Lonate, la polemica che offende le vittime del 2 agosto

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2 agosto 1980: l'ora della strage alla stazione

Un bel modo per onorare, polemizzando, le 85 vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. A guadagnarsi l’attenzione di molti media nazionali è ancora una volta Lonate Pozzolo, comune sul limitare della provincia di Varese con quella di Milano, ricompreso nel cosiddetto sedime aeroportuale di Malpensa; paese più noto per avere ospitato una attivissima locale della ‘ndrangheta, per l’arresto di un ex sindaco a causa del malaffare amministrativo, con vere o presunte contaminazioni mafiose, piuttosto che per essere al centro del dibattito attorno all’ampliamento dello scalo, destinato, secondo i suoi detrattori, a mangiarsi in modo sconsiderato un altro pezzo della brughiera all’interno del Parco del Ticino. Senza dimenticare la canea attorno a una candidata alle ultime elezioni municipali, presentatasi con il centrodestra e finita sotto i riflettori per essersi fatta tatuare su una spalla il saluto nazista alla vittoria: sieg heil.

Uno sconfortante, complessivo quadretto, che getta ombre poco edificanti su una località che, al contrario, cerca di reagire. Basti ricordare, dopo le inchieste e gli arresti sul versante ‘ndranghetista, la partecipata marcia per la legalità di qualche anno fa, e, anche, le presenze imprenditoriali e sociali di prestigio che fanno da contrappunto alle componenti più opache del paese.

A fare rumore sono ora le dichiarazioni del capogruppo leghista in consiglio comunale, Armando Mantovani, che, a fronte di una mozione del centrosinistra per intitolare una piazza alle vittime della strage di 43 anni fa, ha negato la matrice fascista di quel terribile attentato. Negando la firma eversiva di destra, Mantovani ha di fatto smentito la verità giudiziaria che, appunto, collega Bologna alle formazioni nazifasciste. Poi, su questo, c’è chi eccepisce e afferma che morti e feriti alla stazione furono provocati da un vagone fatto saltare dai palestinesi. Ipotesi caldeggiata da Mantovani in scia alle tante, troppe verità, quasi tutte frutto di depistaggi, che hanno riempito le cronache nel corso degli anni. Lui, il capogruppo della Lega, si dice sicuro che furono i palestinesi (mah!). Benché, proprio nel giugno scorso, durante la requisitoria della procura generale al processo d’appello per l’ex Nar Gilberto Cavallini, sia stata dimostrata l’inconsistenza della pista palestinese. Testuale dal Pm Nicola Proto: “Dai documenti desecretati dei Servizi, che la procura ha acquisito, vi è la prova inequivocabile che il palestinesi non c’entrano nulla con il 2 agosto”.

Per dirla tutta esiste anche un nutrito fronte innocentista rispetto alle sentenze definitive nei confronti di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, in sede giudiziaria ritenuti tra gli esecutori principali dell’attentato. Personaggi di primo piano del mondo politico e della cultura non credono alla loro colpevolezza. Innocentisti furono Francesco Cossiga e Giovanni Spadolini. Dubbi sulla sentenza di condanna furono espressi, tra gli altri, da Marco Pannella, Paolo Mieli, Gianfranco Fini, Paolo Guzzanti, Massimo Fini e tanti altri. A un certo punto la strage fu messa in relazione a Licio Gelli e alla P2, poi all’abbattimento del DC9 a Ustica, a non meglio identificati Servizi segreti deviati (strage di Stato) e a una serie infinita di mandanti, esecutori e complici di diversa provenienza. Di tutto un po’, così da creare un incredibile polverone, dentro ai troppi misteri che avvolgono eccidi, omicidi politici, crudeli fatti e misfatti del Belpaese. Con una sola, inoppugnabile verità su Bologna; quella processuale.

Dopo di che si può anche polemizzare, come si sta facendo a Lonate Pozzolo, più o meno a ragion veduta. La destra accusa la sinistra di voler strumentalizzare la data del 2 agosto, la sinistra rispedisce al mittente le accuse. Una inutile, deprimente gazzarra, che non onora le 85 vittime. E finisce per vanificare l’esortazione odierna del presidente Mattarella: “Da 43 anni la ricerca della verità è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso. E’ in gioco la credibilità delle istituzioni democratiche”. A Lonate Pozzolo, però, qualcuno non se n’è ancora reso conto.

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