La nuova lady di ferro a Downing Street

Ma il programma di Liz Truss non piace agli inglesi

di Alessandro Belviso

Come anticipato da molti analisti internazionali, Liz Truss, dopo aver ottenuto la nomina a capo del partito conservatore, nella giornata di lunedì 5 settembre è diventata Primo Ministro del governo britannico. La 47enne originaria di Oxford, detta nuova lady di ferro per il look sobrio e le affermazioni al vetriolo che rimandano alla Thatcher,  è subito chiamata a ricomporre la frattura in seno al partito dopo le dimissioni di Boris Johnson a causa dello scandalo Pincher e per il Partygate durante il primo lockdown da Covid-19. Ma la condizione del paese desta preoccupazioni, per l’aumento dei costi della vita e la spinosa questione ucraina. In merito all’ultima vicenda, la neoeletta ha rilasciato lo scorso 22 agosto delle dichiarazioni divisive (da candidata), dichiarandosi “pronta ad usare armi nucleari se necessario, è un dovere del premier”. La cancelliera pensa quindi di continuare a sostenere la belligeranza ucraina nel conflitto, allineandosi alla politica atlantista proprio come il predecessore; infatti, ha aggiunto perentoriamente: “Dobbiamo tenere testa a Vladimir Putin”.

Nel discorso di insediamento ha insistito molto sulle possibili soluzioni ad una crisi economica ed energetica epocale: l’inflazione secondo stime della Banca d’Inghilterra potrebbe aumentare del 13% e le bollette energetiche schizzeranno dell’80% nei prossimi mesi, minacciando i risparmi delle famiglie e le imprese. “Realizzerò un piano audace per tagliare le tasse e far crescere l’economia” ha affermato, da compiere attraverso la riduzione della Corporation Tax (tenendola al 19% dei profitti) ed abolendo l’aumento dell’1,25% dei contributi, oltre ad una generica riduzione dell’IVA. Però non si sa bene dove il governo possa trovare le coperture, se non ricorrendo ancora al debito pubblico (già al 95,5%). La squadra della Truss ha in cima all’agenda i rincari energetici e vuole occuparsi delle bollette di 28 milioni di famiglie, congelandone il tetto massimo a 1.971 sterline, prestando 100 miliardi alle imprese del settore ed “affrontando le forniture di lungo periodo”, magari aprendo la strada al nucleare e permettendo il fracking (fratturazione idraulica per ottenere gas e petrolio) nel Mare del Nord. In politica estera invece, oltre all’Ucraina, la premier ha annunciato l’aumento delle spese militari al 3% del Pil entro il 2030 ed inasprirà i rapporti con la Cina, considerandola una minaccia nazionale. All’orizzonte c’è anche la crisi del Regno stesso, infatti la Corte Suprema ad ottobre dovrà pronunciarsi sulla legittimità o meno del secondo referendum per l’indipendenza scozzese. La corrispettiva di Edimburgo, Nicole Sturgeon, spera di staccarsi da Londra entro la fine del 2023. Su questa vicenda la Truss ha detto che “la cosa migliore da fare con la Sturgeon è ignorarla”. Diverse preoccupazioni attendono la neopremier nei prossimi mesi, che però è fiduciosa di realizzare il suo ambizioso programma per andare alle elezioni nel 2024 ed assicurare una “grande vittoria ai conservatori”. Al momento però la reazione popolare non è delle migliori. Secondo dei sondaggi di YouGov il 50% si dichiara già scontento della nomina e ben il 67% degli inglesi pensa che non abbia le capacità per migliorare la condizione del paese.