Soldi per le mazzette nei paradisi fiscali. Via 14 milioni a un’azienda di Castellanza.

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CASTELLANZA – Nascondevano i soldi delle mazzette nei paradisi fiscali di mezzo mondo. La guardia di finanza di Milano, al termini di una serie di perquisizioni anche in provincia di Varese, ha arrestato due professionisti e sequestrato 14 milioni di euro (in via preventiva) a una nota multinazionale di Castellanza.

Operazione Swift-Mycash

I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Milano, su delega della locale procura della Repubblica, nell’ambito di un’operazione denominata “Swift-Mycash”, hanno arrestato a seguito di un’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, nei confronti due professionisti. Si tratta di un fiduciario svizzero e un consulente lombardo, accusati di riciclaggio di oltre 21 milioni di euro di capitali provenienti da frode fiscale, gestiti fiduciariamente in paradisi fiscali su fondi cifrati off-shore. E poi trasferiti attraverso una pluralità di operazioni simulate tra società veicolo statunitensi ed europee con conti correnti radicati tra Austria, Cipro, Inghilterra, Canada, Ungheria, Germania, Slovacchia, Bahamas e Isole Mauritius.

Oltre 70 militari impegnati

Contestualmente, gli oltre 70 militari del Nucleo di polizia Economico-Finanziaria di Milano hanno effettuato 18 perquisizioni nelle provincie di Milano, Como, Varese, Bergamo, Perugia, Genova e Torino e sequestrato beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 14,7 milioni di euro. Di cui: circa 12 milioni di euro quale profitto di condotte di corruzione internazionale e, in parte, dei correlati delitti tributari, nei confronti di una nota multinazionale milanese operante a Castellanza nel settore della fabbricazione e commercializzazione di valvole industriali. Oltre a 1 milione di euro quale profitto delle attività di riciclaggio transnazionale poste in essere dai consulenti arrestati e oltre 1,7 milioni di euro quale profitto di delitti tributari a carico di persone fisiche e imprese, che si sono avvalsi dei fraudolenti modelli seriali di evasione fiscale internazionale messi a disposizione dal fiduciario svizzero e dai suoi sodali.

Le indagini

Le indagini hanno fatto emergere che lo schema criminale realizzato dai professionisti arrestati è risultato strumentale non solo a garantire un indebito risparmio di imposta a numerosi contribuenti nazionali, in favore dei quali i proventi della frode fiscale venivano gestiti fiduciariamente in paradisi fiscali oppure retrocessi in denaro contante, ma anche a creare fondi neri all’estero, oggetto di monetizzazione in contanti per la successiva effettuazione di dazioni corruttive o in alternativa al trasferimento delle somme sui conti elvetici dei destinatari delle tangenti.

In particolare, con riferimento alle contestate condotte di corruzione fra privati. In un caso le fatture false (per un importo complessivo di circa 1,6 milioni di euro) annotate in contabilità dalla multinazionale milanese, per presunti servizi di intermediazione e consulenza, sarebbero state monetizzate e consegnate a dirigenti “apicali” della citata società, i quali avrebbero poi provveduto a consegnare somme pari a 740.000 euro al direttore acquisti di una importante impresa energetica francese attiva nell’estrazione e lavorazione di prodotti petroliferi.

Le mazzette

Le mazzette avrebbero consentito alla multinazionale milanese di aggiudicarsi un’importante commessa da oltre 20 milioni di euro con un vantaggio di oltre 11,5 milioni di euro, interamente sequestrati dai finanzieri sui conti correnti della multinazionale italiana. In un altro episodio, il pagamento della “tangente” di 417.800 euro sarebbe avvenuto, prevalentemente, ad opera del fiduciario svizzero e di un suo sodale, in parte in contanti e in parte su relazioni bancarie elvetiche intestate a esponenti apicali di una società piemontese operante nel settore ingegneristico.

Tali somme originano dal pagamento di fatture per operazioni inesistenti, per un importo di euro 550.000, da parte di una società milanese la quale, a fronte delle dazioni corruttive veicolate attraverso la fiduciaria elvetica e previo pagamento della commissione del 18% per i riciclatori delle somme, avrebbe ottenuto dalla predetta impresa piemontese commesse per un valore di oltre 20 milioni di euro. L’attività in corso di esecuzione si colloca nell’ambito di una più vasta operazione internazionale svolta in sinergia con la Gendarmeria francese e con la Polizia Cantonale del Ticino che, grazie ad appositi Ordini Europei di Indagine e ad attività di rogatoria internazionale adottati dalla locale Procura della Repubblica, in concomitanza con le attività di polizia giudiziaria in Italia, stanno eseguendo perquisizioni presso la sede di Lugano della fiduciaria che fa capo al principale indagato e presso l’abitazione del medesimo professionista svizzero arrestato per riciclaggio e, per quanto concerne la Francia, perquisizioni presso l’abitazione e l’ufficio del dirigente della multinazionale francese accusato di aver intascato tangenti per oltre 700.000 euro.

Gli indagati

Sono 9 gli indagati, a vario titolo, per il reato di riciclaggio internazionale aggravato dalla finalità di consentire a terzi di commettere condotte di corruzione fra privati, frode fiscale mediante uso di fatture per operazioni inesistenti o più articolate operazioni di interposizione fittizia di veicoli societari creati ad hoc per dirottare in paradisi fiscali redditi altrimenti imponibili in Italia e, infine, corruzione fra privati. La multinazionale milanese, che grazie alle tangenti pagate dai sui ex dirigenti, avrebbe ottenuto una commessa da 20 milioni di euro, dovrà rispondere ai sensi della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti che prevede l’applicabilità di sanzioni pecuniarie oltre al sequestro del profitto delle condotte corruttive commesse a proprio beneficio e vantaggio.