L’INCORNATA – Juventus tricolore, questione di carattere

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Manca solo il timbro e poi la Juve sarà per la settima volta consecutiva campione d’Italia. Un titolo conquistato con merito davanti a un grande avversario, il Napoli, che ha tenuto in bilico il campionato fino a una manciata di gare dalla fine. Fino a quando i nervi e la forza mentale hanno retto. E gli arbitri non c’entrano nulla. Ma proprio niente. La prima stordente badilata il Napoli se l’era presa nel giorno di Lazio-Juve quando Dybala ha indossato per trenta secondi la divisa di Oliver Hutton, campionissimo dei fumetti e dei cartoni giapponesi, insaccando all’incrocio dei pali in pieno recupero quando già a Napoli pregustavano il possibile pareggio e il conseguente allungo in classifica. Una mazzata terribile che ha stordito il San Paolo sognante, ma anche i giocatori del Napoli che si stavano riscaldando visto che da lì a poco avrebbero dovuto giocare una gara complessa contro la Roma di Di Francesco. Un lampo che ha piegato le ginocchia e offuscato le menti dell’undici azzurro. Il crollo è stato inevitabile (2-4 per la Roma); una normale conseguenza per chi non è abituato a gestire la pressione quando si sale molto in alto. Il secondo colpo non solo ha tramortito, ma ha tagliato le gambe. Il gol di Higuain nel recupero a San Siro contro l’Inter (2-3) in una gara con episodi controversi, oggettivamente zeppa di errori da parte dell’arbitro Orsato, da un fronte e dall’altro, ma la mancata espulsione di Pjanic forse ha pesato di più, ha svuotato definitivamente il Napoli. Il giorno dopo a Firenze la squadra di Sarri non è scesa in campo: c’erano i fantasmi dei guerrieri che sette giorni prima avevano saccheggiato Torino nello scontro diretto, togliendo certezze, punti e consapevolezza alla Juve. L’eroe di Torino, Koulibaly, la settimana dopo si è trasformato nel simbolo della caduta finale al Franchi. Troppo fragili mentalmente gli splendidi partenopei, più armonici ed esteticamente gradevoli; cannibali, poco belli, ma spietati i bianconeri di Torino che con le spalle al muro, dopo aver dilapidato una fortuna tra Ferrara e Crotone, hanno ribaltato un pronostico che dopo la sconfitta nello scontro diretto sembrava segnato. Questione di carattere e personalità, non certo di arbitraggi.

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