VISTO&RIVISTO Una vita fatta di eccessi e piena di mancanze

minchella visto rivisto elton

di Andrea Minchella

VISTO

ROCKETMAN, di Dexter Fletcher (Regno Unito 2019, 121 min.).

E dopo “Bohemian Rhapsody”, ecco puntuale un altro ritratto di una leggenda musicale. Anche in questo caso, purtroppo, il ritmo troppo scarno e la superficialità del linguaggio emergono chiaramente a discapito dell’essenza di una vita complessa, schizofrenica e geniale come quella di Elton John.

Un regista inesperto ed una sceneggiatura che scende poco in profondità danno vita ad un film che, al di là dell’emozione che alcune canzoni suscitano soltanto con la loro potenza straordinaria, racconta in maniera troppo convenzionale una vita che, invece, possiede spunti e sfumature degne di un mito immortale. Anche il tentativo, apprezzabile, di trasformare il progetto in una sorta di musical, non riesce a far decollare un racconto troppo scontato e che non approfondisce in maniera originale e dettagliata alcuni aspetti della vita del cantante che invece sono essenziali e centrali per comprendere la sua intima e universale produzione artistica.

Bravo il protagonista, un cresciuto Taron Egerton, che in molte scene sembra dover portare sulle sue spalle tutto il peso di un progetto artistico che, pur con le migliori intenzioni, non riesce a fornirci un dettagliato e personale ritratto dell’istrionico cantante inglese. Belle e travolgenti, comunque, le scene ricostruite di un Elton John che, sin da giovane età, riempiva gli stadi di tutta l’America e saliva sul palco, ogni volta, con un vestito diverso: occhiali, cappelli, scarpe e giacche erano, e lo sono anche nel film, i principali elementi di un linguaggio pop che la superstar ha saputo usare con geniale intelligenza.

Uno spazio importante viene dedicato al rapporto di un padre assente, che inevitabilmente, come spesso accade, influisce definitivamente su ogni scelta e desiderio che il protagonista si trova a vivere. Sono sempre più convinto che per raccontare personalità di questo calibro sia necessario usare linguaggi, tecniche e ritmi che ben si sposino con l’essenza dell’artista. In un’epoca in cui con un” click” possiamo conoscere tutto di chiunque, un regista che si misura con una biografia dovrebbe rischiare di rielaborare in maniera personale e quasi intima la vita, o una parte di essa, del soggetto che ha deciso di raccontare. Solo limitarsi a raccontare fatti che tutti conoscono, seguendo un flusso cronologico ed usando un linguaggio convenzionali, può dare origine ad un racconto che nulla aggiunge a ciò che qualunque osservatore è in grado di fare usando un computer ed un po’ di immaginazione. E comunque, anche volendo usare i metodi cinematografici più canonici, si dovrebbe cercare di costruire una storia che, al di là dei dati anagrafici, ci regali un emozionante viaggio introspettivo dentro un’anima che, altrimenti, difficilmente potremmo
conoscere.

RIVISTO

BERLIN CALLING, di Hannes Stohr (Germania 2008, 105 min.).

Un interessante e riuscito esperimento di film musicale. Un regista tedesco e un’idea vincente: raccontare in maniera asciutta ed originale la vita di un deejay che, nel giro di poco tempo e anche grazie a questo film,  sarebbe diventato il più grande di tutto il mondo. Il protagonista Ikarus, infatti, è interpretato da un ancora sconosciuto Paul Kalkbrenner che, tra un dj set ed una clinica riabilitativa, ci mostra come le metropoli moderne, con le loro frenesie e le loro fobie, possono essere raccontate anche con suoni elettronici e melodie computerizzate. Come una vera rockstar, il protagonista di questo bel progetto tedesco vive di eccessi alla ricerca dell’ispirazione perfetta. L’arte, secondo il regista, che scrive e produce il film, si può trovare in qualunque piega della nostra vita: l’importante è saperla trovare e saperla valorizzare. Una colonna sonora epica che trasforma questo ambizioso progetto nel miglior racconto che regista abbia mai fatto sul fenomeno, ormai non più così nuovo, della “club culture”.
​Un film, dunque, da vedere, rivedere e ballare fino l’ultimo disco.

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