di Gian Franco Bottini
Da qualche settimana i fari di numerosi comuni dell’Alto Milanese sono puntati sulla sorte di Accam; una situazione da anni sotto la lente di ingrandimento e che in questo momento è di quanto mai difficile lettura. Una lettura resa ancor più complessa per il fatto che alcune delle amministrazioni socie di Accam stanno vivendo un particolare momento della loro vita, chi perché appena insediatasi (Legnano) e chi (Busto, Gallarate) perché in scadenza di mandato. E’ legittimo pensare che le già complesse vicende societarie, intrecciandosi con questioni politico/elettorali, rendano lo scenario significativamente offuscato . Se a questo si aggiungono le annose prese di posizione demagogiche spesso inquinate dall’obbiettivo del facile consenso, è intuitivo comprendere come il bailamme mediatico renda difficile il formarsi di una diffusa opinione pubblica causando un sostanziale disinteresse.
Cercare di semplificare la situazione per renderla comprensibile alla gente, oggi ci parrebbe più utile che continuare a cantare alla luna, con canzoni oramai più noiose di “Quel mazzolin dei fiori” .
Per cominciare, a noi pare che se si vuole tentare di uscire dalla nebbia il primo passo sia di tener presente, quando si ci si trova di fronte ad opinioni su Accam, che non si deve fare di ogni erba un fascio, ma si debba necessariamente distinguere se esse si riferiscono ad Accam in quanto impianto Termovalorizzatore oppure ad Accam in quanto Società per azioni.
Entrambe le facce della medaglia denunciano sicuramente grossi problemi, ma bisogna onestamente tener conto che così come esistono Società in buona salute esistono anche Termovalorizzatori ugualmente “asintomatici”; non si spiegherebbe altrimenti la loro presenza nei centri-città di Copenaghen, di Vienna, Monaco, Oslo. Questo a significare che la presenza di un Termovalorizzatore, quando correttamente strutturato, non significa in assoluto dover considerare l’area dove esso risiede alla stregua di una “discarica” o classificare l’impianto un sicuro “demone inquinante”. Quanto sopra naturalmente senza voler affermare che nel caso di Accam ci si trovi in presenza di un impianto con il livello di virtuosità dei casi citati o che lo stesso , considerata la vetustà e i frequenti guai strutturali, possa essere considerato meritevole di una programmazione di utilizzo a lungo respiro.
Per quanto riguarda le vicissitudini di Accam-Società , senza entrare nel merito di vicende extra aziendali, la ritardata approvazione del bilancio e le molte informazioni su difficoltà di diverso genere, fanno pensare ad una speranza di vita ancor più limitata di quella che abbiamo ipotizzato per Accam-Termovalorizzatore, a meno di un massiccio intervento dall’esterno in grado di mettere una toppa ai molti problemi tecnico-finanziari.
D’altra parte non si può ignorare che Accam rientra nel patrimonio dei 27 comuni soci e che quindi esiste l’obbligo, anche morale, di difenderne la sua consistenza economica oltre che considerare che un territorio, in questo caso l’Alto Milanese, che vuole tornare a godere di considerazione deve dimostrare , come tutte le più importanti aree lombarde, la propria autonomia nello smaltimento dei propri rifiuti magari facendone anche una fonte di economia e lavoro.
Detto quanto sopra è quindi nostro avviso che ogni progetto che abbia le “giuste caratteristiche” per superare i problemi di Accam-Termovalorizzatore debba essere preso in seria considerazione per evitare che, senza alcuno scampo, i problemi di Accam-Società prendano il definitivo sopravvento . Le “giuste caratteristiche” sono quelle di un piano a lungo respiro, dei criteri di smaltimento innovativi ed in linea con le indicazioni europee che mettono in primo piano i problemi di salute ed ambiente, un giusto ristoro per il territorio ospitante (Busto Arsizio) e per chi altro assumesse particolari impegni.
Ma per mettere in cantiere questa “ nuova Accam” , oltre al non trascurabile problema degli ingenti finanziamenti richiesti, esiste il problema dei tempi necessari alla sua realizzazione; tempi che, per fornire una imprescindibile continuità di servizio, la “vecchia Accam” dovrebbe poter garantire, cosa che al momento non sembrerebbe proprio in grado di fare.
Questo è il vero e prioritario problema da risolvere e stante i “chiari di luna” pare che le parti in causa si passino la spinosa questione di mano in mano , come fosse la “Peppa tencia”, mentre la via d’uscita via via si riduce ad un angusto cunicolo. A chi toccherà la responsabilità di giocare l’ultima mano, in questa che sembra una spinosa partita a poker?