Malpensa, la Svizzera e i soldi: gli interessi della ‘ndrangheta nel Varesotto

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FERNO – La vicinanza con il confine svizzero, Malpensa, i ricchi imprenditori: l’irresistibile attrazione della criminalità organizzato di stampo mafioso per il Varesotto arriva da lontano. Da almeno 70 anni Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra lavorano per infiltrarsi : «Aggredendo i pilastri dell’economia sana del territorio. Riciclando denaro sporco attraverso imprese in regola. Oggi qui abbiamo una netta prevalenza degli interessi delle ‘ndrine, come hanno dimostrato gli esiti delle recenti inchieste giudiziarie».

Sul nostro territorio da 70 anni

Federica Beretta,  giornalista, tra le autrici di un monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia realizzato dall’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, è stata protagonista alle 21 di ieri, venerdì 29 ottobre, dell’incontro promosso dalla Cooperativa San Martino insieme a un lungo elenco di associazioni di Lonate e Ferno, dal titolo chiarissimo: “La ndrangheta tra noi“. Beretta, intervistata dal giornalista de Il Cittadino di Monza Paolo Rossetti, ha tracciato, con metodo scientifico, la storia della criminalità organizzata del territorio dal 1954, anno in cui entrò in azione «Giacomo Zagari, padre di Antonio, che negli anni diventerà il boss della locale di Malnate, a Buguggiate. E tutto ebbe inizio». C’è un momento storico reale, dunque, durante il quale la criminalità organizzata scopre la provincia di Varese come pascolo fiorente per gli affari.

I domicili coatti e i sequestri

La sala piena – presenti tra gli altri anche le istituzioni con il sindaco di Lonate Nadia Rosa, il vicesindaco di Ferno Mauro Cerutti e il presidente della Sap Modesto Verderio –  è la testimonianza di quanto il tema coinvolga i cittadini di Lonate e Ferno e di quanto, dopo gli ultimi 10 anni, il territorio voglia in qualche modo esprimere un secco no alle infiltrazioni. Beretta ha sottolineato anche il “mezzo” attraverso il quale i primi boss arrivarono a Varese e provincia: «I domicili coatti. Queste persone furono allontanate dalla terra natia per “punizione”, mandate lontano ma in qualche modo radunate negli stessi territori». Beretta ha parlato nello specifico dell’arco Prealpino: ovvero Varese, Como, Lecco e Sondrio. Il tentativo di sradicare gli appartenenti alla criminalità organizzata dai territori del Sud, spostò il fenomeno altrove.

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Malpensa porta per il traffico di stupefacenti

«Lo ha spostato in questo territorio ricco – ha detto la giornalista – Con numerosi vantaggi: la vicinanza con il confine svizzero e poi, negli anni, con la presenza di Malpensa. Aeroporto che, lo dimostrano le recenti inchieste (con l’interesse del presunto boss Emanuele De Castro per i parcheggi intorno all’aerostazione), è diventato nel tempo un grande varco d’accesso per il traffico internazionale di stupefacenti, una attività che rappresenta uno degli interessi principali della criminalità organizzata di stampo mafioso». La relatrice ha ripercorso la stagione dei sequestri e il radicamento del fenomeno estorsivo che ha visto tra le vittime anche tanti imprenditori e commercianti locali. «Scegliere di non denunciare. Di pagare per non avere problemi. A un certo punto nei nostri territori si è scelta l’omertà». E questo è il punto sul quale si è molto insistito durante la serata. «Abbiamo incontrato in diverse occasioni Alessandra Dolci (alla guida della Dda di Milano e tra i magistrati che hanno portato avanti le inchieste più recenti compresa Krimisa che lo scorso luglio ha riportato in carcere i De Castro e i loro accoliti con un’impressionante serie di arresti in particolare a Ferno, ndr) che ha rilevato proprio questo particolare aspetto: imprenditori che per anni hanno in qualche modo fatto affari con queste persone, subendo anche estorsioni, rimasti sempre in silenzio. Non soltanto non hanno denunciato ma, una volta davanti ai fatti, hanno negato di avere informazioni o di conoscere ciò di cui si stava parlando».

L’omertà del territorio

E questo è, forse, una delle armi più potenti della criminalità organizzata di stampo mafioso: il silenzio. «Di quella zona grigia fatta da imprenditori, professionisti, commercianti che non sono affiliati ma che non hanno mai denunciato il fenomeno, preferendo conviverci». E’ un territorio in qualche modo rimasto a lungo “indifferente” alle infiltrazioni mafiose (con la ‘ndrangheta concentrata nell’area intorno a Malpensa e legata al clan dei Farao Marincola e Cosa Nostra radicata a Busto con gli interessi del clan dei Rinzivillo) quello descritto da Beretta. Fu il processo varesino Isola Felice a crepare la superficie di un modo di pensare riassunto nella frase «Sino a quando si ammazzano tra loro, a casa loro, a noi non interessa». Siamo nel 1997: «Ma quanto tempo era passato dal ’54? – ha chiesto Beretta – Il pm di Isola Felice, Agostino Abate, definì storica quella sentenza: per la prima volta si era parlato di infiltrazioni mafiose in provincia di Varese». Bisognerà attendere il 2009 con le inchieste Bad Boys e Infinito, però, per avere la reale portata del fenomeno. «E alle ultime inchieste – ha concluso Beretta – per toccare con mano anche le infiltrazioni della politica con l’arresto del consigliere di Fratelli d’Italia a Ferno (Enzo Misiano che si faceva chiamare Don Misio, ndr) e le rivelazioni dell’ex sindaco di Lonate (Danilo Rivolta arrestato per corruzione nel 2017)».
Sull’operazione Krimisa si tornerà nello specifico con un secondo incontro, sempre a Ferno in calendario per il 17 gennaio 2020. Il gruppo di associazioni che stanno organizzando questo percorso di riflessione sulle infiltrazioni in zona ha anche promosso un questionario in relazione alla conoscenza del fenomeno da parte dei cittadini. Un questionario anonimo che chiunque potrà trovare all’indirizzo www.legalita.info .

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