Malpensa e ospedale unico: finito il tempo delle chiacchiere?

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La data del 24 ottobre ricorda un momento buio della storia d’Italia: la disfatta di Caporetto. Al contrario e per coincidenza, è il giorno che potrebbe avviare il rilancio (riscatto?) per la provincia di Varese e, per diversi motivi, del Nord Italia: il parlamento ha approvato in via definitiva il decreto/legge che apre per Malpensa la possibilità di ampliare l’area cargo e, quindi, di espandersi anche fuori dal sedime aeroportuale. Scontati gli sbocchi economici su tutto il territorio. Di più: sempre il 24 ottobre, il presidente della Regione, Attilio Fontana, ha annunciato la conclusione dell’iter per l’accordo di programma del nuovo ospedale tra Busto Arsizio e Gallarate. Opera in ballo da un paio di decenni, arrivata soltanto ora alla fase realizzativa. Anni e anni di chiacchiere che si traducano in una imperdonabile perdita di tempo alla luce delle innegabili esigenze sanitarie del Basso Varesotto.

Appunto, le chiacchiere. Sia attorno a Malpensa sia per quanto riguarda il progetto del futuro nosocomio ne sono state spese come se non ci fosse un domani. Pro e contro. Più contro che pro. Ma questo non giustifica nulla , ad esempio, in funzione delle necessità di crescita dello scalo della brughiera, osteggiato anche dalla politica e, lasciatecelo dire, da governi che hanno favorito Roma e il suo aeroporto. Che sia arrivato il momento di invertire una pessima tendenza, che sinora ha privilegiato interessi locali piuttosto che l’insieme del sistema aeroportuale nazionale? Non dobbiamo ricordare come Malpensa, nata con la prospettiva di diventare hub, sia stata via via vittima di scelte molto discutibili, improvvide, con l’obiettivo di depotenziarla anche rispetto a Linate.  Certo, l’ampliamento del cargo è soltanto una parte, seppure determinante, dello sviluppo dell’intera struttura. Ma è molto più di un semplice passo in avanti rispetto a un disegno complessivo di crescita.

Anche sull’ospedale unico è attivissimo il fronte del no. La sensazione è che alcune posizioni contrarie siano sostenute da valutazioni pregiudiziali, che guardano soprattutto al consenso elettorale: schierarsi contro il progetto ospedaliero per catturare quell’ampia parte dell’opinione pubblica alla quale non è stato spiegato o, peggio, viene dissimulata l’importanza di realizzare una struttura finalmente efficiente e funzionale, con reparti d’eccellenza in sostituzione dei due attuali nosocomi a Gallarate e Busto Arsizio, che non garantiscono più gli standard richiesti della moderna medicina. A lato dell’operazione di denigrazione (non si può lavorare contro l’innovazione: vero Partito democratico?) ci si mette l’inconcludenza dei governanti, spesso naufraghi nel bla bla. Vittime delle lungaggini burocratiche e del loro traccheggio che favorisce il sorgere di opposizioni politiche e non solo. Occorreva e ancora di più occorre darsi da fare, sveltire l’iter e, se possibile, informare i cittadini con maggior determinazione, non dare tutto per acquisito. L’accordo di programma è un punto di partenza per arrivare al cantiere e, finalmente, alla realizzazione del nuovo ospedale.

A fronte di tutto ciò, per Malpensa e per l’ospedale non bastano le promesse. Né servono interventi per autopromuoversi, selfie di propaganda come è accaduto per la quinta corsia dell’autostrada dei Laghi: inaugurata in pompa magna senza che fossero terminati i lavori. Per contro, opposizioni serie hanno il dovere di incalzare le maggioranze di centrodestra, invitandole a fare in fretta, a non disperdere risorse e tempo, operando controlli che impediscano il sorgere di intoppi o, peggio, di inghippi che ritardino ulteriormente interventi troppo importanti per il territorio. E per i cittadini. Un’importanza che i partiti, tutti i partiti, dovrebbe riconoscere con onestà intellettuale, finalmente affrancati dai pregiudizi.

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