Coronavirus e incendio frenano Mensa dei Poveri. Un anno dopo tutto fermo

tribunale milano

MILANOMensa dei Poveri un anno dopo: indagini finite ma non completamente chiuse e il rinvio praticamente certo della maxi udienza preliminare fissata per il prossimo 25 maggio. Mancano molti avvisi di conclusione indagini anche se, di fatto, l’inchiesta è terminata per decorrenza dei termini. E l’incendio che a fine marzo ha devastato l’ufficio Gip del tribunale di Milano rende praticamente certo il rinvio della maxi udienza preliminare già fissata per fine mese. Il 7 maggio 2019 Lombardia e Piemonte venivano scosse da quello che, all’epoca, si era ipotizzato essere il peggior terremoto giudiziario abbattutosi sulla politica italiana dopo Mani Pulite.

L’onda lunga che ha travolto Forza Italia

Un’onda lunga che travolse completamente Forza Italia su scala regionale rivelando, stando a quanto ipotizzato dai pm della procura e della Dda di Milano, un sistema di incarichi pilotati e appalti il cui perno era stato individuato in provincia di Varese. Precisamente nella persona di Nino Caianiello, assistito dall’avvocato Tiberio Massironi, plenipotenziario di Forza Italia nel Varesotto, uomo di potere già finito al centro di altre vicende giudiziarie, che seppur senza più incarichi istituzionali era ancora presenza di peso ai tavoli che contano perché, come lui stesso ha dichiarato in sede di interrogatorio, «Venivo invitato a esserci». Il suo arresto un anno fa diede uno scossone non indifferente al presunto sistema e, è legittimo ipotizzarlo, fece tremare i polsi a parecchi nomi noti di politica e imprenditoria.

Indagati nel limbo a causa del Coronavirus

Con lui furono arrestati i suoi uomini di fiducia che, uno dopo l’altro, hanno poi ceduto iniziando a parlare. L’ultimo a rompere gli indugi è stato proprio Caianiello. Ma quando ha cominciato a collaborare, l’inchiesta, già corposa, ha se possibile preso ancor più vigore con nuovi arresti. L’ultimo interrogatorio davanti al pubblico ministero Luigi Furno, che con Silvia Bonardi e Adriano Scudieri, ha coordinato l’inchiesta, il mullah (come Caianiello è da anni noto in provincia di Varese) lo ha sostenuto a febbraio di quest’anno. Prima di quel momento per lui, per gli 11 indagati che avevano deciso di patteggiare vedendosi però poi rifiutare dal gip tutte le istanze perché le pene concordate erano troppo basse (tra questi compaiono i nomi di Alberto Bilardo, braccio destro di Caianiello, Stefano Besani, avvocato di Gallarate vicino al mullah, Laura Bordonaro, ex presidente di Accam spa, Marcello Pedroni, ex consigliere di Prealpi servizi, Alessandro Petrone, ex assessore all’Urbanistica di Gallarate e definito da altri in sede di interrogatorio lo yes man di Caianiello, l’ intermediario Pier Michele Miano e l’imprenditore Pier Tonetti che torneranno a chiedere in udienza preliminare di poter patteggiare), per l’ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, per l’ex patron di Tigros e candidato sindaco della Lega a Varese Paolo Orrigoni e per Giuseppe Zingale, ex dirigente di Afol Metropolitana, arrestati a novembre 2019 in un secondo step dell’inchiesta, la procura non avrebbe potuto depositare l’avviso di conclusione delle indagini. Atto al quale far seguire il destino giudiziario degli indagati.

Dall’11 maggio forse qualche novità

A febbraio, però, l’emergenza Coronavirus, infine, è esplosa. Travolgendo tutto e tutti e bloccando quasi completamente anche l’attività di tribunali e procure. Un’attività che dovrebbe riprendere dal prossimo 11 maggio anche se, mancando a tutt’oggi un decreto del presidente del consiglio dei ministri che ne indichi le modalità, non è chiaro come. Di fatto l’avviso di conclusione delle indagini tanto atteso non è stato depositato non per mancanza di volontà ma per mancanza di possibilità. Lasciando un gran numero degli indagati in una sorta di limbo e disattendendo la speranza di riunire tutta l’indagine in un unico grande procedimento con un primo culmine fissato per il prossimo 25 maggio in sede di udienza preliminare.

La maxi udienza di fine maggio

A fine maggio, infatti, si dovrebbe celebrare il primo passo per la definizione del destino giudiziario di altri 70 indagati, quelli a cui era già stato notificato l’avviso di conclusione indagini e per i quali i pm milanesi avevano già chiesto il rinvio a giudizio. Nell’elenco dei “convocati” compaiono l’ ex commissario provinciale di Forza Italia Carmine Gorrasi, la dipendente comunale di Gallarate Marta CundariGiuseppe FiloniAngelo Palumbo – tuttora consigliere regionale – l’ avvocato Xavier Santiapichi, il deputato novarese Diego Sozzani, l’ex vicecoordinatore regionale e consigliere comunale di Milano Pietro Tatarella, l’imprenditore Mauro Tolbar, lo stesso Zingale (solo per la prima tranche dell’ inchiesta), Fabio Altitonante e Daniele D’ Alfonso.

L’incendio in tribunale fa slittare tutto

Tuttavia lo scorso 28 marzo un incendio molto esteso ha completamente devastato l’ufficio Gip del tribunale di Milano. In particolare ad andare distrutto è stato l’archivio, un danno enorme per il lavoro dei magistrati. Che hanno perso migliaia di fascicoli e si sono trovati a dover ricostruire mesi se non anni di indagini. Dal tribunale di Milano è già stato comunicato agli avvocati che le udienze in calendario dovranno essere spostate e riprogrammate. Di qui la certezza quasi matematica che il 25 maggio Mensa dei Poveri, o quanto meno una parte dell’inchiesta, non arriverà in aula. Il che potrebbe consentire alla procura di chiudere tutto con conseguente riunificazione del procedimento e allungamento di mesi dei tempi previsti per la definizione del primo grado dell’inchiesta. Un anno dopo tutto fermo. In sospeso resta anche la posizione del sindaco di Gallarate Andrea Cassani che, chiamato in causa in sede di interrogatorio da un Bilardo ansioso di guadagnarsi l’uscita dal carcere, era stato indagato a novembre per turbativa d’asta. Le dichiarazioni di Bilardo, però, non hanno trovato conferma nelle parole di Caianiello che, interrogato a sua volta, avrebbe dichiarato di non aver mai affrontato direttamente con il primo cittadino gallaratese la questione di presunte nomine pilotate. Possibile, quindi, che per Cassani venga chiesta l’archiviazione così come già avvenuto per il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana.

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