Il malessere, il benessere e l’essere bene

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Ivanoe Pellerin

di Ivanoe Pellerin*

Cari amici vicini e lontani, vi ho raccontato intorno al malessere, all’esser male sempre o a giorni alterni, prendendo a prestito la commedia di Joules Romains, “ Knock o il trionfo della medicina” dove l’autore affermava con una tesi provocatoria che i sani non esistono. Cosa dobbiamo o possiamo fare perché il tentativo di medicalizzare la vita (noi sappiamo che questo pericolo esiste) non si traduca in una vera e propria ”espropriazione della salute”?

Credo che non sia difficile raggiungere il consenso almeno su alcune considerazioni generali. Ognuno di noi ha bisogno di una medicina che sia al servizio della sua salute, non di un’idea della medicina che faccia astrazione dei condizionamenti specifici della persona. Ad esempio, la medicina per l’anziano non può essere l’estensione alla vecchiaia del modello della medicina riparatoria, che pure è perfettamente adeguata per altre fasi della vita. Un vecchio può essere sano anche se ha l’artrite al ginocchio ed è un po’ duro d’orecchio, per non parlare dei valori del colesterolo nel sangue!

Dobbiamo esser sempre più consapevoli che il malessere che ci affligge è molte volte espressione del mal d’essere. La parola rimanda ad una patologia che si può diagnosticare con strumenti diversi da quelli di laboratorio. Le più sofisticate apparecchiature diagnostiche non sanno distinguere i malesseri somatici dal “mal d’essere”: invece il medico come persona, qualora decida di far ricorso alla propria umanità come fondamentale strumento diagnostico, può ben operare in tale direzione.

Se ciò è vero, ne consegue che il benessere presuppone l’essere bene. Non possiamo immaginare un vero benessere umano che sia privo di dimensioni essenzialmente etiche, capaci di dare un’importante indicazione al nostro modo di comprendere la salute e la malattia, la vita e la morte. Non sto proponendo una fuga nello spiritualismo; ma non nascondo la mia convinzione che una risposta ai problemi della patologia che incontriamo nelle diverse vicende della vita non possa prescindere dalle risorse interiori dell’uomo. La spiritualità, alla quale faccio riferimento, non è monopolio di nessuna religione e di nessuna antropologia specifica.

Forse non è inopportuno ripercorrere, seguendo un’altra traccia letteraria, il romanzo “La coscienza di Zeno”, pubblicato nel 1923 (lo stesso anno in cui J. Romains proponeva il suo dottor Knock), lo sviluppo di un personaggio di Italo Svevo, alla conquista di un diverso atteggiamento nei confronti della salute. La parte essenziale del cammino è tutta interiore: “La salute non analizza se stessa neppure si guarda allo specchio. Solo noi malati sappiamo qualcosa di noi stessi”, sentenzia il protagonista Zeno Cosini. Dopo aver tentato tutte le analisi e tutte le risorse terapeutiche, il punto di pacificazione è solo quella crescita in saggezza che è la suprema terapia dei mali dell’uomo: “Io soffro bensì di certi dolori, ma mancano d’importanza nella mia grande salute. Dolore e amore, poi la vita, insomma, non può essere considerata quale una malattia sol perché essa duole”.

Allora, cari amici vicini e lontani, è sempre difficile scegliere il percorso migliore ma sapersi “ascoltare” con saggezza è una buona attitudine che porta alla buona salute. Su questo argomento ho intenzione di tornare.

*già direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cure Palliative e Terapia del Dolore dell’ospedale di Legnano

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