La riforma della furbizia

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di Massimo Lodi 

La principale/memorabile battaglia che aspetta governo e centrodestra è contro i furbi. Ovvero il fardello d’Italia. La sua piombata zavorra, il suo maligno Dna, la sua antica genìa. I furbi rappresentano una quota importante del Paese, forse e persino la maggioranza. Silenziosa, alacre, ramificata in ogni aggregazione/lobby economica, sociale, culturale eccetera. 

I furbi, qui da noi chiamati balòss con rassegnata indulgenza, sono coloro che per esempio han trasformato in fregatura-kolossal una misura eticamente opportuna come il reddito di cittadinanza. Se non fossero emersi approfittamenti, menzogne, rifiuti al possibile impiego; se gl’incaricati a trovare occupazione agli occupabili avessero assolto al compito anziché negarvisi; se il provvedimento si fosse materializzato secondo realismo e giustizia, non vivremmo la condizione, e anzi la necessità, d’abolirlo.

La miseranda scaltrezza di non pochi inguaia il miserevole status d’altrettanti non pochi. Perché la povertà c’era e la povertà c’è. A non esserci è il modo consono d’arginarla. E questo modo -il sussidio agl’indigenti/indigenti- non può che iniziare da una diversa e più generale e più urgente e più profonda riforma, quella della tolleranza verso i furbi.

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Massimo Lodi

I furbi non rispettano le regole, prima delle quali la moralità verso sé stessi; differenziano i doveri (del prossimo) dai diritti (i propri) sino a sconfinare nell’abuso; utilizzano i servizi della Repubblica, ma obiettando al pagamento dei relativi costi; si autoassolvono da violazioni di legge giudicate così minime da non meritare la riprovazione, però biasimano comportamenti d’analogo segno/radice se tenuti da cittadini di miglior fortuna (livor morte carebit, l’invidia non muore mai); hanno in uggia l’emissione di scontrini e l’utilizzo delle card, quasi ritenendoli un sopruso illiberale; nascondono al fisco tutto quanto è nascondibile, fidando nell’impunità di cui presto o tardi un generoso condono si farà garante.

I furbi sono invisi ai non furbi, obbligati a pagare anche per loro, sopportando il gravame dell’evasione da ogni incombenza, onere, responsabilità. Sono invece gratificati dalla strizzatina d’occhi, se non dal turgido sorriso, dei governanti di turno che li blandiscono invece di bandirli, trattandosi d’una consistente base elettorale. Purtroppo séguita a non passare l’idea che gli amministratori della cosa pubblica debbano essere migliori della parte peggiore del popolo: la demagogia suggerisce d’ingraziarsela, pur se la democrazia no. Sicché i furbi continuano a farla franca e i non furbi a essere impediti dall’affrancarsi da una tale soperchieria.

Questo è il vero pizzo di Stato imposto a onesti, probi, virtuosi. Se ne aspetta la rimozione dagli scudieri della legalità, reggenti conservator-moderati d’uno Stato dove dio, patria, famiglia -cioè elevato spirito di bandiera, nazione dei tutti uguali, collettivismo di massa simile alla fiamma del focolare- vengono definiti l’unicum di strategico riferimento. Mica una qualunque balossàta

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