Joe Denti parla del figlio disabile e “bacchetta” Conte: “Lo Stato stia al fianco dei disabili”

 

“Al signor Conte dico di fare qualcosa di concreto per i disabili. Di non fare come il pifferaio magico che col piffero incantava e guidava i topi. Faccia i fatti. È giusto si parli della riapertura di mille settori, per far ripartire il paese, ma anche il mondo dei disabili va riaperto”. Il narratore della storia del cinema, anche opinionista televisivo, Joe Denti, non ha peli sulla lingua, come da tradizione. Il messaggio lanciato al Premier Conte è un invito a fare qualcosa di più per un mondo, quello sulla disabilità, che tocca Joe Denti molto da vicino. Una convivenza forzata, dolorosa, ma anche sorprendente, faticosa e miracolosa che dura da una decina d’anni. Era il 17 ottobre del 2010 quando il figlio di Joe, Maximiliano Denti, rimase vittima di un terrificante incidente a causa del quale subì un delicato intervento chirurgico in ospedale Niguarda. I medici gli salvarono la vita, ma gli fu amputata una gamba, riportando anche grossi danni cerebrali. “Mia moglie arrivò per prima – ha raccontato papà Joe – poi arrivai io. La situazione era disperata. Dissi: dottore, dottore, salviamogli la gamba, salviamogli la gamba. Gioca e si diverte con il calcio”.

Come Augenthaler

Nel suo immaginario il figlio Maximiliano era come Augenthaler. Un leader, un mastino, un “cagnaccio” che in campo guidava i compagni. Lo spirito del vecchio capitano del Bayern Monaco instillato nell’animo del giovane Maximiliano, come la batteria vitale che ha rianimato il cuore d’acciaio di Iron Man, l’eroe da cinema, grande passione di papà Joe. Quel giorno d’autunno pioveva sulla Milano-Meda. Maximiliano si trovava insieme a degli amici. Era sera e di lì a poco il divertimento, lo svago si sarebbero trasformati in tragedia. Il destino ci mise lo zampino. A un certo punto, infatti, la macchina ebbe un problema e si fermò lungo la carreggiata. Mancavano poche decine di metri all’imbocco dell’uscita. La salvezza, ma qualcosa andò storto. Coincidenze terribili. Le ragazze che si trovavano a bordo rimasero a lato strada in sicurezza. Maximiliano e un amico provarono a spingere l’autovettura. Neppure il tempo di spiaccicare verbo e un “proiettile” nero sibilò lungo la corsia travolgendo tutto. Furono catapultati in un amen. “Quella macchina – ha ricordato papà Joe – stava andando a una velocità compresa tra i 145 e i 160 all’ora. Chi si trovava al volante era anche ubriaco”. I due ragazzi furono proiettati in avanti sull’asfalto bagnato per decine di metri. Per l’amico di Maximiliano non ci fu nulla da fare. Morto su un anonimo tratto di strada in una notte d’autunno. Per il figlio di Joe, invece, il destino fu diverso. La corsa a sirene spiegate verso Niguarda e l’operazione che ha cambiato l’esistenza della famiglia Denti. Per certi aspetti un miracolo. Per molti altri, invece, un’estrema sofferenza che papà Joe racconta con grande lucidità. Un percorso ancora lungo e un traguardo, quello del recupero più pieno, che è ancora lontano, ma Aughenthaler non ha perso il suo spirito da mastino e sta continuando a battagliare anche senza una gamba. Anche fuori dal campo di calcio.

Ci sentiamo abbandonati dallo Stato

“Ce la facciamo in qualche modo grazie all’amore della mamma e alla mia piccola collaborazione. Per quelle che erano le condizioni iniziali è successo qualcosa che è difficile da credere. Lui è rinato ed è incredibile il progresso che ha avuto. A un certo punto mi sono chiesto: ma il cervello può ricrescere? Sta recuperando. E c’è un traguardo che spero di tagliare insieme a lui”. Il traguardo è sulla vetta e papà Joe e la moglie stanno accompagnando il figlio verso una cima impensabile. Ma ad assisterli non c’è praticamente nessuno. Condizione comune a tante famiglie. “Ancora oggi – ha detto – per dire come siamo combinati con la burocrazia italiana, dopo 10 anni stiamo ancora aspettando i soldi dell’assicurazione. Nessuno sa cosa siano le spese che servono per curare un ragazzo disabile. Le spese sono enormi: il denaro diventa etico quando c’è da assistere un disabile. Perché a preoccupare i genitori sono sempre le prospettive. Quando non ci saremo più noi cosa succederà? È triste dirlo, ma per i disabili lo Stato è completamente assente. Ci sono in Italia oltre 3 milioni di disabili e non c’è alcun tipo di assistenza. Se non attraverso il volontariato. Che però non è sufficiente per colmare le lacune dello Stato. Se non ci fossero i genitori sarebbe drammatico. Ma i genitori devono anche andare a lavorare e con i centri chiusi come si fa? Ci sono cittadini di SerieB e cittadini di SerieA. Mio figlio è un cittadino di SerieB. Eppure lui ha tanta voglia di fare. Ma se non c’è una struttura aperta come possiamo fare per non fargli perdere i progressi che sta facendo? Tutti i giorni ad esempio si vedono servizi televisivi sul calcio e sugli altri settori della società. E zero sui disabili: sarà più importante il mondo dei disabili di quello del calcio o no? Dico ai nostri governanti: fate qualcosa per stare di fianco ai propri disabili: non serve la fede, serve l’amore dei propri genitori e l’assistenza dello Stato”.

Joe Denti Conte-MALPENSA24