Omicidio Faraci, «la scena del delitto era un disordine perfetto»

SOMMA LOMBARDO – E’ iniziato ufficialmente in tribunale a Busto Arsizio il processo contro Melina Aita e i due tunisini Bechir Baghouli e Slaheddine Ben’H Mida, considerati suoi complici nell’omicidio di via Briante a Somma Lombardo del 12 aprile 2014. Il delitto in questione ovviamente è quello del marito Antonino Faraci.

Ancora troppe questioni da chiarire

 Presunto mandante e presunti autori materiali alla sbarra per un omicidio del quale sono diverse le questioni ancora da chiarire. Il dibattimento è iniziato con l’audizione dei carabinieri che sono sfilati in aula descrivendo il contesto nel quale è avvenuto il delitto. Il Tenente colonnello Massimiliano Corsano, che ha riferito in aula davanti alla corte d’assise presieduta da Renata Peragallo (a latere Rossella Ferrazzi), ha definito la scena del delitto un disordine perfetto. Un dettaglio che di fatto insospettì molto gli investigatori accorsi sul posto, nella casa di Somma Lombardo dove vivevano i due coniugi, allontanandoli dalla prima ipotesi di una rapina finita nel sangue. La Procura di Busto Arsizio è rappresentata in aula dal pm Rosaria Stagnaro.

Melina l’imputata chiave

L’imputata chiave del delitto, Melina Aita, è invece difesa dall’avvocato Pierpaolo Cassarà. Rapidamente i sospetti si sono concentrati proprio sulla moglie. E’ stata rivelata in aula una telefonata sospetta intercorsa tra la figlia e la zia: «Secondo te in un’auto vengono trovate tracce di sangue anche se sono state lavate». Sono stati analizzati i tabulati e le celle telefoniche. Nelle prossime settimane sfileranno gli altri testi.

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