Quanto conta Varese? Tutto. Niente

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Quanto conta Varese? Tutto. Niente. Parafrasiamo dal film Le Crociate per esprimere un concetto relativo al valore, nel nostro caso politico, del capoluogo provinciale che, fra una settimana, va al ballottaggio per scegliere chi, tra Davide Galimberti (centrosinistra) e Matteo Bianchi (centrodestra), sarà sindaco a Palazzo Estense. Appunto: quanto conta Varese? Il potente Saladino, dopo l’assedio di Gerusalemme, risponde alla domanda di Baliano, condottiero crociato, (Quanto conta Gerusalemme?) in quel modo soltanto all’apparenza sibillino: tutto, niente. Prendendo le debite misure da avvenimenti di sostanza storica, Galimberti e Bianchi avrebbero invece una sola risposta a disposizione: tutto.

E’ tutto per la sinistra, che considera Varese un baluardo da espugnare di nuovo per continuare a primeggiare nei capoluoghi provinciali lombardi e non solo. E per scardinare per la seconda volta consecutiva l’egemonia del centrodestra e, nella fattispecie, di una Lega che, proprio sotto il Sacro Monte, mosse i primi passi e si impose come forza politica dirompente, governando la Città Giardino fino a cinque anni fa. Tanto più che le altre maggiori città del territorio sono state elettoralmente vinte dal centrodestra, in continuità con un passato che, quanto meno a Busto Arsizio, non ha mai visto i partiti di sinistra mettere il proprio sigillo sul Comune. Per dirla in un altro modo, Varese è un simbolo leghista. Lo è a tutto tondo per l’intera nazione. Il centrosinistra considera l’eventuale successo bis di Galimberti un obiettivo troppo importante in prospettiva, anche sotto il profilo dell’immagine , per concedere un vantaggio agli avversari.

Varese è tutto anche per il centrodestra per mille motivi. Uno sopra agli altri: la necessità di riappropriarsi di una città che sente sua fin dai primi anni Novanta, quando, in scia al Bossi-pensiero, irruppe a Palazzo, generando curiosità persino nelle tv americane. Da lì, da Varese, è partito tutto. Da lì, la Lega ha preso consistenza a livello nazionale, seppure, in quegli anni, avesse come unico centro d’interesse il Nord. A centrodestra, Varese è tutto anche per lenire la debacle nelle grandi città e per riassestare gli equilibri provinciali della coalizione. Non è un caso che i sindaci di Gallarate e Busto Arsizio, il leghista Andrea Cassani e il meloniano Emanuele Antonelli, rinviino la composizione delle loro giunte in attesa dell’esito della consultazione varesina. Il quale esito, come sostiene un leghista doc, se mai dovesse risultare favorevole a Bianchi, servirà per una sorta di restaurazione provinciale dello stesso schieramento.

In chiaro: poltrone, poltroncine e strapuntini verranno assegnati, meglio, verranno distribuiti con criteri di equità tra i partiti: un vicesindaco a me, un assessore a te. Fino a fantasticare, per dirne una, il trasferimento di esponenti gallaratesi o bustocchi nell’esecutivo di Palazzo Estense. Possibile? Nella politichetta di questi tempi, ogni cosa è possibile. Complice anche i media, che a volte le sparano grosse per mero sensazionalismo. Così che una città che, in teoria, dovrebbe contare tutto, finisca per non contare niente. Per la ragionevolezza.

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