Il Mattarella che non piace: più che un discorso, un’omelia

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, come molti di voi anch’io ho ascoltato il discorso del presidente Mattarella che ha sparso miele e laudano sulle ferite di questo paese infestato dalla feroce pandemia e attraversato da enormi preoccupazioni e problemi. Di miele c’è bisogno e tutti ne apprezzano la dolcezza. Il laudano è il derivato alcolico dell’oppio, nato prima della morfina nel secolo XVIII, a seguito delle ricerche di un medico inglese, certo Thomas Sydenham. Seda il dolore e calma gli affanni. E in effetti così è stato. Certamente una nota di fantasia si è mostrata sul luogo sacro delle istituzioni: ha cambiato setting, ha cambiato la scena, le bandiere, a reti unificate, però in piedi come l’uomo solo al comando, ma ecumenico, buono e gentile, come nel suo stile.

Non ci si diverte più come ai tempi del sardo Cossiga, ma i bravi cittadini, quelli che vanno fare la spesa, che si vaccinano con tutte le dosi ed anche con il booster, che guardano i film su Netflix o su Amazon Prime, financo quelli che si azzardano a leggere i commenti politici sui giornali che contano, quando vedono il presidente della repubblica che fa un bel discorso tranquillo, ecumenico che riguarda un po’ tutti, possono essere contenti, rassicurati, consolati. Ovviamente non poteva che dire così, occorreva ringraziare le istituzioni e tutti i collaboratori, sostenere il buon andamento della vita della repubblica, distribuire un po’ di miele e laudano (appunto) sulle inquietudini degli italiani che ne hanno un gran bisogno. Un po’ come il buon parroco che recita l’omelia, che dispensa speranza (esse minuscola) e carità ai suoi fedeli, che rassicura circa l’opera dello Spirito Santo.

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Ivanoe Pellerin

E i parrocchiani ascoltano e commentano. E i quasi tutti i giornalisti hanno beatificato il discorso del presidente, hanno detto che lo rimpiangeremo, hanno sottolineato i passaggi salienti: che bella omelia, che straordinaria omelia, hai sentito quel punto, hai colto quell’accenno, hai registrato quel passaggio, quel gesto … Solo alcuni hanno dissentito. Sia Sallusti, sia Minzolini hanno accennato a qualche critica e non di poco conto. Il presidente Mattarella è anche presidente del Consiglio superiore della magistratura, organo di rilievo istituzionale dell’ordinamento politico italiano, di governo autonomo della magistratura ordinaria. Effettivamente l’equilibrio fra politica e magistratura è stato messo in questo periodo in grande difficoltà. E forse un po’più di laudano, come lenitivo del dolore, sarebbe stato utile.

Le rivelazioni di Palamara con la denuncia del “Sistema”, il caos sul suicidio di David Rossi e il caso del Monte Paschi di Siena di qualche giorno fa con l’inchiesta ancora in corso, la tragedia di Angelo Burzi, ex consigliere regionale piemontese di Forza Italia, suicidatosi dopo un tremendo accanimento giudiziario con una terribile lettera di denuncia circa la giustizia ingiusta, sono ferite ancora aperte che fanno male. Insomma, un accenno avrebbe contribuito a placare le inquietudini.

Intanto ho appreso che i grandi giornali hanno un “esperto del Quirinale”, il quirinalista appunto, cioè il giornalista addentro nelle segrete cose che traduce ciò che viene scritto, detto o annunciato dal Colle. Sì perché molto spesso il Quirinale va interpretato, tradotto, chiarito. Per esempio Maurizio Breda, il quirinalista del Corriere delle Sera, ci spiega che il discorso di fine d’anno ha disegnato il profilo del successore che deve spogliarsi dei suoi panni politici, dei suoi trascorsi di provenienza, del suo animo, direi, sociale.

Cari amici vicini e lontani, considero questa affermazione una grandissima fandonia, un’affermazione farlocca buona solo per non udenti e non vedenti (sia detto con grande rispetto). Certo l’eletto dovrebbe essere sopra le parti ma è pur sempre figlio di una storia, di una cultura, di un percorso in molti casi proprio politico, in altri casi amministrativo e quindi istituzionale. Ma come fa un uomo a rinunciare ad un pensiero elaborato nel corso degli anni, a volte determinato da affanni, rinunce e difficoltà?

Intanto ricordo che la presidenza Mattarella è nata dal voltafaccia del solito Renzi circa il patto del Nazzareno, e che l’urgenza dell’elezione, il 31 gennaio 2015, era motivata dalle dimissioni di Napolitano e dalle turbolenze in Parlamento. Nel discorso d’insediamento coniò la definizione di “arbitro” per definire il capo dello Stato, ma ben sapeva che i giocatori non sono sempre corretti e le elezioni del 5 marzo 2018 modificarono profondamente gli equilibri del Parlamento.

Mattarella, democristiano siciliano, non poteva apprezzare la destra-centro (detto di proposito) con Salvini all’attacco con un risultato elettorale al 17,4% e Berlusconi all’orizzonte con il 14%, mentre i 5 stelle diventavano il partito di maggioranza relativa con il 32,7% di voti in assoluta solitudine. Mi pare del tutto evidente. Come è evidente che si è dovuto destreggiare con alleanze fino a poco tempo prima impensabili. Nel primo improbabile governo giallo-verde ha deciso che non voleva Savona all’economia. Quel Savona diventerà poi presidente della Consob, l’organo indipendente che vigila sulle società quotate in Borsa. Va a capire tutto questo. Il presidente è poi intervenuto sull’attività dei governi che si sono succeduti molte volte con la “moral suasion”, come si dice a bassa voce. Ma non è una novità.

Tutti i dodici presidenti hanno svolto attività politica, chi più, chi meno. Ricordiamoci Scalfaro e il suo “io non ci sto”. Nominano i senatori a vita e Monti è stato un esempio lampante e certamente molto “politico”. Per tornare al problema del CSM, l’unico che si contrappose con evidenza alla magistratura fu naturalmente Cossiga che accusò apertamente il Consiglio superiore della Magistratura di svolgere attività politica nel giugno 1990, con le conseguenze che ci furono.

Cari amici vicini e lontani, come segno di rottura rispetto al passato, mi viene in mente che, visto che il sistema giudiziario italiano non funziona (leggi Cossiga), forse il paese avrebbe proprio bisogno di un presidente che non trovasse alcuna pacificazione con il sistema di governo dei magistrati. Può essere la volta che il capo del CSM con garbo, con fermezza e con decisione istituzionale dica una sua parola importante. Sarà così?

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