Varese, la madre di Lavinia: «Dovevano arrestarlo un anno fa. Non ci hanno protetto»

VARESE – «Il Pm aveva chiesto l’arresto un anno fa, quando Manfrinati ha minacciato di morte mia figlia con un martello. Non glielo hanno concesso. Il divieto di avvicinamento c’era da un anno e non è servito a niente. Mia figlia ora è sedata. Non ce la fanno vedere ma è fuori pericolo. Non ci hanno protetti. Mia figlia ha salvato la vita sua e quella di suo figlio scappando di casa. L’abbiamo dovuta nascondere fuori provincia, portava la parrucca». Marta Criscuolo è la madre di Lavinia Limido, la 37enne sfregiata a colpi di coltello dall’ex marito Marco Manfrinati, ex avvocato di 40 anni che ieri, lunedì 6 maggio, ha anche aggredito e ucciso l’ex suocero Fabio Limido, 71 anni, intervenuto per difendere la figlia in via Ciro Menotti a Varese, fuori dallo studio professionale di famiglia.

L’intervista integrale alla madre di Lavinia

Pioggia di denunce

Manfrinati è a processo in Tribunale a Varese per stalking nei confronti della ex e degli ex suoceri, e da parte della famiglia Limido c’è una pioggia di denunce a suo carico. «Ha tagliato le gomme dell’auto di mia madre, ha sfondato il lunotto, ha danneggiato il cancello di casa, ha preso a pugni mio marito – prosegue Criscuolo – Nel 2020 dopo il Covid ha perso il controllo su mia figlia e sul bambino, mia figlia ha cominciato a lavorare come socia nell’azienda di suo padre e questo a nostro avviso ha esasperato il suo atteggiamento».
Criscuolo, avvocato civilista, ha deciso di rispondere alle domande dei cronisti fuori dal Tribunale di Varese, dopo essere stata ascoltata dal sostituto procuratore Maria Claudia Contini. E il suo racconto riguarda il lungo calvario vissuto dalla famiglia a causa dell’atteggiamento violento di Manfrinati, raggiunto nel 2022 da un primo divieto di avvicinamento all’ex moglie, emesso dopo una denuncia per maltrattamenti, e un anno dopo da una seconda misura analoga, per atti persecutori contro l’ex moglie e gli ex suoceri. Ma la seconda misura, sottolinea l’avvocato Fabio Ambrosetti che assiste la famiglia Limido, è arrivata dopo che la prima era già stata revocata «su richiesta del procuratore capo di Busto Arsizio, che ha anche chiesto l’archiviazione per i maltrattamenti, ritenendo non credibile la persona offesa. Se quella misura non fosse stata tolta – è il ragionamento del legale – il provvedimento cautelare per lo stalking sarebbe stato forse più severo. Ma questo non possiamo saperlo».

«Nessuna follia, era determinato»

La cosa certa, invece, è che Marta Criscuolo aveva più volte parlato della pericolosità di Manfrinati: «Mi dicevano stia calma, non si agiti». E la Procura di Varese, per gli atti persecutori, aveva chiesto l’arresto dell’uomo. Ma il gip ha poi disposto il divieto di avvicinamento, che non ha impedito al 40enne di scatenare la propria furia omicida. «Nessuna follia, era determinato – precisa la madre di Lavinia – E’ un intellettuale che parla quattro lingue e fa l’avvocato, ha fatto parte di una società per cui si occupava di contratti in inglese, non è un folle». E infine le parole per il marito: «Ha fatto da scudo alla famiglia per tutta la vita, e lo ha fatto anche con il suo ultimo gesto». Anche Criscuolo ha fatto di tutto, negli ultimi anni, per proteggere sua figlia: «Lo avrei fatto per altri vent’anni, per un figlio si fa questo e altro».

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