All’ICMA l’omaggio a Mariella Lotti, la diva di Busto che anticipò la Città del Cinema

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BUSTO ARSIZIO – Alla “casa del cinema” di villa Calcaterra una maratona cinematografica per rendere il meritato omaggio a Mariella Lotti, la diva nata a Busto Arsizio esattamente cent’anni fa, icona del cinema dei telefoni bianchi degli anni ’40 poi finita nell’oblio. «Antesignana della Busto “Città di Cinema”» sottolinea l’assessore alla cultura Manuela Maffioli. «Iniziativa toccante, mia madre l’avrebbe molto apprezzata» ammette il figlio della diva, Giovanni Zanardo, intervenuto in video. In sala, per le proiezioni introdotte dal docente ICMA Paolo Castelli, c’erano anche i nipoti della diva, Alfredo e Camilla Zanardo.

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Il centenario della diva di Busto

A cento anni esatti dalla sua nascita, Busto Arsizio celebra Mariella Lotti, all’anagrafe Maria Camilla Anna Pianotti, la “Greta Garbo” di Busto Arsizio, attrice-simbolo del cinema dei telefoni bianchi, ai tempi del regime fascista. Anche se il nipote Alfredo Zanardo ci tiene subito a sottolineare che sua nonna aveva «una pessima opinione del regime, ci raccontava quante brutte cose aveva visto e in parte subìto». Mariella Lotti «ufficialmente da certificato di nascita nata il 18 novembre 1919, ma da certificato di battesimo nata il 17 novembre alle 11 di sera. E noi la festeggiamo il 17» spiega Paolo Umberto Ferrario, il “detective” bustocco che – a partire da una scintilla fatta scoccare dal gruppo degli “In tra da nögn” che aveva ricordato la diva anni fa nel libro dedicato alle antiche botteghe di via Lualdi e piazza Manzoni – si è messo sulle tracce di Mariella Lotti e della sua storia, e che il mese prossimo presenterà alla libreria Boragno la sua fatica letteraria dedicata alla “divina” attrice «nata a Busto Arsizio». E qui c’è la prima curiosità, rivelata da Alfredo Zanardo: «Per noi il compleanno della nonna in famiglia era il 18 novembre. Ma va bene così».

Lasciato il cinema, scelse l’oblio

Ferrario ha poi svelato molti aspetti che ha scoperto nel suo lavoro di ricerca: Mariella Lotti abitava in via Lualdi, veniva chiamata “Mariuccia” dal vicinato, era di umili origini e aveva seguito le orme della sorella maggiore Carolina, che con il nome di Carola Lotti aveva esordito nel film “Gli uomini, che mascalzoni” nel 1932. Finita l’epoca del cinema dei “telefoni bianchi” degli anni ’40, di cui fu un’icona, l’attrice è stata «a lungo dimenticata, anche perché lo ha voluto lei», come sottolinea il critico cinematografico varesino Diego Pisati. «Pagò a caro prezzo il fatto di essere bella ed elegante. Fu tenuta in disparte». Ed è il motivo per cui “Fari nella nebbia” di Gianni Franciolini, la prima pellicola mandata in onda a villa Calcaterra, rappresenta un passaggio significativo nella carriera di Mariella Lotti. «Un film che ha voluto fortemente, perché lontano dall’immagine algida e aristocratica che spesso le attribuivano. Infatti interpretava la moglie di un camionista». Dopo aver chiuso con il cinema, la diva aveva vissuto a Parigi, facendo perdere le tracce di sé, fino alla sua scomparsa, nel 2004.

Orgoglio di famiglia e della Città

La nipote Camilla Zanardo ammette: «Ero molto piccola quando nonna è venuta a mancare, ma la ricordo come una donna piena di voglia di vivere e di amore per l’arte. Ecco perché sono molto orgogliosa di questo momento e dell’idea che avete di lei». «Quello a Mariella Lotti, che l’assessorato alla cultura ha favorito e patrocinato – spiega la vicesindaco e delegata alla cultura e identità Manuela Maffioli – è un omaggio doveroso della Città a un’artista che, già negli anni ’40, ha contribuito non solo a “esportare” il nome di Busto in campo culturale, ma, nello specifico, in quello cinematografico, facendosi in un certo senso antesignana di un percorso che poi, decenni dopo, avrebbe portato la nostra città, grazie al suo Sistema Cinema, a guadagnarsi il titolo di “Città di Cinema”. Sono convinta che lei oggi sarebbe fiera della sua Busto così dedita alla Settima Arte».

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