La sostenibilità al centro della nuova Europa

Next Generation Eu Cavalli

Next Generation EU è una proposta che mira a mutare equilibri interni ed esterni per un’Europa unita all’insegna della sostenibilità e della resilienza. L’iniziativa segna il cambio di passo di Bruxelles che vuole assumersi il ruolo che le compete verso i suoi cittadini e nel contesto internazionale, inaugurando una stagione dove la politica torna in primo piano. Adesso si entra nel vivo del negoziato ma la Commissione può contare sulla diplomazia tedesca, protagonista del processo in qualità di Presidenza di turno del Consiglio dell’UE dal prossimo 1° luglio.

La proposta, presentata a fine maggio dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e legata alla proposta per il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021 – 2027, rappresenta un cambio di passo ambizioso che segna il passaggio verso una nuova stagione dell’UE.

Non mi riferisco tanto alla portata economica, sicuramente rilevante, bensì al significato che tale iniziativa, per termini, prospettive e contenuti, porta al suo interno: costruire una nuova Europa sostenibile, digitale, resiliente e inclusiva, attenta allo sviluppo sostenibile e alla crescita all’interno dei propri confini oltre che leader in campo internazionale. Il tutto, dotando l’Europa di una maggiore indipendenza e coesione istituzionale, adeguata ai tempi e alle sfide che il mondo moderno globalizzato richiede, a maggior ragione alla luce degli avvenimenti degli ultimi mesi.

Tre aspetti sono particolarmente rilevanti a supporto di questo ragionamento:

In primis, questa proposta è ambiziosa e veloce al punto giusto, fornendo una risposta concreta a tutti i detrattori che, durante la pandemia, hanno tacciato l’Unione Europea di essere lenta e di mostrare poca solidarietà. Chiunque conosca le dinamiche di Bruxelles, è perfettamente consapevole del fatto che ciò che è stato fatto in questi mesi, per impatto e soprattutto rapidità, è inusuale, e in linea con la situazione di emergenza.

Secondo punto, l’Europa va sui mercati, e in questo caso ci va per raccogliere una somma ingente di denaro, ad oggi la proposta parla di 750 miliardi, accedendoci con tassi di interesse molto bassi (titoli AAA) e con pagamento ai creditori da parte della Commissione Europea (e non da parte degli stati membri, prestiamo particolare attenzione al significato di questo punto) tra il 2028 e il 2058. In poche parole, l’Unione Europea si dota di una vera e propria fiscalità comune proprio come auspicato da molti in passato e richiesto lo scorso 25 marzo da 9 stati membri, tra cui l’Italia, in una proposta inviata al Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Passaggio significativo, la proposta franco-tedesca per un fondo da 500 miliardi dello scorso maggio. Il fatto che sia la stessa Germania a guidare i negoziati per giungere ad un accordo in seno al Consiglio, avendo assunto il ruolo di Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea dal 1° luglio 2020, garantisce che la Cancelliera Merkel si impegnerà in prima persona per raggiungere un compromesso adeguato.

Infine, questa proposta, è il segno di un cambio di passo con l’avvio di un percorso di unione politica. Infatti, la Commissione Europea non ha semplicemente presentato strumenti atti a salvare il continente da una crisi economica, ma ha ufficialmente aperto un dibattito per la trasformazione dell’Unione Europea in soggetto unitario sotto questo punto di vista, con evidenti ripercussioni tanto all’interno dei propri confini quanto su scala internazionale. La nuova stagione si appresta ad essere ricca di discussioni ma apre ufficialmente il dibattito ad un ripensamento, anche architettonico, dell’Unione Europea magari passando per una revisione dei Trattati. Difatti, la proposta presentata dalla Presidente von der Leyen ha gli embrioni per il passaggio ad un metodo comunitario proponendo un patto intergenerazionale e adottando un approccio sistemico, il quale coinvolge tutti i livelli, sia istituzionale (governi nazionali ed amministrazioni locali) che di tessuto economico e sociale. La Commissione è consapevole che per dotare l’UE di una forza d’impatto delle sue politiche, in questo frangente in particolar modo, è necessario che si possa muovere velocemente, in modo indipendente e senza aggravare i bilanci statali di ulteriore indebitamento. In tale direzione, a completamento della proposta, va lo schema di riforma delle risorse proprie ideato per permettere alla Commissione di raccogliere autonomamente capitali atti a ripagare il debito contratto. Tale riforma ha in sé un forte significato politico, oltre che economico, in quanto certificherebbe la presenza dell’Unione Europea sul panorama internazionale come attore singolo, dotandosi essa stessa di un elemento essenziale delle istituzioni statali quale la riscossione di tributi.

