L’ex assessore di Cassano: «Obbligata a pagare Caianiello da Frascella e Maida»

MILANO – C’è un’immagine che nel maggio 2019 è comparsa su tutti i media italiani. Mostra una donna, l’allora assessore alla Sicurezza di Cassano Magnago Paola Saporiti, che consegna una busta ad un uomo, Nino Caianiello, l’allora plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese, in un bar. E’ l’Hausgarden di Gallarate utilizzato da Caianiello come “ambulatorio” per trattare affari politici e no.

La foto e la storia

La foto è apparsa su tutti i media italiani poco dopo il 9 maggio 2019, quando l’inchiesta Mensa dei poveri decapitò il sistema corruttivo e di nomine pilotate creato da Caianiello, portando all’arresto del mullah (che per quelle vicende ha già patteggiato una pena a 4 anni e 10 mesi).
Oggi, lunedì 21 novembre, davanti al collegio del Tribunale di Milano presieduto dal giudice Paolo Guidi a raccontare la storia dietro a quell’immagine è la stessa Saporiti, coinvolta nell’inchiesta insieme alla sorella Cristina. E quella ascoltata in aula non è apparsa la storia di una politica spregiudicata avvezza al sistema di versamento di una “decima” a Caianiello in cambio di incarichi.

Sei mesi di pressioni

Saporiti, assistita dall’avvocato Cristina Marrapodi e incalzata dalle domande del pubblico ministero, ha sintetizzato la sua verità nella storia di un ricatto. Indicando in Antonio Fascella, all’epoca amministratore unico di Sieco, municipalizzata del Comune di Cassano Magnago, e in Salvatore Madia, all’epoca assessore all’Istruzione, le due persone che su di lei esercitarono ogni genere di pressione affinché lei versasse a Caianiello i 500 euro in contanti contenuti nella bustarella diventata il simbolo di “Mensa dei poveri”. Frascella è imputato nello stesso processo di Saporiti ma per altra vicenda. Maida non fu indagato ma si dimise dopo gli arresti. Sullo sfondo c’è anche l’allora sindaco di Cassano Nicola Poliseno che avrebbe detto a Saporiti durante un momento di confidenza: «Tua sorella è in scadenza. Paga e facciamola finita con questa storia». Lo ha riferito l’ex assessore cassanese oggi davanti ai giudici.

Sei mesi di pressioni

Saporiti racconta di un momento di difficoltà: «Io e mia sorella condividiamo uno studio di commercialista. C’erano dei problemi. L’incarico come sindaco nel collegio revisori di Alfa srl (gestore unico del ciclo integrato delle acque in provincia di Varese) di mia sorella era in scadenza. Mi fu detto chiaramente che avrei dovuto versare 500 euro in contanti al partito (Forza Italia), avrei dovuto fare una donazione all’associazione Agorà, affinché lo stesso venisse rinnovato». L’ex amministratrice cassanese ha illustrato il contesto entro il quale la richiesta fu avanzata. Oltre alle difficoltà in cui lo studio commercialista versava c’era anche il fatto che la sorella non stava bene.

Le lettere di richiamo di Sieco

«Frangenti di difficoltà – ha precisato l’avvocato Marrapodi fuori dall’aula – di cui Frascella e Maida erano al corrente». Perdere l’incarico in Alfa avrebbe aggravato una situazione economica in quel momento non del tutto serena. Saporiti ha raccontato di sei mesi di «pressioni. Sia da parte di Frascella che da parte di Maida. Più spesso da quest’ultimo che avevo modo di incontrare più di frequente in Comune in quanto assessore». Su Frascella, però, Saporiti racconta un episodio preciso: «Mio marito lavora in Sieco attraverso il collocamento di persone con disabilità e Frascella di Sieco era l’amministratore unico. Dopo la mia opposizione al pagamento dei 500 euro mio marito iniziò a ricevere delle lettere di richiamo dall’azienda». Saporiti, insomma, non voleva pagare ma, in base alla sua testimonianza, la richiesta era chiara: la decima per il rinnovo dell’incarico alla sorella. «Si rivolsero a me e non a mia sorella perché in quanto assessore ero diventata l’interlocutrice della politica». A fronte delle continue pressioni Saporiti ha ceduto. E chiesto a chi doveva consegnare i soldi. «Mi dissero che dovevo consegnarli a Caianiello. Lo feci all’Hausgarden».

La versione di Brambilla

Sentita oggi anche Monica Brambilla componente, insieme a Marta Cundari, della Commissione che ha valutato l’offerta tecnica degli studi partecipanti al bando per l’incarico di progettazione della Variante al Pgt di Gallarate. Il filone è quello delle presunte pressioni che l’allora assessore all’Urbanista di Gallarate Alessandro Petrone, su input di Caianiello e Alberto Bilardo, coordinatore cittadino di Forza Italia, avrebbe fatto affinché l’incarico andasse a uno studio gradito al “partito”. Questo per agevolare la realizzazione di un nuovo supermercato Tigros su un’area di via Cadore e non solo. L’ex patron di Tigros Paolo Orrigoni, è a processo, con l’accusa di essere stato pronto a versare una mazzetta da 50mila euro (30mila da destinare a Caianiello) affinché l’operazione andasse a buon fine.

Due Comuni diversi

E se Cundari, che è dirigente dell’ufficio Urbanistica di Gallarate, ha testimoniato di aver subito le succitate pressioni, Brambilla ha dichiarato l’esatto contrario. Petrone su di lei non agì in alcun modo e Caianiello lo incontrò una volta durante un aperitivo. Brambilla è però funzionaria del Comune di Busto Arsizio, mentre Cundari dipendeva dal Comune di Gallarate dove Petrone era assessore. Con i rispettivi uffici confinanti.

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