Arsago, la pm antimafia Cerreti racconta la ‘ndrangheta: «Al Nord prolifera»

ARSAGO SEPRIO – Le grandi organizzazioni criminali, che oggi interagiscono fra di loro spartendosi territori e poteri, nascono e crescono nel Sud Italia: «Allora cosa può interessare a un piccolo borgo del nord, lontanissimo da quelle storie?». La risposta è netta: «C’entra. Le mafie sono sparse. E questo territorio – la provincia di Varese – è molto prolifero, con famiglie che sono storicamente legate alla ‘ndrangheta calabrese». Così la pm antimafia Alessandra Cerreti ha aperto l’incontro di ieri – 28 settembre – al centro Concordia di Arsago Seprio. Al suo fianco c’era Giuseppe Costanza, l’autista del giudice Giovanni Falcone sopravvissuto alla strage di Capaci. Insieme hanno condiviso testimonianze e ricordi, per comprendere il mondo criminale e i suoi violenti costumi.

La ‘ndrangheta al Nord

La sala piena, in silenzio per ascoltare quei frammenti della vita professionale della pm Cerreti per contrastare le organizzazioni mafiose. Da Milano è andata in Calabria, per studiare il sistema ‘ndranghetista e raggiungendo risultati anche storici. Ecco perché la domanda, con cui ha incalzato il pubblico, sposta l’attenzione sul nord Italia e sulla provincia di Varese, dove ci sono Comuni noti per ospitare alcune delle locali della ‘ndrangheta più potenti della Lombardia. «È un territorio di confine, in cui girano molti soldi. E i passaggi da e per la Svizzera sono costanti», ha raccontato il magistrato. «L’errore più grosso che si possa fare è pensare che è un problema che non ci riguarda. Invece riguarda tutti. Anche qui». Il filo della serata era quello del confronto e «vedere una sala piena manda un segno di speranza». Significa che il punto di partenza è «mai stare in silenzio. Il silenzio rimuove, non è la strada giusta». Con l’invito a continuare a discutere di temi legati alle mafie, ricordare gli avvenimenti del passato in modo che si possa lavorare per il futuro.

Le cosche calabresi e il ruolo della donna

Ha raccontato il sistema ‘ndranghetista, dove «la cosca coincide con la famiglia». Dalla poca considerazione iniziale rispetto alle altre mafie, fino alla scalata che l’ha resa l’organizzazione «più autorevole, dotata di una capacità economica così alta che potrebbe risolvere una crisi nazionale». E quindi il «passo di qualità» verso gli ambienti imprenditoriali. In questo contesto si inserisce il lavoro svolto con Giuseppina Pesce, figlia, sorella, nipote di boss di una delle più potenti ‘ndrine calabresi, quella di Rosarno. Con l’intervento di Cerreti, Giuseppina Pesce è diventata collaboratrice di giustizia. E la sua storia è stato l’aggancio per raccontare il ruolo delle donne – per molto tempo considerato marginale – all’interno delle cosche. In realtà si occupano di diversi aspetti: «Spesso sono le uniche che allevano i figli, quando i mariti o sono stati ammazzati o sono in carcere oppure latitanti». E poi «trasmettono i valori mafiosi, sono intestatari di beni e in particolare portano le ambasciate da un detenuto all’altro o dal carcere all’esterno». Questo «mantiene viva la cosca. Insomma: sono ‘ndranghetiste a tutti gli effetti».

Capaci e «le ombre»

Con Giuseppe Costanza, l’attenzione si è spostata in Sicilia. Quel 23 maggio 1992: l’attentato a Capaci che costò la vita al giudice Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta. Solo l’autista si salvò. E ora racconta quei momenti. Si è riagganciato alla recente morte del boss Matteo Messina Denaro, sottolineando a più riprese: «Quel nome non lo voglio neanche nominare. Non perché non si raccontino più i fatti legati alla mafia. Ma perché io queste persone le disprezzo».
Ha quindi ripercorso gli attimi passati insieme al giudice. Al rapporto professionale, ma anche all’amicizia che li legava. La mente torna agli avvenimenti più tragici, alle paure condivise e alle difficoltà affrontate. Ma anche a quei frammenti che ancora oggi strappano un sorriso: «Prima di essere l’autista di Falcone, ero un parrucchiere», ha detto. «Quando andavo a prenderlo, invece di aspettare in macchina, salivo. Perché mi chiedeva se potevo tagliargli i capelli». Situazioni che confermano il rapporto che si era creato. E che oggi lo spinge a girare di convegno in convegno per tenere viva la memoria del giudice: «Ci sono ancora molte ombre su quei fatti. Chissà se dovremo aspettare altri 30 anni per capire chi è veramente la mafia».

I presenti

La serata è stata organizzata e moderata da Adelio Airaghi, presidente dell’associazione Volarte Italia, e patrocinata dal Comune di Arsago con il sindaco Fabio Montagnoli. In sala erano presenti le istituzioni locali e gli ufficiali dei carabinieri, tra cui il capitano di Gallarate Pierpaolo Convertino. In prima fila anche il consigliere regionale Emanuele Monti.

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