La visione lungimirante e ambiziosa contenuta tra le righe della proposta presentata dalla Commissione Europea si evince infine sulla scelta del terreno sul quale vuole costruire le fondamenta di questa nuova Europa. Ed è il terreno dello sviluppo sostenibile.

Le proposte difatti legano la ripresa ad una vera e propria trasformazione della società europea. Resilienza, digitalizzazione, sostenibilità sono i punti cardine intorno ai quali si articolano al fine di porre le basi per una ripresa comune che al tempo stesso rafforzi la competitività ed il ruolo dell’Europa come attore globale. Il rischio paventato è proprio lo squilibrio sia a livello interno, con l’aumento delle disuguaglianze, e quindi di riflesso sul panorama internazionale, con una perdita di rilevanza e peso specifico a livello economico e politico.

Il percorso di coesione interno dell’UE si è sempre basato su una crescita comune, progettato in vista di uno sviluppo il più possibile omogeno del continente. La crisi del Coronavirus impone una accelerazione in tal senso, considerando la relativa simmetria del problema tra gli stati unita all’asimmetria delle conseguenze che essa si trascinerà dietro. Tuttavia, proprio per non mutarsi in mero assistenzialismo, inutile se non addirittura dannoso nel medio-lungo periodo, la risposta deve porre le basi per un rinnovato sviluppo e permettere al tessuto economico e sociale di rimettersi velocemente in piedi, mantenendo però un occhio ai rischi futuri. In tal senso, è evidente come la sostenibilità rappresenti sia un campo di crescita che una vera e propria necessità in prospettiva, se intesa attraverso un approccio olistico, come quello incluso dalla Commissione nelle sue proposte, che tenga conto degli aspetti economico, sociale ed ambientale all’interno di un unico quadro di riferimento. Questo modello, la cui bussola è costituita dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile varati dalle Nazioni Unite nel 2015, non solo permette una crescita costante, che non lascia nessuno indietro, rispetta i diritti e preserva risorse e ambiente, ma pone le basi al tempo stesso per una Europa resiliente, maggiormente capace ad assorbire shock riducendo notevolmente impatto e rischi.

A livello esterno, l’Europa ha storicamente fatto uso del proprio “soft power” nelle relazioni internazionali, promuovendo una cultura del dialogo e della crescita giusta, inclusiva e rispettosa dei diritti umani. Il modello europeo che questa proposta vuole costruire rappresenta una enorme fonte di ispirazione, se portata a compimento, ed una forte condizionalità per gli altri paesi presenti. A questo si unisce l’efficacia degli strumenti contenuti nella proposta, e la prospettiva tracciata per disegnare un’Europa come soggetto unitario ed efficace su scala globale. Inoltre, la leadership a livello di sostenibilità ambientale che l’Europa vuole ricoprire alimenta la collaborazione multilaterale, provvedendo a dare linfa vitale al lavoro che nelle sedi internazionali, e con il supporto di una certa parte di società civile, viene portato avanti con enorme fatica dagli attori attualmente in campo.

D’altronde, questa ambizione internazionale è chiaramente riflessa nelle proposte di rafforzamento dell’azione esterna, partendo dalla politica di vicinato, azione chiave per qualsiasi superpotenza che si voglia definire tale, passando per il rafforzamento della cooperazione internazionale in sede ONU, G20, G7, FMI e Banca Mondiale, fino alla politica commerciale: in effetti, la Carbon Tax, la Digital Tax, e il Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera, per prevenire il carbon leakage e proteggere le imprese europee, sono azioni che vanno ad incidere significativamente nel bilanciamento di poteri con le altre superpotenze.

