Sciopero a Malpensa. «Anche qui è diventato un lavoro povero»

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MALPENSA – «Fino a qualche anno fa lavorare in aeroporto era un prestigio. Ora non è più così». A dirlo sono i sindacati di base (Adl, Cub Trasporti, Usb e Flai) che questa mattina, 12 settembre, hanno bloccato gli ingressi della Cargo city per quasi un’ora per chiedere il rinnovo del contratto collettivo scaduto da 5 anni. Un’azione simbolica che ha creato pochi disagi e che si è svolta regolarmente sotto il controllo della polizia di Stato.

Il lavoro povero 

Il rinnovo del contratto è una necessità, hanno sottolineato, a fronte del caro vita che ha ridotto il potere d’acquisto a tal punto da far sì che anche a Malpensa si parli di “lavoro povero”, ovvero di una occupazione remunerata con un salario talmente modesto che non permette di superare la soglia di povertà. E’ la conseguenza, sostengono le sigle di base, delle cooperative e delle compagnie low cost che hanno “inquinato” il sistema aeroportuale praticamente in ogni settore, nonché delle continue esternalizzazioni che hanno tolto diritti e ridotto i salari. E se a ciò si aggiunge che anche la qualità del lavoro è scaduta, come dimostrano le aggressioni ai dipendenti e le tante vertenze degli ultimi anni, ecco che «una occupazione in aeroporto non è più ricercata come una volta». 

Solo scuse

Adl, Usb, Cub Trasporti e Flai chiedono il rinnovo del contratto nazionale: «I lavoratori di tutti i nostri scali aeroportuali in Italia lavorano ai minimi salariali con stipendi inadeguati al costo della vita e aggravati dal caro energia dovuto alla folle guerra in corso. Non è il momento? Soltanto scuse. Qui alla Cargo city non c’è mai stato così tanto lavoro come ora e anche durante la pandemia non si è mai fermato. E i numeri di questa estate certificano che anche il traffico passeggeri è ormai tornato quasi alla normalità».

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