Mensa dei Poveri: in 10 tappe la fine dell’impero del mullah Caianiello

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MILANO – Per i pubblici ministeri della procura di Milano era un sistema diffuso, un presunto malaffare che faceva capo a Nino Caianiello, forzista gallaratese, detto il mullah. Con lui, il 7 maggio di un anno fa, finirono in carcere una quarantina di politici e non solo, altrettanti furono inquisiti. L’inchiesta, chiamata non a caso Mensa dei poveri, decapitò Forza Italia nel Varesotto e in diversi ambiti lombardi. Uno tsunami che ha riservato colpi di scena e un impatto mediatico senza precedenti. Dalle intercettazioni e dai successivi interrogativi ne è uscito un quadro corruttivo sconcertante, da confermare in tribunale ma con evidenze che, per molte delle persone coinvolte, non lasciano spazio ai dubbi. Ora si attende il processo, dopo che il Gup di Milano ha rigettato un primo pacchetto di richieste di patteggiamenti. Ecco le tappe principali della vicenda giudiziaria.

1.Il pm Furno: «Caianiello gestiva un sistema feudale. A lui veniva pagata la decima»

In provincia di Varese esisteva «un sistema feudale», con «i vassalli che riconoscevano la decima al loro sovrano». Così il pubblico ministero Luigi Furno – durante la conferenza stampa  del 7 maggio 2019 in procura a Milano che dà avvio al terremoto politico in Forza Italia – descrive il sistema politico creato sul territorio da Nino Caianiello, plenipotenziario del partito nonostante da anni non ricoprisse più ruoli formali.

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2.Decapitata la galassia di Caianiello: tutte le accuse agli arrestati

Sono 20 i politici, imprenditori e professionisti della provincia di Varese coinvolti nel terremoto giudiziario che un anno fa decapita il sistema di potere che faceva capo a Nino Caianiello. Oltre al mullah, altri quattro finiscono in carcere (Alberto Bilardo, Alessandro Petrone, Piermichele Miano, Leonida Paggiaro) sei ai domiciliari (Carmine Gorrasi, Stefano Besani, Laura Bordonaro, Davide Borsani, Marcello Pedroni, Pier Tonetti).

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3.Una busta con 500 euro al Mullah mette nei guai Saporiti, assessore a Cassano

Una busta, contenente 500 euro in contanti consegnata all’ “ambulatorio” di Nino Caianiello, mette nei guai Paola Saporiti, oggi ex assessore alla Sicurezza di Cassano Magnago. Secondo gli inquirenti, quel denaro è la “decima” che la componente dell’esecutivo cassanese consegna al plenipotenziario di Forza Italia per l’assegnazione dell’incarico di sindaco effettivo di Alfa, attribuito alla sorella Giovanna Saporiti, di professione commercialista.

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4.Bilardo e la cimice trovata nel condizionatore: «Ho paura che mi arrestino»

Dalle intercettazioni ambientali emerge che Alberto Bilardo, braccio destro di Caianiello, un anno prima degli arresti trovò  nel condizionatore del suo ufficio a Cassano Magnago le cimici piazzate dalla guardia di finanza. E disse. «Io ho paura che domani mattina mi arrestano». Aveva ragione.

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5.Il “pizzino” di Caianiello a Bilardo: «Non parlare». Ma lui disubbidisce

Nino Caianiello dal carcere di Opera continua a non parlare, ma capisce che i suoi cominciano a tradirlo, svuotando il sacco davanti ai pm pur di riacquistare la libertà.  E così si scopre che il mullah avrebbe mandato in carcere, tramite un detenuto tunisino, un messaggio trasversale ad Alberto Bilardo, invitandolo a tacere. Ma lui disubbidisce e in quattro interrogatori riempe centinaia di pagine di verbali.

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6.Prime ammissioni di Nino Caianiello: «Ho preso soldi, ma non sono tangenti»

Ad agosto la svolta. Caianiello capisce di essere rimasto da solo e cambia strategia davanti ai magistrati. Arrivano le prime ammissioni per quell’ipotizzato giro di mazzette, nomine, appalti pilotati e finanziamenti illeciti gestito dall’ “Ambulatorio” di Gallarate.

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7.Così Caianiello “gestiva” Accam. Quei mille euro nascosti nel calendario

«Di Laura Bordonaro ricordo che Caianiello mi disse che aveva trovato la persona giusta da nominare quale presidente di Accam. In particolare disse che era l’ideale perché non capiva nulla ed era manovrabile». E’ ancora Alberto Bilardo, l’ex uomo di fiducia di Nino Caianiello, a spiegare al pubblico ministero Luigi Furno i meccanismi di “gestione” di Accam.

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8.Caianiello è libero: “Reinventerò la mia vita giorno dopo giorno”

Torna libero il mullah, dopo sei mesi esatti di misura cautelare, 142 giorni in carcere, il resto ai domiciliari. E dice: «Ho commesso degli errori, lo so. Non voglio sfuggire alle mie responsabilità. Ho detto che non mi occuperò più di politica, e manterrò la promessa. Salvo poi che non sia la politica a cercare me. Ma io ho già deciso: mi impegnerò nel sociale».

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9.Tangenti, rigettati tutti i patteggiamenti. Il gran rifiuto del gip riapre i giochi

Il giorno dopo la clamorosa decisione del gip Maria Vicidomini che rigetta tutte le 11 richieste di patteggiamento, per le quali era già stato raggiunto un accordo con la procura.  Nell’ordine avrebbero dovuto patteggiare a 3 anni Alberto Bilardo, a 2 anni Stefano Besani, avvocato di Gallarate, Laura Bordonaro, ex presidente di Accam spa, Matteo Di Pierro, ex collaboratore dell’imprenditore della Ecol service di Daniele D’Alfonso, Marcello Pedroni, all’epoca consigliere di Prealpi servizi, Alessandro Petrone, ex assessore all’Urbanistica di Gallarate, l’intermediario Pier Michele Miano e l’imprenditore Pier Tonetti. Un anno e 10 mesi infine per Davide Borsani, all’epoca consigliere di Alfa srl e a 1 anno e 8 mesi per Beniamino Crescenti e Andrea Gallina, ex ad di Acqua Novara. Per tutti il gip non ha ravvisato i presupposti di collaborazione.

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10.Mensa dei poveri: arrestati Lara Comi, Paolo Orrigoni e Giuseppe Zingale

“Mensa dei poveri” si arricchisce con un nuovo colpo di scena: il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Milano, coi colleghi di Busto Arsizio, arresta l’ex eurodeputata di FI Lara Comi, l’ad dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni, entrambi ai domiciliari, e il dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale (in carcere).

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