Queste iniziative sono state messe sul piatto dall’esecutivo di Bruxelles per aumentare il livello di risorse proprie e svincolare il Recovery Fund, ed in prospettiva sempre di più il bilancio, dai contributi degli stati membri. In realtà, queste proposte sono già state sottoposte al vaglio in passato e osteggiate, a geometrie variabili, dagli stati membri prima della pandemia. Oggi assumono un significato diverso, in senso di leadership internazionale e di coesione interna. Le risorse proprie oggi sono principalmente generate dai contributi degli stati membri (73%), segue IVA e dazi doganali (12% ciascuno) e altre fonti (3%). Chiaramente, esse erano relative ad un bilancio UE pari circa 1% del PIL europeo, e contavano un contributore netto importante come la Gran Bretagna. È ovvio che, anche solo per un motivo economico (bilancio UE viene usato a garanzia dell’emissione di bond relativi al Next Generation EU che unito al QFP porta a circa il 2% del PIL europeo il totale della proposta), tali risorse siano necessarie per il buon funzionamento dell’operazione.

La partita, ad ogni modo, è appena cominciata: il passaggio legislativo per arrivare all’adozione del Quadro Finanziario Pluriennale e Next Generation EU è tutto fuorché semplice e dovrà attraversare un negoziato che si prospetta infuocato e vede una prima tappa fondamentale nel Consiglio Europeo del 17 – 18 luglio. Il Consiglio Europeo avrà un ruolo centrale nel processo in quanto sarà il vero e proprio luogo dello scontro tra i paesi “frugali” del nord e coloro favorevoli alla proposta. A tirare le fila del negoziato, la Presidenza di turno tedesca, per certi aspetti una garanzia. Lo è perché non permetterà un insuccesso, considerando la posta in gioco, lo è per i paesi del nord perché Berlino è storicamente attenta alle esigenze di bilancio e alla condizionalità della spesa, lo è per i paesi del sud essendo che, come abbiamo riportato, è stata proprio la Germania a superare sé stessa e a proporre, insieme alla Francia, il piano da 500 miliardi. Chi ha memoria, anche solo della discussione sui famosi “coronabond”, si rende conto dell’enorme cambio di prospettiva fatto dai tedeschi.

In realtà proprio le condizionalità legate alle misure, potrebbero essere una garanzia che questo piano non solo sia efficace sotto un punto di vista politico, ma anche e soprattutto economico. Difatti, per rendere la società europea veramente resiliente, accelerare la doppia transizione, ecologica e digitale, e puntare su una completa sostenibilità a livello economico, sociale e ambientale, è necessario adottare un cambiamento che attraversi, e coinvolga, tutti gli attori: istituzioni, settore privato, società civile e cittadini. Questo piano difatti rappresenta una occasione unica per correggere determinate distorsioni, presenti in particolar modo in paesi come l’Italia, ma non solo, essendo però anche l’unica occasione che abbiamo per modificare il nostro tessuto produttivo ed il nostro stile di vita. Certo, l’Italia è da sempre allergica a qualsiasi condizionamento (si veda l’esempio costituito dai fondi strutturali europei, purtroppo solitamente poco sfruttati dal nostro paese proprio per la mancanza di capacità ad adempiere alle condizioni di utilizzo) ma trovare dunque un compromesso andando incontro ad alcune richieste dei paesi frugali, introducendo condizionamenti che siano veramente inseriti a favore di una crescita duratura e sostenibile, e non mera burocrazia, andrebbe a beneficio di tutti.

Ad ogni modo, la partita sul futuro del pianeta si gioca in questi mesi. Se la sostenibilità economica e sociale costituiscono un punto di forza e crescita per la nostra società, in un percorso che l’umanità percorre dall’inizio della sua storia, la sostenibilità ambientale ci pone oggi di fronte ad un bivio: l’essere umano, che nelle proiezioni punta a quota oltre 9 miliardi nel 2050, non può più permettersi di vivere ancora a lungo senza rispettare pienamente l’ecosistema che lo circonda: nel 2019, secondo il Global Footprint Network, un’organizzazione di ricerca internazionale che monitora l’impronta ecologica dell’uomo, abbiamo terminato le risorse della terra già in data 29 luglio. Ogni anno questa data si sposta indietro nel calendario, ad oggi utilizziamo risorse per 1,75 pianeti come il nostro ogni anno. È evidente come tale stile sia insostenibile nel medio/ lungo periodo e come il persistere di determinati atteggiamenti non solo sia dannoso in generale, ma potrebbe presto avere ripercussioni incontrollabili ad esse connesse (come lo è stato il Covid19). L’Europa, per sé e per il pianeta, ha un’opportunità eccezionale per imprimere una svolta verso un vero sviluppo sostenibile.

Giacomo Cavalli
(Sustainability Manager di Media Trade Company)

Next Generation Eu Cavalli – MALPENSA24