In Forza Italia monta la rabbia: i vertici hanno dimenticato Caianiello e Pedroni

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Dall'allto in senso orario: Ciro Calemme, Massimiliano Salini, Marcello Pedroni e Nino Caianiello

GALLARATE – “Finalmente il partito si fa vivo”. La frase è di Ciro Calemme, esponente varesino di Forza Italia, tra i fondatori di Agorà. Il partito è, manco a dirlo, quello berlusconiano che, secondo Calemme, si è eclissato dopo gli arresti e i coinvolgimenti eccellenti nell’inchiesta Mensa dei poveri. Dal 7 maggio è in carcere a Milano Nino Caianiello, presidente onorario di Agorà, considerato dai pm il dominus del presunto malaffare politico in provincia di Varese e non solo. Ai domiciliari rimane da quella data Marcello Pedroni, sommese, presidente effettivo della stessa associazione culturale.

Salini difende Tatarella

La storia è nota. L’inchiesta ha di fatto decapitato Forza Italia nel Varesotto e, soprattutto, a Gallarate, base operativa di Caianiello. Molte le persone coinvolte, altrettante quelle che hanno patteggiato e ottenuto la liberazione. E gli altri? A stimolare su Facebook l’intervento di Calemme è un post di Massimiliano Salini, eurodeputato e commissario regionale forzista, che prende posizione a favore di Pietro Tatarella, ex consigliere comunale di Palazzo Marino, anch’egli coinvolto nelle indagini della procura milanese e ancora in carcere. Domani, giovedì 22 agosto, è stata fissata l’udienza del Riesame che dovrà discutere il ricorso sull’ordinanza che negò la scarcerazione. Nel frattempo, Salini scrive che “quello che sta accadendo a Pietro Tatarella è una cosa che non deve accadere. La carcerazione preventiva, l’isolamento, la mancata comunicazione alla sua famiglia dello spostamento da un carcere a un altro sono barbarie a cui speravamo di non dover più assistere. Restiamo garantisti e restiamo umani. Pietro deve poter tornare a casa da suo figlio e sua moglie”.

Calemme: capaci solo a chiedere voti

Tutto condivisibile, se si vuole. Ma perché solo Tatarella e non Caianiello e Pedroni? sembra chiedersi Calemme, rinnovando così i malumori emersi più volte a Varese e provincia per l’atteggiamento di indifferenza del partito rispetto all’azione giudiziaria. Con un’annotazione fin troppo eloquente: quanto c’era bisogno di voti, i vertici regionali berlusconiani si facevano vivi, eccome.

Così risponde Calemme a Salini: “Caro Massimiliano, finalmente il partito si fa vivo. Non è colpa tua tutto questo silenzio assordante ma meglio tardi che mai. In questo periodo ho visto e sentito tanti garantisti solo dal pulpito e col microfono in mano. Fermo restando il doveroso rispetto per il lavoro della Magistratura (quella con la M maiuscola) per eventuali responsabilità penali personali, esprimo non solo la mia solidarietà a Pietro Tatarella ma anche a Fabio Altitonante, Nino Caianiello, Carmine Gorrasi, Marcello Pedroni e a tutti gli amici di partito colpiti dalla vicenda “mensa dei poveri”. Persone cercate dai vertici regionali del partito solo alla loro bisogna e quando c’era da attivarsi per le campagne elettorali…… poi sono tutti spariti e dissolti nel nulla. Ma, in provincia di Varese, non dimenticheremo. Questa è una certezza !”

In quel “non dimenticheremo” c’è tutta la rabbia per un’assenza che a Varese e non solo fa rumore, tanto più in un partito dove i problemi si sommano ai problemi. E davvero non c’è bisogno di rammentarli tanto sono all’ordine del giorno.

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