Africa, ultima frontiera

DIETRO LE POLITICHE DI INVESTIMENTO IN AFRICA C'E' UN NUOVO COLONIALISMO. CON EFFETTI MOLTO PERICOLOSI PER IL CONTINENTE

di Marta Mallamace

Il 6 febbraio 2021 la Cina atterra in Ciad con un carico di dosi di Sinovac, il vaccino cinese, inaugurando il ponte aereo organizzato dalla compagnia etiope Ethiopian Airlines e da Alibaba, il colosso di vendite online in Cina. Il Ciad è uno dei 53 paesi a cui la Cina sta donando dosi di vaccino. Questa “diplomazia sanitaria” intesa come “ogni attività in campo sanitario che abbia l’implicita intenzione di migliorare i legami politici, economici e culturali fra il paese donatore e quello ricevente, in linea con la politica estera del paese donatore”, come affermano gli esperti di relazioni internazionali, è colonna portante della strategia utilizzata dalla Cina per espandere la propria presenza e il proprio controllo nello scenario globale contemporaneo, strategia che ridefinirà gli equilibri geopolitici del mondo post-covid.

La presenza dell’impero celeste nel continente nero ha però origini lontane e ben radicate e ciò che avviene oggi è solo un effetto della politica intrapresa da Mao Zedong negli anni ’50 con la propaganda antifrancese in Algeria, il sostegno alle varie lotte d’indipendenza e con la promozione di grandi opere come la ferrovia tra la Tanzania e lo Zambia. Negli anni ’60, nonostante la Cina non fosse ancora un paese ricco, già riusciva a spedire in Africa armi e medicinali, tecnici specializzati e riso.

Oggi è l’alleanza del 2006 alla China-Africa Cooperation Forum a dimostrarci come la capillare penetrazione cinese abbia funzionato ed sia ormai irreversibile: la Cina ha indirizzato il 10% dei suoi investimenti esteri all’Africa e oltre un migliaio di progetti d’imprese cinesi si sono già realizzati nel territorio, sono stati inoltre cancellati oltre 10 miliardi di dollari di debiti contratti dai paesi africani e 2 miliardi di dollari è il valore dei dazi annullati sui prodotti d’importazione. Il documento programmatico stipulato dalla Cina e dedicato all’Africa parla di parità politica e cooperazione economica. Un uso consapevole di un soft power che ha persuaso un intero continente, che ancora una volta ha dimostrato di non credere abbastanza in sé stesso. Infatti, pur essendo ricco di risorse e abbia un mercato in crescita, ancora una volta cede “all’altro” e rischia di perdere la propria autonomia, duramente conquistata negli anni.

Secondo alcuni studiosi, lo sviluppo interno dell’Africa si è drasticamente ridotto mentre il tasso di crescita industriale continua ad alzarsi e Pechino è stata lungimirante nel vedere il continente africano come l’ultima frontiera dei mercati emergenti.

È in atto quindi una nuova forma di neocolonialismo esercitato dal governo Cinese? Sembra essere così. Ciò che sta portando avanti la Cina, però, fa parte di un progetto ampio, che mira a consolidarla in una posizione sempre più influente a livello internazionale e che le consentirebbe di ripristinare quella centralità che ha occupato per secoli, perduta a metà Ottocento a causa della politica imperialista delle potenze occidentali. In un tale contesto geopolitico, Pechino potrebbe utilizzare l’Africa per affermare il suo peso a livello globale e il proprio ruolo di potenza “alternativa” agli Stati Uniti. La situazione attuale favorisce i piani cinesi: la responsabilità di non essere riuscita a controllare un virus che ha messo il mondo in ginocchio le impone di fare qualcosa. Essere l’unica potenza mondiale uscita rafforzata dalla pandemia, sta permettendo alla Cina di occuparsi degli altri paesi, ancora alle prese con il virus. Attraverso questo meccanismo sta quindi recuperando credibilità e stringendo maggiormente le sue relazioni.

Nonostante l’influenza cinese – Pechino offre indubbiamente possibilità concrete di sviluppo per il continente nero – la crescita dell’Africa dipenderà comunque dalla gestione interna di ciascun paese. Il mercato interno infatti si sta contraendo. L’Africa deve quindi imparare a contare sulle proprie forze.

La costante perdita di risorse, centri di sviluppo e di ricerca, di controllo dei porti e delle proprie infrastrutture, il continuo indebitamento, producono un progressivo depauperamento del continente. Dietro questa maschera di cooperazione internazionale e di investimenti da parte della Cina c’è una politica di sfruttamento economico e sociale, che annichilerà la cultura africana sul lungo termine. L’Africa deve pertanto tutelarsi e proteggere la sua identità culturale. Il futuro dipenderà soprattutto dalla gestione interna che i governi africani faranno delle collaborazioni dall’estero, dallo spazio e dalla formazione che verrà riservato agli autoctoni con le proprie capacità imprenditoriali, sfruttando in positivo le possibilità ma senza rinunciare alla propria identità.

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