Antonio Martino, un grande liberale. Soprattutto, un maestro

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Antonio Martino

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, il 28 febbraio trascorso da poco, presso la Sala della Regina di Montecitorio, si è svolto l’incontro “In ricordo di Antonio Martino“ per celebrare la scomparsa di un grande politico, di un colto economista, soprattutto di un “vero” liberale. È difficile riassumere le tante cose dette ma, in questo tempo politico di così tanta ideologia ma di così poche idealità, un tentativo mi sembra opportuno.

” Semplicemente liberale”, così si autodefiniva e così intitolò uno dei suoi libri. Antonio Martino è stato il più famoso politico ed economista messinese degli ultimi decenni, ministro degli affari esteri, prima, e ministro della difesa nei tre governi Berlusconi. Di Berlusconi fu uno dei consiglieri più ristretti, rispettati e ascoltati, al punto che era sua la tessera numero 2 di Forza Italia, subito dopo quella del Cavaliere di Arcore. È stato in parlamento dal 1994 al 2018.

Si specializzò a Chicago e gli Usa furono la sua seconda patria. Insegnò Storia e politica monetaria alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma La Sapienza, poi fu docente di Economia politica dell’Università Luiss di Roma e preside dal 1992 al 1994. Dal 2014 ricoprì il ruolo di segretario del comitato scientifico della Fondazione Italia-Usa e, di recente, nel maggio del 2021 fu nominato presidente onorario dell’Istituto Milton Friedman, uno dei più noti economisti del mondo di cui fu allievo e grande amico.

Proprio a Chicago, alla scuola di Friedman è nato Antonio Martino: un liberale autentico, messaggero convinto di quel pensiero. Nicola Porro ne ha saputo restituire l’immagine in tutta la sua interezza con una devozione che gli fa onore. Nel suo recente libro “Il Padreterno è liberale” lo guarda coma un faro, un mito, un esempio, un maestro.

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Ivanoe Pellerin

Torniamo per un poco agli anni ’90. Erano anni in cui le voci fuori dal coro si contavano (come si dice) sulle dita di una mano, nei quali tutta la grande stampa, la Tv e gli altri media erano perfettamente allineati al pensiero dominante e nei quali quasi tutti auspicavano il partito comunista italiano al governo. Ricordate la “gioiosa macchine da guerra” di Occhetto? A quell’epoca tutti erano convinti che l’intervento pubblico fosse una panacea, che la crescita della spesa pubblica fosse imposta da elementari esigenze di solidarietà, che la tassazione e la confisca fossero la giusta punizione da infliggere ai ricchi per i loro peccati, che lo stato fosse un gestore sociale più oculato delle imprese private e via di questo passo.

Martino, liberale di minoranza, quasi isolato, godeva ad essere controcorrente perché la sua posizione, non per arroganza elitaria ma per convinzione, non si piegava alle mode correnti, al conformismo imperante, alla cultura dominante. Tutti hanno sempre riconosciuto la sua grandezza di professore di economia, di studioso, la sua straordinaria capacità di rendere quelle nozioni accessibili anche a chi poco sapeva di processi economici poiché la sua lezioni erano piene di paradossi, di citazioni brillanti, intellettualmente stimolanti al punto da facilitare la comprensione di fenomeni complessi. Le sue lezioni erano fuochi d’artificio, erano piene di battute, di aneddoti, di ricordi, di storie belle.

Era iscritto al partito liberale italiano ma sempre in conflitto con il segretario, con la segreteria, con la classe dirigente. Nel libro citato, Porro fa un bellissimo ritratto della sua militanza nel partito liberale italiano all’epoca di Malagodi, di Altissimo, di Zanone, personaggi che i più giovani non hanno mai sentito. Un giorno (1988) Alfredo Biondi decise di presentarlo come candidato segretario del partito. Martino si presentò con il suo panciotto e fece un famoso, appassionato, bellissimo discorso e ricevette tantissimi applausi ma pochissimi voti e naturalmente fu rieletto Altissimo.

Nei lontani anni ’90 capitò che Fedele Confalonieri avvertì il desiderio di dare un contenuto culturale alla comunicazione di allora e pensò di radunare un gruppetto di intellettuali per discutere di varia umanità, della società, per scoprirne i fermenti, per capire le tendenze e portare questo alito di cultura nella Tv commerciale. Portò dall’imprenditore Berlusconi Antonio Martino, Pio Marconi, don Gianni Baget Bozzo, Alberto Martinelli e Giuliano Urbani. Allora il coordinatore di questo piccolo cenacolo fu Paolo Del Debbio, un brillante giornalista che lavorava alla Fininvest, che ha ricordato quando una volta, dopo l’esposizione di Martino, Berlusconi ripeté i concetti che aveva assorbito. Allora Martino disse: “Grazie Silvio, ho finalmente capito quello che prima avevo spiegato” E maturò in quel cenacolo la volontà di Berlusconi di scendere in campo. Non è un caso che da quelle conversazioni nacque Forza Italia.

Poi negli anni Martino rimase deluso dalla mancata rivoluzione liberale o dall’ incapacità di realizzarla fino in fondo poiché totalmente legato a quel modello senza compromessi, senza indulgenze, senza strappi, senza rinunce. Abbiamo detto che Martino abbracciò in toto la politica libertaria e il liberismo radicale di Milton Friedman che sosteneva le idee del capitalismo, del liberismo e della libertà economica e di come l’intervento pubblico nella società erodeva i diritti della persona e della libertà. Di fatto Friedman influenzò notevolmente la politica americana a tal punto che, nei primi due mandati del presidente Ronald Reagan, le sue politiche di liberalizzazione dell’economia tramite la centralità del mercato e il rilancio dei consumi e la crescita con l’abbattimento delle imposte su persone e imprese furono determinanti per l’economia americana. Furono poi applicate anche nell’Inghilterra della Thatcher.

Martino ha sempre affermato che libertà civili e libertà economiche sono strettamente collegate e, per questo, proponeva l’esempio del passaporto. Io posso avere i quattrini per espatriare ma se non ho il passaporto non ho la libertà civile per farlo. Quella libertà economica serve a qualcosa? Non serve a nulla se non ho la libertà civile. Al contrario se ho il passaporto ma non ho i quattrini per poter andare all’estero ho una libertà civile che non ha un contenuto economico e quindi le due libertà non combaciando non ci portano a casa la libertà, tout court.

Cari amici vicini e lontani, provate a prendere oggi un passaporto in Italia. Impiegate almeno 8-9 mesi e così non potete programmare assolutamente nulla. Antonio Martino ha detto queste cose, le hanno dette i liberali, le hanno dette molte volte ma sono diventate quasi un’abitudine, un isolante, un dettaglio. Ma a causa di questa abitudine anche la libertà è diventata a poco a poco un dettaglio. Secondo Martino purtroppo ci siamo abituati alla perdita della libertà istante dopo istante: “Si scende all’inferno a piccoli passi.”

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