Abuso d’ufficio, non è il caso di abbassare la guardia

novik abuso d'ufficio

di Adet Toni Novik*

Il Codice penale Zanardelli entrò in vigore nel 1889. Nel 1930 fu sostituito dal codice Rocco. Il Codice Zanardelli era un codice di impronta nettamente liberale sul piano delle garanzie riconosciute all’imputato. Il codice Rocco invece era ispirato ai principi della dottrina penalistica fascista, e si poneva come diretto a difendere e proteggere la società dal delinquente. Il delinquente era nemico della Stato, della società e dei cittadini. Tutelando lo Stato si tutelavano i cittadini.

Cosa hanno in comune i due codici, nonostante il secondo sia stato il frutto del pensiero di colui che fu definito “il guardasigilli del regime”? Li accomuna l’intelligenza dei redattori che, al di là delle opinioni politiche, operavano per il bene della collettività, e non per interessi di bottega. Per questo, entrambi i codici prevedevano come reato l’abuso di ufficio. Il codice Zanardelli all’articolo 172, il codice Rocco al 323. Leggendo i pareri della Magistratura e dell’Avvocatura (Commissioni Reali e Sindacati Avvocati e Procuratori) appare il favore per questa norma perché “deve lo Stato punire severamente quei suoi funzionari, che col loro contegno illegale e illegittimo non rafforzano, ma indeboliscono la sua autorità e nocciono all’ordine e alla disciplina ancor più dei ribelli”.

novik abuso d'ufficio
Adet Toni Novik

Ora, dopo 134 anni di onorato servizio, pur accompagnato da riforme intese a meglio focalizzarne l’ambito di applicazione, il guardasigilli Nordio, intende abrogare la norma perché dice “L’abuso d’ufficio era ed è ancora un reato così evanescente che complica soltanto le cose senza aiutare minimamente, anzi ostruendo le indagini perché intasano le procure della Repubblica di fascicoli inutili disperdendo le energie verso reati che invece dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione“. Un reato, ancora secondo Nordio, dalle “conseguenze perniciose“:la delegittimazione di molti personaggi politici che hanno visto compromessa anche la carriera politica, per indagini che si sono concluse nel nulla”. Il risultato è la paura della firma dei sindaci che a sua volta produce un “grande danno economico” per i cittadini. Cancellarlo non produrrà un vuoto di tutela, contro il malaffare “il nostro arsenale è il più agguerrito d’Europa“.

Cos’è: in questi 134 anni tutti quelli che fanno le leggi, i legislatori, sono stati distratti? Erano degli ingenui a pensare che l’abuso è il reato-spia di altri reati più gravi?

I dati dicono che dal 1997 al 2022 ci sono state 3623 condanne definitive per abuso d’ufficio. 3623:25= 145 all’anno. Quasi una condanna ogni tre giorni, domeniche e festivi compresi. Senza contare le prescrizioni e i reati di abuso assorbiti in altri reati più gravi, come la corruzione, la concussione o il peculato. È poco? Questi abusi sono stati commessi, ben sapendo che era in vigore la norma che li puniva. Figuriamoci cosa sarebbe successo se ci fosse stato il “liberi tutti”. Se il cane di guardia è severo e mette sull’allerta i ladri, è opportuno sopprimerlo? O forse, non sarebbe più realistico dire che senza il cane ci sarebbero più reati?

Si dice: i sindaci hanno paura a firmare. Dice un vecchio detto: Male non fare paura non avere. Faccio una riflessione che viene dall’esperienza: non può essere dimenticato che, quasi sempre, a monte di un processo per abuso c’è una denuncia di un privato. Può essere un cittadino deluso per un provvedimento, o un concorrente risultato soccombente ad un appalto, o ancora un concorrente ad un concorso, ingiustamente superato da altri meno meritevoli. Sappiamo anche che a volte le denunce sono pretestuose o speculative, finalizzate a bloccare una procedura, o a mettere in difficoltà una amministrazione. Questo certamente blocca o rallenta la macchina amministrativa. Ma il rimedio non è certo la soppressione del reato: il rimedio è rendere difficile il ricorso alla denuncia pretestuosa. E questo, senza compiere mosse azzardate, come l’abolizione tout court del reato di abuso, lo si può fare modificando, per esempio, la norma sulla calunnia che, nella sua attuale formulazione, è un reato che richiede il dolo, cioè la volontà di accusare falsamente qualcuno che si sa essere innocente. Non è quindi punibile la calunnia colposa, fatta avventatamente, con leggerezza, senza preoccuparsi delle conseguenze che la denuncia può avere sull’accusato. Se un cittadino o un oppositore, per esempio, denuncia il sindaco del suo comune perché una delibera non lo convince e chiede alla procura di indagare per un possibile abuso, quel soggetto non commette una calunnia perché si limita a denunciare un fatto senza essere sicuro che il sindaco è innocente. Ma se il reato di calunnia fosse anche colposo, allora il cittadino o l’oppositore ci penserebbero molte volte prima di denunciare l’ipotetico “abuso”.

Sono in arrivo dall’Europa i miliardi del PNRR e il denaro fa gola a molti. Abbiamo dimenticato quelli che ridevano dopo il terremoto? O quelli che hanno speculato con le mascherine e i presidi sanitari sui morti del COVID? Il Procuratore europeo Ceccarelli (Il Dubbio, 14/6/2023) ha rilevato che l’abolizione sarebbe una violazione degli obblighi internazionali che derivano all’Italia dalla adesione alla Convenzione Onu sul contrasto alla corruzione e agli obblighi istituzionali e costituzionali derivanti dall’essere parte dell’Unione e che in tutti i 22 stati membri che fanno parte di Eppo, la Procura europea (European public prosecutor’s office), le condotte riconducibili a questo reato, con diverse sfumature, sono considerate reati.

Non mi pare il caso di abbassare la guardia, soprattutto considerando che oggi sono al Governo quei partiti che, in anni non lontani, si professavano intransigenti legalitari.

*già magistrato della Corte di Cassazione

novik abuso d’ufficio – MALPENSA24