riserva devastanti conseguenze, delle alluvioni, delle navi che fanno naufragio o che prendono fuoco, delle cisterne che scoppiano lungo le autostrade e le ferrovie, dei treni che deragliano o si scontrano, dei terremoti. Impossibili da prevedere, le scosse telluriche, dicono gli esperti. Quasi sempre segnalabile in anticipo il resto. A conferma c’è sempre qualcuno che dopo la tragedia o l’incidente se ne esce con “io l’avevo detto”. E c’è sempre qualcun altro che non ascolta o, se ascolta, fa finta di non aver sentito. E si affida allo stellone italico.

Forse è tempo di ragionare in funzione della responsabilità, quel senso di responsabilità a cui fanno spesso premio fatalismo e sciatteria. Vada come deve andare o, ancora, non è di nostra competenza.

Già, le competenze. Una delle pratiche più diffuse è lo scaricabarile, in questo siamo inarrivabili. Lo sono enti e dirigenti, funzionari e semplici addetti ai lavori. Un aspetto, la fuga dalle responsabilità, che attraversa in modo endemico gran parte della cittadinanza. Nemmeno serve giustificarsi con “il siamo fatti così”. Perché poi c’è chi paga con la vita. Non sappiamo se sia vero che un ingegnere, un paio di anni fa, aveva lanciato l’allarme sul viadotto Morandi, l’abbiamo letto da qualche parte. Ma se così fosse avremmo la certezza che non tutte le tragedie sono inevitabili, che la mano dell’uomo c’entra sempre. E se non la mano, c’entrano la sua dabbenaggine, il suo menefreghismo, la sua codardia, la sua incompetenza e la condizione peggiore di tutte: il vivere e lascia vivere. Tanto a morire sono sempre gli altri.

Ponte genova tragedia – MALPENSA24