E’ proprio vero, nel nostro Paese tutto quanto fa politica. Anche una pesca, protagonista inanimata di uno spot commerciale attorno al quale dibatte l’Italia, con interventi nientemeno che di Giorgia Meloni e di personalità come Pierluigi Bersani. Destra e sinistra a confronto sui contenuti del breve filmato emozionale che racconta il tentativo di una bambina di riconciliare, attraverso il dono di una pesca al padre, i genitori separati. Roba all’apparenza innocua, che rappresenta una situazione reale nella nostra epoca. Con una bambina a disagio per papà e mamma che non sono più, con lei, sotto lo stesso tetto. Disagio normale, ai nostri giorni come mille anni fa, per qualunque bambino costretto a vivere una simile situazione, così da voler la riappacificazione familiare. La famiglia che dà conforto e sicurezza.
Eppure, proprio una tale normalità ha scatenato una canea mediatica e, appunto, politica. Sostiene la Meloni: “Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante”. Replica Bersani: “Sbagliato mettere in mezzo la sofferenza dei bambini su temi delicati per scopi commerciali”. Qualcun altro: “E’ una forma subliminale per contestare il divorzio”. Sommando a tutto ciò i rilievi di quei fenomeni che fanno notare come, una pesca al supermercato, andrebbe riposta nell’apposito sacchettino e, così protetta, consegnata alla cassa. Cosa che non succede nello spot; ma non è il merito della questione, si tratta di un episodio marginalissimo considerato essenziale, il messaggio è ben altro.
Chi ha ragione? Senza dubbio l’autore del cortometraggio, che ha fatto bingo. Per l’Esselunga, la storica catena di supermercati committente dello spot, è una cuccagna: il suo nome appare soltanto di sfuggita nel filmato, ma è come se fosse in primo piano dall’inizio alla fine, anche e soprattutto dopo, quando ci capiterà di imbatterci in una pesca: “Ah, ecco, l’Esselunga”. Per non dire della visibilità gratuita sui giornali, in tv e attraverso i social. Una diffusione probabilmente senza precedenti, propiziata da una storia dai contenuti sociali per arrivare a reclamizzare un marchio.
Quasi da non credere. Anzi, proprio da non credere in un contesto che avrebbe ben altro su cui dibattere e accapigliarsi invece che “consigli per gli acquisti” in formato guarda e stupisci. Un modo nuovo di fare pubblicità? Può essere; meno nuovo il modello polemico che ne è scaturito, di chi, cioè gran parte di noi, è cascato ingenuamente nel trappolone teso dai pubblicitari, abili nel loro mestiere da creare il caso. Tutti lì a dire, a scrivere, a ribadire, toccando, è vero, le corde della sensibilità personale e collettiva, ma in verità facendo il gioco di Esselunga. Dove, come scrive l’inarrivabile Massimo Gramellini, i suoi gestori stanno facendo le capriole. Nel frattempo, noi perdiamo tempo a disquisire se una pesca è di destra o di sinistra. Roba da matti.