Mensa dei poveri, i giudici: «Per il sindaco di Gallarate nessuna responsabilità»

Gallarate processo assolto sindaco Andrea Cassani

GALLARATE – Il processo Mensa dei poveri e l’assoluzione piena del sindaco di Gallarate Andrea Cassani. Alterno il destino del primo cittadino in seno alla vicenda giudiziaria che nel maggio 2019 decapitò Forza Italia in provincia di Varese e portò all’arresto dell’allora Ras di Forza Italia sul territorio Nino Caianiello.

Piena assoluzione

Il sindaco Cassani, nella prima ordinanza, viene definito dai Pm, nero su bianco, “Baluardo contro l’illegalità” in città. Argine al malaffare di Caianiello e dei suoi sodali. Mesi dopo fu indagato per due presunte turbative; la stessa procura che parlava di “baluardo” ne aveva chiesto, e ottenuto, il rinvio a giudizio. Giudizio che il primo cittadino ha affrontato in dibattimento e che lo ha visto assolto con la formula più ampia.

Mai prove o indizi

Il perché di un verdetto che lo scorso 2 ottobre lo ha visto uscire dall’aula di Corte d’Appello del Tribunale di Milano da assoluto innocente lo scrivono i giudici nelle 654 pagine di motivazioni alla sentenza: “Sulla base delle dichiarazioni rese dai testi e del contenuto delle conversazioni captate, può dunque già escludersi radicalmente qualsiasi elemento a carico di Cassani Andrea“. E ancora: “Nessuno dei testi escussi ha ricondotto a Cassani Andrea un qualsiasi tipo di condotta minimamente sospetta e nulla emerge dalle conversazioni intercettate (…) Nessuno dei testi escussi ha fatto cenno a condotte minimamente perturbative poste in essere dal Cassani”. E infine: “Dopo la nomina dell’Architetto Giuliani, il Sindaco Cassani, in sua presenza, aveva raccomandato all’Architetto Giuliani di rappresentargli con immediatezza qualsiasi pressione esterna subita, tentativo di condizionamento o disagio in relazione allo svolgimento del suo incarico”.
Questo scrivono i giudici in relazione alla gara per l’affidamento della variante al Pgt. Verificare e chiedere l’archiviazione della posizione del primo cittadino al momento della chiusura indagini avrebbe comportato un risparmio di tempo e risorse sia per Cassani, sia per lo Stato.

L’assoluzione di Palumbo e Gorrasi

Stesso destino, quello di essere assolto perché nessuna prova è stata trovata a suo carico, è toccato all’ormai ex consigliere regionale di Forza Italia Angelo Palumbo, che all’epoca dell’elezione era l’uomo forte di Caianiello sul territorio in quella tornata. A Palumbo veniva contestato di aver ricevuto, tramite Carmine Gorrasi, all’epoca coordinatore provinciale di Forza Italia, un finanziamento illecito per la propria campagna elettorale camuffato da sponsorizzazione al Busto 81, società di calcio di cui Gorrasi era tra i dirigenti. Di quel presunto passaggio illecito di denaro non è stata trovata traccia sui conti della società e nessun teste lo ha mai confermato. Ragion per cui sia Palumbo che Gorrasi sono stati entrambi assolti dal capo di imputazione.

Bordonaro e lo stipendio del mullah

Gorrasi è però stato condannato in primo grado a due anni. I giudici hanno ritenuto estremamente rilevante la testimonianza dell’allora presidente della municipalizzata bustocca Accam, Laura Bordonaro, (a sua volta finita nell’inchiesta e che ha patteggiato a due anni) che indicò in Gorrasi e in Caianiello i promotori di un’escamotage nel corso di una convention di partito a Fiuggi di aumentare lo stipendio di un collaboratore dell’europarlamentare saronnese Lara Comi (con denaro versato dalla UE) al fine di retrocedere l’80% dell’aumento circa a Caianiello stesso che, già condannato in via definitiva per un’altra vicenda di corruzione sempre legata ad un supermercato, non poteva più avere incarichi ufficiali e necessitava quindi di uno “stipendio”. Comi, per truffa ai danni dell’Unione Europea, è stata condannata in primo grado a 4 anni e 2 mesi.

No pubblico ufficiale, no reato

Infine, l’assoluzione di Paola Saporiti, all’epoca assessore alla Sicurezza a Cassano Magnago, divenuta “celebre” per il fotogramma registrato dalle telecamere piazzate dagli inquirenti che la immortalava mentre consegnava una busta con 500 euro a Caianiello. La mazzetta, secondo l’accusa, versata per fare in modo che l’incarico della sorella come sindaco nel collegio revisori di Alfa srl venisse confermato  (gestore unico del ciclo integrato delle acque in provincia di Varese). Saporiti testimoniò in aula di aver resistito e di aver ceduto solo dopo aver ricevuto pressioni e dopo che il marito, dipendente di una municipalizzata cassanese, sarebbe stato preso di mira con lettere di richiamo. Scrivono i giudici: “La prima riflessione che si impone è che il contenuto delle conversazioni tra presenti intercettate e la posizione di assoluto rilievo rivestita in quel periodo da Saporiti Paola nella compagine di Forza Italia della provincia di Varese, anche con l’assunzione dell’incarico di assessore comunale, inducono a ritenere difficilmente sostenibile l’idea che la stessa sia stata vittima di una condotta concussiva posta in essere da Caianiello e dai soggetti a lui collegati”. L’assoluzione, però, deriva dal fatto che non è stato provato il coinvolgimento del funzionario di Alfa indagato a sua volta (e assolto) unico pubblico ufficiale coinvolto nella vicenda. Niente pubblico ufficiale, niente reato.

Ora si attendono gli Appelli. Se la Procura è in fase di valutazione, Lara Comi, attraverso i suoi legali, ha già fatto sapere che contesterà la sentenza in secondo grado.

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