La guerra in Israele e l’Europa che boccheggia

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di Gian Franco Bottini

Se qualcuno, in questi terribili giorni, se la ride, questi è lo Zar che, di fronte a ciò che sta avvenendo nel Vicino Oriente, vede calare l’attenzione sulle poco limpide questioni che lo riguardano. E se qualcun altro invece ha da preoccuparsi, questi è sicuramente Zelensky, che non può non temere che i suoi alleati, sorpresi ed annichiliti di fronte ai nuovi avvenimenti, si distraggano troppo sulla “sua” guerra.

Ma anche il nostro carico di preoccupazioni non può che crescere, non essendoci ben chiaro quanto questo nuovo conflitto ci possa essere vicino. La guerra che si è scatenata nei territori israeliano-palestinesi ha colto di sorpresa non solo Tel Aviv ma tutto l’Occidente  ed  in particolare l’Europa

La vicenda Ucraina aveva messo in luce il tema centrale di questo inizio di secolo: la sfida fra democrazie e autoritarismi; e se in quella circostanza l’Europa ebbe, dall’aggressione russa, una forte spinta a ricompattarsi, l’aggressione di Israele rischia invece di avere sul nostro continente un effetto contrario, in virtù delle molte contraddizioni che la situazione porta a galla.

Appare evidente che il “mondo arabo”, seppur con diverse sfumature, “simpatizzi” con l’iniziativa di Hamas ed è innegabile che in larga misura quello è un mondo dove vigono dei regimi autoritari. E’ altresì innegabile che, per ragioni economiche, i Paesi europei hanno con quel mondo rapporti consolidati e anzi, in molti casi, persino significativamente subalterni (in primis per la questione energetica). Se l’attuale contrasto, Dio non voglia, dovesse estendersi, l’Europa democratica, schierata in difesa di Israele, avrebbe il suo bel daffare nel mantenersi in equilibrio fra principi/valori ed interessi economici.

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Gian Franco Bottini

Un equilibrio reso ancor più precario dal fatto che ognuno dei principali Paesi europei ha, in quell’area geografica, un proprio diverso posizionamento, per storia passata (colonialismo/protettorati etc) e per interessi attuali (petrolio, energia, rapporti commerciali, investimenti etc). Una realtà questa che  renderebbe difficoltoso raggiungere una posizione europea che fosse unitaria, correndo il rischio di sfarinare quel consolidamento che la vicenda ucraina aveva, a volte anche forzosamente, reso possibile.

Nell’ultimo decennio alcuni Paesi mediorientali (in primis Arabia, Emirati, Kuwait, Qatar,Turchia) si sono di molto avvicinati all’Occidente europeo, facendo leva sulla loro potenzialità economica e trovando terreno fertile in economie col fiato grosso e disponibili a chiudere un occhio su altri problemi di principio come il rispetto dei diritti civili.

Se qualcuno avesse pensato che questi Paesi si stessero occidentalizzando avrebbe preso una madornale cantonata anzi, in un frangente come quello che stiamo vivendo, ci potremmo accorgere di esserci pericolosamente legate le mani “sull’altare del dio dollaro”. Democrazia ed autoritarismo hanno dietro di sè delle differenze culturali basilari ed il recente episodio corruttivo operato dal Qatar, per ottenere una maggior disattenzione della comunità europea rispetto al suo deficitario rispetto dei diritti civili, è un chiaro segnale che lungi dall’occidentalizzarsi, nei nostri “amici” c’è l’idea di poter “comprare” anche i nostri valori.

Il calcio, per la sua popolarità,  può essere preso come un  esempio dello scenario in atto. Non si tratta solo di un gioco facente parte della nostra storia e della nostra cultura (europea in particolare) si tratta anche di un fenomeno che  muove le masse. Basti ricordare la storia milanista propedeutica alla nascita di Forza Italia, per dare una spiegazione a quanto stiamo dicendo. L’”assalto” arabo ad appropriarsi del  calcio europeo, al quale stiamo assistendo (con movimenti di capitali che definire assurdi è più che riduttivo), può sembrare una sciocchezza ma è un segnale simbolicamente molto forte e praticamente, per la sua capacità di coinvolgimento, molto utile per chi volesse agire su delle masse. I campionati del mondo qatarioti, con tutta la liturgia araba sottostante, sono stati un altro forte segnale al mondo occidentale e ricondurlo unicamente a fatto mondo sportivo sarebbe un errore.

Si potrebbe continuare con esempi ben più rilevanti per le loro implicazioni politiche ed economiche, per significare che, nel caso la situazione israeliana si complicasse ulteriormente, la posizione europea nel contesto Occidentale sarebbe piuttosto complicata, per i tanti rapporti di  varia natura, creatisi nel  tempo, con molti di coloro che potrebbero essere “dall’altra parte del tavolo”. Anche per tutto questo  “Israele siamo noi”.

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