La guerra e la politichetta che cancella le responsabilità. Sue e della Russia

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Certi politici di casa nostra, intendendo per “casa nostra” la provincia di Varese, ricordano le svampite candidate dei concorsi di bellezza quando, sollecitate ad esprimere un loro desiderio per mettere alla prova la loro acutezza e sensibilità, rispondono con un generico quanto scontato “la pace nel mondo”. Appunto, la pace nel mondo come aspirazione massima e senza assunzione di responsabilità della politichetta che, in queste ore, a Varese come a Busto Arsizio, si cimenta (a parole) con la guerra in Ucraina.

Mancherebbe altro che qualcuno eccepisca sulla pace. Il problema è che qualcun altro pretende che nelle prese di posizione istituzionali per condannare il conflitto in corso a poche centinaia di chilometri dall’Italia non si debba citare la Russia, come se a gettare bombe sugli ospedali, sulle scuole, sui civili ucraini sia un’entità sconosciuta o, bene che vada, un esercito che non deve comparire per non urtare la suscettibilità di chi l’ha mandato a massacrare un popolo. In luogo di una condanna mirata, che dica chiaro e tondo che gli aggressori sono i russi, si dovrebbe, secondo costoro, allargare il tiro a tutti gli attuali conflitti in giro per il globo.

Un “dentro tutti” per non scontentare qualcuno in particolare. Come se l’invasione dell’Ucraina, perché di un’invasione si tratta, vada ricompresa in una situazione complessiva, senza un’analisi, un approfondimento, una contestualizzazione e, infine, un giudizio. D’accordo, violenza e disumanità sono uguali dappertutto. Ma i guerrafondai russi meritano una valutazione a parte, per come hanno cominciato a seminare morte e dolore e per i motivi che sostengono il loro operato. Mille ragioni, altrettanto giustificazioni a loro favore, probabili o possibili colpe altrui, ma nessun pacifista che si dichiari tale ha il diritto di nascondere ciò che è sotto gli occhi di tutti, cioè il massacro di un popolo. La condanna dovrebbe essere, come si usa dire, senza se e senza ma: la questione non è ideologica, ma umanitaria. Invece, anche chi dovrebbe isolare i giustificazionisti e chi, per personali ragioni, si tiene alla larga dalla semplice dignità, cerca di dissimulare, prestandosi ai bizantinismi se una presa di posizione deve avere titolo di mozione o di semplice raccomandazione, se deve dire o non dire, se e ancora se.

Una vergogna, mentre la gente muore, mentre si spara sui bambini, mentre milioni di persone innocenti sono in fuga. La politica, quella con la maiuscola, abbia un sussulto di coraggio e di coscienza rispetto ai veri sabotatori della pace, che la invocano minando il terreno (politico) coi loro arzigogoli mentali. Se, come a Busto Arsizio, dove bisogna dare atto alla giunta Antonelli di essersi sinora mossa con concretezza e senso di umanità nell’accoglienza ai profughi, c’è qualcuno che rompe le palle su certi argomenti per conquistare il suo minuto di notorietà, bene, che lo si lasci nel suo brodo. L’unanimità non è indispensabile. Di sicuro non è un voto in più che può fare la differenza.

Come purtroppo non fa la differenza una mozione, una raccomandazione, un comunicato di un qualunque consiglio comunale, se non per il fatto che esprime il doveroso quanto giusto sdegno rispetto a un evento bestiale, che mette a rischio il mondo intero. E nessun pacifista di risulta, del tipo “né con Putin né con la Nato”, avrà mai la possibilità di cambiare il corso delle cose. Tranne per il fatto che può scombinare gli equilibri politici locali di uno schieramento o di un singolo partito, dei quali, consentitecelo, non ce ne frega niente rispetto al dramma che vive l’Ucraina. Rispetto al dovere morale di scegliere da che parte stare.

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