L’ingombrante Fabio Lunghi. E a Gallarate, un ospedale che muore

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Sono due le notizie di giornata che meritano un approfondimento. L’obiettivo è cercare di capire che cosa ci sia sullo sfondo della mancata candidatura di Fabio Lunghi, presidente uscente della Camera di Commercio di Varese, dato per certo in corsa con la lista Lombardia Ideale-Fontana Presidente, clamorosamente escluso all’ultimo momento e, in seconda analisi, ritornare sull’anticipazione del Partito Democratico circa la prossima chiusura del punto nascite dell’ospedale di Gallarate. Due fatti che, seppure di diverso segno, affiorano dalle vicende pre elettorali di queste ore.

Lunghi. Girano diverse interpretazioni sul “niet” a suo sfavore in zona Cesarini nella gara per Palazzo Lombardia, alcune delle quali persino surreali se non dal sapore di scontata, poco credibile giustificazione. Il diretto interessato sinora non ha rilasciato dichiarazioni esplicative. Forse parlerà nelle prossime ore, ma il suo post su Facebook (“Purtroppo ho toccato con mano di cosa è capace questo mondo a cui avrei voluto portare il mio contributo per un cambiamento del fare politica…”) lascia intravedere un calcolato blitz a suo danno. Il motivo, peraltro supposto? Lunghi è conosciuto in provincia di Varese, soprattutto negli ambienti produttivi. Nel suo mandato alla Camera di Commercio ha lasciato un segno che molti giudicano positivo, così da presentarsi alle elezioni con un concreto patrimonio di consensi. Probabilmente più consistente di quanto non ne siano in possesso i suoi mancati compagni di lista, tra i quali il leader della compagine, Giacomo Cosentino. Insomma, al netto di spiegazioni ufficiali che potrebbero anche non arrivare mai, la sensazione è che Lunghi possa dare fastidio sul versante delle preferenze. E per questo sia stato messo fuori squadra dopo che da giorni tutti sapevano invece della sua candidatura. Supposizioni, abbiamo detto. Se ci sbagliamo, qualcuno spieghi. E convinca gli elettori.

Ospedale di Gallarate. In campagna elettorale tutto è possibile, anche che vengano diffuse fake news. Ma l’annuncio della dem Margherita Silvestrini sull’imminente chiusura del punto nascite del Sant’Antonio Abate ha tutta l’aria di non essere una boutade pre elettorale, benché diffusa non a caso proprio nell’attuale momento politico. Da mesi, se non da anni oramai, il depotenziamento dello storico nosocomio gallaratese è sotto gli occhi di tutti. Reparti chiusi e trasferiti a Busto Arsizio: l’assenza di un piano organizzativo pubblico e sostenibile confermerebbe il progetto sottaciuto di ridurre al minimo le prestazioni in attesa che venga costruito il nuovo ospedale unico sul confine con Busto. Attesa che si annuncia quasi decennale, un periodo lunghissimo che, continuando di questo passo, finirà per creare ulteriori disagi e disservizi agli utenti della stessa Gallarate e del suo comprensorio. Naturalmente ci aspettiamo smentite o spiegazioni che evitino il danno d’immagine politico da qui fino al voto del 12 e 13 febbraio. Comprensibile. Ma dopo quelle date, chiunque vinca le elezioni in Lombardia ha l’obbligo di parlar chiaro. Le voci di un drastico, progressivo, voluto ridimensionamento sono insistenti: a Gallarate resterebbero soltanto i servizi essenziali, tutto il resto confluirebbe su Busto. Possibile? Probabilmente, nonostante le polemiche e il diffuso scontento , fino alla rivolta popolare che creerebbe una simile decisione, sarebbe al contrario da considerare come una scelta razionale. Se così fosse, chi ne ha la responsabilità lo dica. Per non perpetuare una sorta d’agonia sanitaria che sarebbe ancora peggiore di un atto di stravolgente coraggio amministrativo; anche se fino alla chiusura delle urne si continuasse a far finta che il problema ospedaliero sia soltanto un’invenzione e il coraggio restasse una cifra inespressa.

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