Rossetti (Confindustria Altomilanese): «Europa e speculazione primi problemi»

legnano bonomi confindustria assemblea

LEGNANO – «Ci restano due certezze: l’Europa ha bisogno di essere profondamente riformata e la speculazione finanziaria è in grado di mettere in ginocchio interi continenti». Sono alcune delle considerazioni salienti esposte da Diego Rossetti, presidente di Confindustria Alto Milanese, all’assemblea generale dell’associazione, oggi pomeriggio, lunedì 24 ottobre, al Teatro Tirinnanzi di Legnano (nelle foto).

Per Rossetti «abbiamo bisogno di un’Europa autorevole, coesa, forte, non necessariamente più grande». Quanto alla speculazione, «può generare enormi guadagni nella sua totale libertà di azione, ma anche danni a livello sociale. E qui sta il punto: l’etica».

Nuova sede, Ifts e indagine interna

Il numero 1 degli industriali del territorio ha illustrato le maggiori novità per l’associazione nell’ultimo periodo, a cominciare dalla nuova sede in via XX Settembre a Legnano; quindi, sul piano della formazione tecnica, il percorso post diploma di meccatronica, con una cinquantina di ragazzi felicemente inseriti in una trentina di imprese associate, cui sta per affiancarsi un nuovo corso sempre di meccatronica con altri 25 studenti. Ancora, tutti gli iscritti all’associazione sono stati coinvolti in una indagine per capire le loro esigenze e modellare su queste il suo modello organizzativo.

Applausi della platea sulle critiche all’Olanda, «capace di dettare legge sul prezzo del gas» nonostante il suo ridotto peso produttivo rispetto ai maggiori Paesi dell’Ue, e all’Ungheria «che strizza l’occhio a Putin. I guadagni sono giusti ed etici se non sono fatti a discapito di qualcuno» ha ripreso Rossetti, che sul nuovo governo si è espresso in questi termini: «Gli diamo massimo credito, ma non firmiamo una cambiale in bianco», mentre ha giudicato positivo il segnale di cambiare il nome del ministero dello sviluppo economico in ministero delle aziende e del made in Italy: «Significa che viene riconosciuto che lo sviluppo economico di una nazione come la nostra lo fanno innanzitutto le imprese». Al termine dell’intervento, spiccano le parole «ottimismo» e «fiducia».

Chiesi: «Ecco come sosteniamo famiglie e imprese»

Sono seguiti gli interventi di Antonio Villafranca, direttore della ricerca all’Ispi-Istituto per gi studi di politica internazionale, e la tavola rotonda con Rossetti e gli altri ospiti; per la prima volta il pubblico ha potuto formulare domande ai relatori via whatsapp. «L’Europa – ha sottolineato l’economista Elsa Fornero, ex ministro del lavoro – è passata dalla richiesta prevalente, a volte assillante, di contenere il debito pubblico, all’emissione di debito europeo collegato a obbiettivi comuni per recuperare la visione di medio-lungo termine, in cui rientra anche il Pnrr».

Per Alessandro Chiesi, Chief Commercial Officer del gruppo emiliano Chiesi Farmaceutici, «famiglie e imprese sono sotto una pressione enorme. Il Comune di Parma investirà 15 milioni per sostenere le prime, mentre i settori produttivi principali del mio territorio, meccanico e alimentare, sono enormemente energivori e aziende che pure andavano bene per la prima volta dicono di essere in perdita, oltre a non trovare materiali. Come se ne esce? Come ha detto il sindaco Radice introducendo i lavori, con la capacità di fare le cose. Nel nostro caso, abbiamo creato due motori di sviluppo comune per aiutare a migliorare la qualità di vita del territorio e renderlo più attrattivo, uno per lo sviluppo sostenibile e l’altro con un piano comune delle imprese per perseguire gli obiettivi strategici condivisi».

Bonomi: «Senza industria non c’è Italia»

Nel suo intervento di chiusura, il presidente nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi, ha esordito partendo dai costi energetici aumentati quest’anno dal 4,5 al 10% del Pil con un balzo da 8 a 110 miliardi di euro. «Avevamo lanciato l’allarme un anno fa, prima della guerra in Ucraina, ma nessuno ci ha ascoltato. Sarebbe meglio ascoltare non solo gli accademici, ma anche le imprese. Si tratta di una vera e propria arma di guerra asimmetrica, ma l’Europa sull’energia non c’è stata.

«L’Olanda e soprattutto la Germania – ha proseguito – hanno posto un veto su misure condivise, con interventi della seconda fino a 200 miliardi che rendono asimmetrica la competitività delle imprese all’interno del mercato unico». In compenso, «le nostre imprese si sono distinte per la crescita patrimoniale, sfuggita ai più, dopo la crisi di 10 anni fa e per la grande capacità di variare, sostituendo la Cina, rispetto a cui siamo più bravi, più veloci e più flessibili. L’Italia è andata meglio di altri Paesi europei anche perché il nostro export è più sbilanciato sugli Usa che sulla Cina».

«Servono più risorse dallo Stato»

«Nessuno sa che cosa succederà l’anno prossimo, ma sicuramente ci sarà un forte rallentamento dell’economia e degli investimenti. Sarà necessario trovare risorse aggiuntive per salvaguardare la manifattura italiana e non mettere a rischio migliaia di imprese, anche strutturalmente forti, e centinaia di migliaia di posti di lavoro e di redditi familiari. Senza industria non c’è Italia. Abbiamo a disposizione i fondi del Pnrr, ma siccome il Paese non è in grado di progettare e mettere in pratica in meno di 15,7 anni mediamente, si sono tirati fuori dal cassetto tutte opere pensate prima della crisi energetica e che non si sarebbero potute realizzare. I 170 miliardi del Pnrr devono consentire al governo di rivedere la spesa pubblica del 4-5%, più di 1.000 miliardi all’anno: se non lo facessimo noi imprese, ci manderemmo a casa da soli. Oggi non possiamo realizzare le promesse fatte dai partiti in campagna elettorale: le poche risorse che abbiamo, le dobbiamo dedicare a salvaguardare la manifattura e i suoi occupati.

«Il grande successo politico di Draghi al consiglio europeo di pochi giorni fa è arrivato grazie alla sua valenza personale. È un patrimonio che mi auguro i partiti non disperdano. L’unica strada da percorrere è lo sforamento del debito pubblico. Non stiamo abbandonando il percorso virtuoso fatto negli ultimi due anni da Draghi che ha ridotto l’extradebito del 10% del Pil: quello che è successo in Inghilterra spiega molto bene che cosa dobbiamo e non dobbiamo fare. Ma l’Europa – ha concluso Bonomi – non sta facendo l’Europa come noi ci aspettiamo».

legnano bonomi confindustria assemblea – MALPENSA24