VARESE – Giuseppe Piccolomo non doveva essere riprocessato per la morte della prima moglie Marisa Maldera. Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Cassazione confermando oggi, giovedì 28 aprile, la decisione della Corte d’Appello di Milano che nel gennaio 2021 aveva annullato la condanna all’ergastolo in primo grado pronunciata dai giudici del Tribunale di Varese. Piccolomo, noto come il killer della mani mozzate e già condannato in giudicato a un primo ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari assassinata a Cocquio Trevisago nel 2009.
Accolta la tesi della difesa
I giudici d’Appello, accogliendo il ricorso del difensore Stefano Bruno, nelle motivazioni avevano riassunto così le ragioni dell’annullamento: «Si tratta di un caso di ne bis in idem scolastico». Ovvero ciò che l’avvocato Bruno ha sempre sostenuto.
La Cassazione chiude la vicenda
Marisa Maldera morì ufficialmente in un incidente stradale a Caravate nel febbraio 2003. L’auto guidata da Piccolomo, secondo la ricostruzione dell’epoca, finì fuori strada. Sulla macchina era presente una tanica di benzina che si incendiò. La vettura bruciò, e con essa Maldera, mentre Piccolomo uscì quasi illeso. Per quell’incidente stradale Piccolomo patteggiò una pena a un anno e 4 mesi. Le figlie Cinzia e Tina Piccolomo hanno invece sempre accusato il padre di averla uccisa volontariamente e con premeditazione. I ne bis in idem è il principio giuridico in base al quale una persona non può essere processata due volte per lo stesso fatto. Per Procura Generale e parte civile il nuovo processo configurava uno scenario e quindi un fatto diverso per la morte della donna. Per la difesa era esattamente il contrario. Oggi la Massima Corte ha chiuso la vicenda accogliendo la tesi del ne bis in idem, annullando in via definitiva la sentenza in primo grado, e condannando le parti civili al pagamento delle spese.