La Meloni, l’Ignazio e gli altri

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Giorgia Meloni e Ignazio La Russa

di Gian Franco Bottini

Uno dei primi scogli che la nostra premier ha dovuto affrontare è stato sicuramente quello di rifarsi la “postura”, per convincere alleati ed avversari a scordare tutti gli “eja eja alalà” dei quali si è nutrita la sua crescita politica nel Fronte della Gioventù della Garbatella. La persona è intelligente e, come si dice da noi, anche “scrocca” e per la verità si è data molto da fare, in Italia ed all’estero e, pur dovendo ancora verificare quante delle perplessità siano state rimosse, diciamo che per ora pare aver messo le scarpe chiodate giuste per evitare imbarazzanti scivolate.

Anzi, recentemente, ci ha persino sorpreso con la sua apparente sincera affabilità di rapporto personale con il premier spagnolo, di tutt’altra “parrocchia” politica, che a sua volta pareva aver dimenticato che pochi mesi fa la Giorgia, in versione “balcone di piazza Venezia”,  era andata là , in casa sua, a sostenere il suo maggiore avversario.

Se l’apparenza ha comunque  la sua importanza (e per ora ci si può quindi accontentare)  solo il tempo dirà, a chi criticamente non la perde d’occhio, se la Meloni avrà veramente saputo smaltire certe scorie residuali del suo passato, per interpretare convintamente la tipologia di leader che anche  l’Europa si aspetta dal nostro Paese. Ma se quanto detto, per la nostra premier pare non essere più un insormontabile problema, pare invece continuare ad esserlo per quel manipolo di “balilla” che Lei si è trovata a dover trascinare in Parlamento e nelle viscere del suo partito.

La  crescita repentina dei “Fratelli” ha causato quello che sarebbe avvenuto in ogni altro partito nelle medesime situazioni: l’impossibilità di una accurata selezione dei propri rappresentanti, dato che il numero di “sedie” da occupare superava di gran lunga quello di “deretani politicamente certificati ” disponibili. Una situazione simile  a quella che oltre 20 fa si presentò con il boom leghista e più recentemente con quello dei pentastellati. La differenza, non insignificante, è che l’esplosione di FdI non rappresenta, come nei due casi citati, il frutto di uno dei ricorrenti e insensati borborigmi elettorali del popolo italiano, bensì quello di un movimento con forti radici valoriali che ha raggiunto il potere dopo le frustrazione di molti decenni; il che può oggi facilmente scatenare pericolose ansie da prestazione, che la Giorgia deve faticosamente arginare.

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Gian Franco Bottini

E così durante i primi mesi di assestamento mentre cercava di “imparare il mestiere”, la Meloni si vedeva recapitare fra capo e collo le grane che i “suoi” le procuravano con uscite maldestre e azioni dilettantesche; dando l’opportunità ad una Minoranza, per il resto disastrata, di crearle tensioni e perdite di tempo. Sorvoliamo velocemente la questione legata al Ministro Nordio: un atteggiamento totalitario inopportuno pare facilmente limato. E anche la scivolata di tal Donzelli: forse più fanciullesca cialtroneria che arroganza, quella di spiattellare in Parlamento inopportuni “pettegolezzi” da “comari” desiderose di darsi il tono di chi ”sa le cose ”

La faccenda comincia ad appesantirsi quando entra in campo  la seconda carica dello Stato, La Russa; uno di quelli che, data la sua storia, dovrebbe impegnarsi, ancor più della sua “capa”, a dimostrare il suo cambio di pelle. Ma l’Ignazio non ce la fa ed in occasione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine la spara grossa, dimostrando che nel fondo del suo pensiero c’è ancora molto da “sgrassare” e, dato il suo peso specifico, la cosa inevitabilmente fa nascere il grande dubbio che in tutto il partito non sia chiara la differenza fra  “apparenza e sostanza”.

In perfetta esclalation e altrettanto imbarazzante è poi la sortita di Rampelli, un deputato di una certa rilevanza, che ripropone , come da anni fa, di vietare l’uso di termini stranieri in tutte le scritture dell’amministrazione pubblica (e ci può stare), nelle scuole per lezioni in lingua e anche nei documenti delle società a partecipazione statale ( e non ci sta proprio, considerando la necessità di essere attori in un mercato globale sempre più tecnologico e di preparare i nostri giovani a viverlo da protagonisti). C’è poi in questa cosa un neppur tanto nascosto nostalgico richiamo a periodi lontani, quando l’ “autarchia” regnava perché motivata da un isolamento politico e di mercato, che oggi dobbiamo disperatamente evitare.

Ed infine un paio di episodi, che paiono di minor livello ma che sono forse i più preoccupanti. Due scuole (Venezia, Roma) hanno ricevuto dalle segreterie locali di FdI l’invito formale a non applicare una direttiva di esclusiva competenza dei presidi, perché non gradita dalle segreterie stesse. Al di là dell’oggetto della direttiva, a noi paiono azioni che ignorano il percorso di 70/80 anni di conquiste democratiche, riportandoci nostalgicamente a momenti nei quali un partito dominante si arrogava ovunque una ingerenza universale. Due episodi ancor più significativi perché messi in atto dalla periferia politica di un partito che, al di là degli sforzi della “crosta”, man mano che si entra nella profondità della sua struttura, dà segni di preoccupanti rigurgiti. Preoccupazioni esagerate? Il vicino 25 Aprile, il primo dell’era Meloni, probabilmente ci darà qualche risposta.

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