Il difficile deve ancora venire

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Si possono vincere le elezioni con un larghissimo margine di seggi in Parlamento e mandare all’aria la maggioranza alla prima votazione? Il gran pasticcio del centrodestra sull’elezione del presidente del Senato Ignazio La Russa a qualcuno ha ricordato l’harakiri in consiglio comunale a Busto Arsizio della maggioranza di analogo colore nel 2016, quando – pronti e via – riuscirono a far eleggere un presidente dell’assemblea targato Pd. Ma Roma non è Busto e il Parlamento non è un consiglio comunale. «Se è uno scherzo non fa ridere» ha commentato Alessandro Sallusti, il direttore di “Libero” che conosce come pochi le dinamiche interne al centrodestra. Ma dopo il caso in Senato è arrivato il “pizzino” di Silvio Berlusconi su Giorgia Meloni “supponente, prepotente, arrogante e offensiva” e la pronta replica della premier in pectore, “manca un punto, non sono ricattabile”. Una frittatona che, a venti giorni dal trionfo alle urne, mostra subito tutta la fragilità di un cartello elettorale nato sull’inerzia di una storia quasi trentennale e su rapporti personali consolidati (di cui è stata subito smascherata l’inconsistenza) più che sui contenuti, senza uno straccio di programma elettorale condiviso. Lo ha deciso il popolo sovrano, ma dopo Draghi, non è una buona notizia per l’Italia.

Ora Giorgia Meloni ne esce rafforzata e Forza Italia indebolita, soprattutto a livello di immagine, ma quando si governa in coalizione si sa che a contare è la maggioranza. Se non è più che solida, la navigazione dell’esecutivo, a maggior ragione in tempi di burrasca come questi, finisce in balìa delle onde ad ogni votazione. Ecco perché si muovono i pontieri, che nel caso di Berlusconi – lo rivela il Corriere – sono i figli Marina e Piersilvio e i consiglieri più fidati (Gianni Letta e Fedele Confalonieri). Plausibile che un accordo si troverà, perché l’alternativa è esautorare l’ex Cav. inducendo un pezzo di Forza Italia, quello più vicino a Tajani che non a caso avrà un ruolo di prestigio nel futuro governo, a staccarsi per garantire la maggioranza a Giorgia Meloni. Ma se gli Azzurri, come sembra, si affideranno alla respinta Licia Ronzulli, in rampa di lancio come capogruppo al Senato e coordinatore nazionale, la vendetta rischia di essere solo rimandata. E per l’inedito asse Meloni-Salvini (quest’ultimo insperato “terzo” che gode tra i due litiganti alleati), il difficile dovrà ancora venire.

Ad assistere a questo “teatrino”, come lo definirebbe un Silvio d’antan che è finito per diventarne – forse suo malgrado – il guitto, c’è un Paese che si appresta ad affrontare un inverno carico di preoccupazioni. A partire dal caro energia che fa chiudere aziende e negozi e che terrorizza le famiglie, a maggior ragione se un’autorità del settore come Tabarelli di Nomisma Energia suggerisce di munirsi di generatori contro il rischio di rimanere a corto di gas nei giorni del picco del freddo di fine gennaio. E ancora, l’inflazione che erode il potere d’acquisto e la recessione alle porte, con i casi Whirlpool che potrebbero moltiplicarsi. Problemi giganteschi che finora vengono lasciati sulle spalle del governo di Mario Draghi (che rappresenterà l’Italia al Consiglio europeo ma che dovrebbe occuparsi solo degli affari correnti) e sui quali chi gli succederà, tutti così indaffarati nella ricerca della poltrona giusta per sé e per i propri accoliti, finora non proferisce parola, se non slogan. Eppure alla “sciura Maria” preme sapere come potrà pagare le bollette di dicembre piuttosto che quale posto verrà riservato all’ex infermiera Ronzulli. Senza queste risposte, la luna di miele del nuovo governo rischia di essere molto più breve con il Paese che non all’interno della stessa maggioranza.

Meloni Salvini Berlusconi centrodestra – MALPENSA24