Azzate, la rabbia di un’estetista sul Dpcm. «Parrucchieri aperti e noi chiusi. Perché?»

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AZZATE – «Perché i parrucchieri sì e noi no?». E’ questa la provocazione di un’estetista di Azzate (foto di repertorio) che, dopo una vita di duro lavoro, è stata nuovamente costretta a chiudere il proprio centro a causa dell’ultimo decreto ministeriale e ora non sa più se sarà in grado di sopportare la perdita economica senza sacrificare qualcuna delle sue dipendenti. «Una scelta che non capisco e che mi fa arrabbiare, anche perché non farà che agevolare il mercato nero».

Una vita di sacrifici

Maria Grazia Ferrari lavora come estetista da 30 anni e da 16 è titolare di un centro che ha fondato lei stessa, l’Artestetica di Azzate. Il coronamento del sogno di una vita di sacrifici e sudore, di lunghe giornate, e di tante rinunce, dal fare un giro in centro il sabato al passare più tempo con la propria famiglia. «Ma finalmente ero riuscita a costruirmi un progetto importante, un’attività seria, che dà lavoro anche alle mie 4 dipendenti». Finché tutto non è stato interrotto a marzo dal primo lockdown.

Battenti chiusi un’altra volta

Una batosta, economica e personale, davvero potente, «ma dalla quale fortunatamente eravamo riuscite a riprenderci durante l’estate. Tuttavia, a differenza di quanto si pensa, le estetiste non lavorano solo d’estate, anzi è proprio nel periodo che precede le feste che facciamo i maggiori incassi», spiega Ferrari. Che dallo scorso venerdì 6 novembre ha dovuto nuovamente chiudere i battenti a causa del nuovo Dpcm relativo alla zona rossa.

Estetiste discriminate

«Per noi la salute viene prima di tutto e se il governo ha ritenuto giusto imporre questa chiusura lo accettiamo. Ma ciò che mi fa arrabbiare è la discriminazione che le estetiste stanno ancora una volta subendo. Perché i parrucchieri sì e noi no?», dice la titolare, mostrando però grande solidarietà nei confronti dei colleghi. «Siamo molto contenti per chi può continuare a lavorare, ma non esiste nessun motivo logico o sanitario che giustifichi questa differenza di trattamento. Anche perché i clienti che hanno bisogno di servizi urgenti, soprattutto ai piedi, si rivolgeranno a operatrici in nero, che oltre a fomentare un mercato illegale, non sempre rispettano le misure igieniche che garantiamo noi».

Rischio di licenziare qualcuno

Effettivamente, da quando Artestetica ha riaperto lo scorso 18 maggio, Ferrari e il suo team si sono uniformate e tutte le misure di sicurezza per ridurre al minimo la possibilità di contagio da Covid-19. Dalle mascherine Ffp2, alle visiere, ai ferri sterilizzati e igienizzanti. «Oltre all’ingente perdita economia registrata durante il periodo di inattività abbiamo anche speso migliaia di euro per questi adeguamenti sanitari e adesso? Ci fanno chiudere di nuovo», commenta delusa l’operatrice.

Preoccupata soprattutto per il danno economico che sopraggiungerà nelle prossime settimane e soprattutto per il destino delle sue dipendenti. «Sono molto affezionata alle mie ragazze e mi si spezza il cuore a pensarci, ma se la situazione continua così, sarò costretta a lasciare a casa qualcuno. E questa è una pressione incredibile e una decisione che non avrei mai voluto prendere». Infatti, nonostante lo stato abbia concesso alle lavoratrici la cassa integrazione, Ferrari mette in evidenza come questa fosse non solo esigua, ma anche in ritardo. Un po’ come gli aiuti del governo.

Dimenticate dal governo

«Oltre ai famosi 600 euro e ai circa 2 mila euro di contributo non abbiamo ricevuto nulla. E anche nella migliore delle ipotesi se il decreto ristori dovesse prevedere una compensazione del 200%, noi riceveremmo circa 5 mila euro. Che non sono nulla a confronto della perdita subita», continuano da Artestetica. Che, come la maggior parte dei centri di benessere italiani, deve sostenere un 80% di spese fisse, da pagare anche se il negozio è chiuso. A fronte di un azzerato introito.

«Insomma, è una situazione drammatica e noi ci sentiamo assolutamente dimenticate e invisibili», conclude con amarezza e frustrazione l’estetista. Che adesso vuole risposte dallo stato. «La nostra non è una battaglia tra categorie o contro la salute pubblica, anzi. Ma voglio sapere il perché della decisione di tenere aperti i parrucchieri e non i centri estetici. Mi sembra una chiusura fasulla. Ma se davvero è necessaria, almeno stateci accanto seriamente», implora Ferrari chiedendo degli aiuti economici concreti.

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