Capire l’America, Trump il cattivo e Biden il buono

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, in questo triste autunno anch’io, come la protagonista del simpatico film di Nancy Meyers del 2003 “Tutto può succedere” con i grandissimi Jack Nicholson e Diane Keaton, finisco per dire: … mi rifugio in un luogo zen della mente dove sento musica, cucino, scrivo e focalizzo”. Allora ho focalizzato che tutti, ma proprio tutti, hanno dissertato sulle elezioni americane e sulla “quasi certa” elezione di Joe Biden a 46° presidente degli U.S.A.. Per questo mi permetto di aggiungere qualche piccola annotazione non nascondendovi la difficoltà di condensare in estrema sintesi alcuni elementi storici e culturali di grande importanza per cercare di comprendere quanto la politica statunitense sia lontana anni luce dalla nostra.

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Ivanoe Pellerin

Intanto inizio sottolineando che gli Stati Uniti nascono dalla volontà dei Padri Pellegrini del May Flower di cercare una terra promessa lontana dalle violenze dell’Europa romantica e dispotica. Nascono da una rivoluzione fortemente voluta da forze che volevano ribellarsi ad un sistema di governo intollerabile. Nascono da una ricerca violenta e terribile di terre fertili occupate durante la marcia verso ovest, l’”inevitabile destino” della nascente nazione. Nascono da un sanguinoso conflitto fratricida proprio dal quale germoglia la straordinaria interpretazione di Unione di Stati, unita, forte e intangibile. Nascono da un confronto violento e crudele fra la razza bianca e quella nera. I simboli sono riconosciuti e intoccabili: la bandiera a stelle (gli stati dell’Unione) e strisce (le 13 colonie fondatrici), l’inno nazionale e il presidente.

“Freedom” (libertà) è la parola che più di ogni altra connota l’intera storia degli Stati Uniti d’America. Eric Forner, professore di Storia americana alla Columbia University, afferma che “… dalla Rivoluzione settecentesca ai giorni nostri, per gli americani la libertà è stata insieme una terra promessa e un campo di battaglia, il più forte legame culturale e la più pericolosa linea di tensione. Di sicuro è il valore più caro, il più forte marcatore di identità.” Tutta la vicenda americana si riassume insomma intorno a questo concetto chiave: una verità vivente e incontrovertibile per alcuni americani, un paravento e una crudele menzogna per altri.

Ancora due note. La prima: per noi è difficile comprendere l’attaccamento degli americani al secondo emendamento (quello che permette di possedere e di portare un’arma) e al concetto di autonomia del singolo stato e persino del singolo cittadino nei confronti del governo centrale se non ci riferiamo costantemente proprio all’egida affascinante e ambigua della parola “libertà” che connota l’intera vicenda americana. La seconda: nella giovane nazione americana che si andavaaffermando, l’isolazionismo è sempre stato un elemento molto presente in seno al Congresso. È con il 26° Presidente Theodore Roosevelt eletto nel 1901, quello per intenderci della “politica del grossobastone”, che gli USA rivendicano un nuovo e preminente ruolo politico in tutti gli affari mondiali.

Fu, da questo punto di vista, uno dei maggiori promotori del nuovo ruolo della nazione, oltre i limiti usuali della sfera di influenza geopolitica nel solo continente americano. Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale , Roosevelt si batté con forza per l′intervento americano. L’altro Roosevelt, Franklin Delano, la cui politica per molto tempo fu criticata proprio per un eccessivo isolazionismo,
mandò dei caccia bombardieri a sganciare bombe su Tokio a stretto giro di posta, dopo l’attacco nipponico su Pearl Harbor. La maggior parte di questi aerei si schiantarono sul territorio cinese occupato dal Giappone. Ebbene Abraham Lincoln era repubblicano e abolì lo schiavismo, e non solo per motivi morali, e lo era anche Theodore Roosevelt, mentre il più famoso Franklin Delano era democratico. Tutto ciò per sostenere come i nostri criteri politici ed una certa retorica partitica siano inadeguati e non funzionino nei confronti della politica americana.

Veniamo all’inizio della questione. Occorrerà aspettare il 14 dicembre prossimo, il primo lunedì dopo i primi due mercoledì di dicembre, perché la commissione elettorale ufficializzi i risultati, fatti salvi i riconteggi e le azioni legali di Trump. Negli USA si è potuto votare per posta con una scheda che si poteva richiedere all’ufficio postale solo mostrando i documenti d’identità. Le schede sono state inviate a tutti coloro che erano iscritti alle liste di residenza, non certificate dagli uffici elettorali. Ma non credo che questo influirà sul risultato. Joe Biden sarà il 46° Presidente degli U.S.A.. Epperò nasce come “anatra zoppa” poiché i repubblicani hanno aumentato il numero dei rappresentanti alla Camera e il Senato, oggi sulla parità, verrà deciso con i ballottaggi dove con molta probabilità i repubblicani prevarranno.

Pochi osservatori hanno sottolineato che il “mainstream” dominante abbia avuto una parte molto importante in queste elezioni dove molte delle iniziative dell’amministrazione uscente sono state manipolate, dederise e ignorate. Infatti sono stati notevoli i successi in campo economico con il taglio delle tasse, con la deregulation contro la burocrazia, con la ripresa dell’industria energetica ed anche in politica estera. Accanto al conflitto commerciale con la Cina, gli accordi di “Abramo” fra Israele, Emirati e Barhein hanno di fatto già cambiato gli equilibri medio-orientali. Sudan, Oman, Marocco potrebbero essere i prossimi Paesi a normalizzare i rapporti con lo Stato ebraico. Un risultato molto difficile ottenuto senza conflitti militari.

Anche la Pfizer ci ha messo lo zampino. A fine ottobre faceva accordi con alcune nazioni, fra le quali anche l’Italia, per la distribuzione del vaccino che però è stato annunciato in patria una settimana dopo le elezioni. Insomma un gran “ensemble” di forze scatenate contro Trump, antipatico e arrogante, a favore di “sleeping Joe” più facile e apparentemente mansueto. Ricordo che mentre Obama ha ottenuto circa 65 milioni di voti, Biden ne ha ottenuti circa 80 e Trump 74 milioni.

Cari amici vicini e lontani, vi metto in guardia da una facile lettura di queste elezioni. Come ho cercato di sottolineare rapidamente, l’America ha un alto tasso di presunzione e di forte volontà di affermazione vuoi in politica interna, vuoi in quella estera. Chi appare aggressivo a volte lo è solo a parole e chi appare docile non lo è per niente. Anche l’ottimo presidente Kennedy, quello per intenderci della Nuova Frontiera, avviò purtroppo la guerra nel Vietnam. Auguri Presidente!

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