Anni di battaglie sull’uso del casco vanificate da un giocattolo diventato tutto d’un tratto un mezzo alternativo per girare in città. Non sul marciapiede, ha decretato il Codice della strada: troppo pericoloso fare zig zag tra i pedoni a 25 chilometri orari (ma ci sono modelli che superano di gran lunga i limiti imposti). E allora giù in strada. Magari di notte, senza luci e vestiti di scuro (le norme prevederebbero l’utilizzo del giubbotto retroriflettente), lungo viali infiniti bui e alberati che invitano gli automobilsti a pigiare sull’acceleratore. Proprio come quelli di Busto Arsizio. Se c’è una città inadatta a ospitare l’invasione di monopattini è proprio quella amministrata da Emanuele Antonelli, dove si disegnano le piste ciclabili sui marciapiedi e poi si buttano per strada finti giovani in equilibrio precario su una pedana larga come i loro piedi.
Ma soprattutto senza casco, che non è obbligatorio per legge. Il governo – che ora benedice e addirittura incentiva i monopattini nel segno della green mobility – e le amministrazioni locali che gli corrono dietro dimenticano che il trauma cranio-encefalico provoca all’anno 25 decessi ogni 100mila abitanti ed è la prima causa di morte nella fascia di età tra i 15 e i 35 anni. Senza contare quelli che rimangono in stato vegetativo persistente (è il caso di Michael Schumacher, che ha picchiato la testa durante una sciata in montagna) o cerebrolesi a vita.
Numeri alti? Sono niente a confronto delle statistiche di 30 o 40 anni fa. L’obbligo introdotto nel 2000 di indossare il casco anche alla guida dei ciclomotori ha infatti diminuito in modo sensibile il numero di cerebrolesioni. E ora che i cinquantini sono praticamente scomparsi spuntano i loro surrogati, riportandoci di fatto al Via proprio come nel gioco dell’Oca. O forse ancora più indietro. Perché persino un Ciao doveva essere assicurato, avere le frecce, gli specchietti e due ruote tali di questo nome. Sulla pericolosità dei monopattini elettrici parlano non soltanto i numeri degli incidenti, ma soprattutto scelte coraggiose compiute da amministratori illuminati che, per fortuna, in qualche remoto angolo di mondo ancora esistono. A Singapore non si fanno immortalare davanti al municipio a divertirsi come i bambini mentre procedono traballanti sul porfido. Dopo l’ennesima vittima, ora nella città-stato del Sud Est Asiatico (e non è l’unico caso) i monopattini elettrici possono essere tassativamente utilizzati solo sulle piste ciclabili (che loro hanno) e nei viali dei parchi pubblici. Chi viene sopreso in strada o sul marciapiede rischia 2000 dollari di multa e persino tre mesi di reclusione. A Singapore non è nemmeno una questione di usare il casco. E’stato sufficiente usare la testa. A Busto Arsizio gli amministratori definiscono invece l’invasione di 200 monopattini elettrici «un’ottima iniziativa». Questione di punti di vista.
Debutta a Busto lo sharing dei monopattini elettrici: 200 mezzi in città