Monti: così cambia la sanità. Il ruolo dei sindaci e i futuri scenari varesini

sanità monti regione

VARESE – Emanuele Monti, presidente della commissione Sanità di Regione Lombardia: 115 Case della Comunità, 53 Ospedali di Comunità e uno stanziamento di 700 milioni di euro: vista così è una bella risposta a chi diceva che in Lombardia si trascura la medicina territoriale.
“Per mesi siamo stati attaccati dalla sinistra e dai loro giornaloni su tutto, per poi scoprire che le accuse erano del tutto infondate come nel caso dell’ospedale in Fiera Milano. Siamo andati avanti a testa bassa, senza badare alle chiacchiere e facendo i fatti. Ora siamo la prima regione d’Italia ad attuare il Pnrr e ad integrarlo con fondi regionali e vogliamo farlo con celerità. Abbiamo le idee chiare su come rinforzare la medicina territoriale. La prima tranche di progetto approvato dalla Giunta regionale e la proposta di legge di cui sono relatore ne sono la dimostrazione”.

A proposito della proposta di legge di cui lei è relatore, ce la spiega in tre concetti?
“Medicina territoriale, innovazione tecnologica e prevenzione: tre concetti che sintetizzano lo spirito della proposta legislativa del centrodestra lombardo. La nostra sanità è un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale – come certificato anche dall’ultima misurazione delle performance da parte di Fondazione Sanità Futura – ma, dopo l’esperienza pandemica e con l’arrivo dei fondi europei, si è ravvisata l’esigenza di tagliandare il sistema per farlo ripartire con più vigore. Si consideri poi che veniamo da un periodo tutt’altro che roseo: dieci anni di tagli dai governi centrali alla medicina territoriale – certificati dagli studi della Fondazione Gimbe -, il blocco del turn over per il personale sanitario e la mancanza di trasferimenti statali per la realizzazione delle strutture di sanità territoriale previste dalla riforma Maroni del 2015”.

Tanto si è parlato del ruolo dei sindaci nella programmazione sanitaria. Ecco, quale ruolo avranno nello scenario che si prefigura?
“I sindaci avranno un ruolo centrale nella programmazione sanitaria, sociosanitaria e sociale del territorio di propria competenza. Attraverso la Conferenza istituita presso ogni Asst, il loro parere sarà obbligatorio sulle scelte programmatorie delle aziende sanitarie”.

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Emanuele Monti

Ma nel Partito Democratico non sono dello stesso avviso. Anzi, lamentano la marginalità degli enti locali, specialmente in provincia di Varese.
“Chi nega il mancato coinvolgimento della Regione Lombardia e di Ats Insubria sulle recenti scelte strategiche come la creazione delle Case e Ospedali di Comunità è in malafede. Pur constatando la totale assenza di idee per il futuro sanitario del nostro territorio da parte del Pd e della sinistra, non posso accettare che si neghi anche l’evidenza. Regione Lombardia e Ats Insubria, nei rispettivi livelli istituzionali, hanno coinvolti sindaci, addetti ai lavori, corpi intermedi e associazionismo proprio per far partire dal basso un progetto di sviluppo della nostra sanità. Il 27 e 28 ottobre, Ats Insubria ha organizzato un ulteriore momento di confronto con i sindaci del territorio perché siamo solo all’inizio del percorso”.

Cioè, cosa manca ancora?
“La delibera approvata dalla Giunta regionale sulle Case e gli Ospedali della Comunità è soltanto il primo tassello. Abbiamo voluto, per prima cosa, individuare le strutture di proprietà del Sistema Sanitario Regionale al cui interno poter realizzare le Case e gli Ospedali di Comunità. Questo per permetterci di essere molto rapidi nell’attuazione ed essere la prima regione d’Italia a deliberare in tal senso. Vi sarà poi una seconda delibera, concertata maggiormente con i sindaci e gli enti locali, che definirà la realizzazione di un ulteriore 20% di Case e Ospedali di Comunità in edifici di proprietà degli enti locali stessi. Infine, una terza delibera definirà Case e Ospedali di Comunità i cui servizi saranno erogati in collaborazione con il mondo della sanità privata”.

Questo consentirà ai territori esclusi dalla prima tranche, di rientrare in gioco?
“Non solo, ma è bene che si comprenda, a differenza della demagogia di Pd e compagni, che le Case e gli Ospedali di Comunità non sorgeranno in conseguenza ad una trasformazione di strutture ospedaliere già esistenti. Sarà, piuttosto, un’integrazione addizionale della rete d’offerta lombarda già esistente. Ciò significa che i nostri ospedali, anche quelli ubicati nelle zone più periferiche, continueranno ad erogare i medesimi servizi, ai quali saranno aggiunte le funzioni previste per l’Ospedale o la Casa di Comunità.

Nel territorio della provincia di Varese cosa succederà?
“Intanto, con la prima delibera, abbiamo previsto la realizzazione dell’Ospedale di Comunità a Luino, Cuasso al Monte e Somma Lombardo. Le Case della Comunità sorgeranno a Busto Arsizio, Castellanza, Saronno, Gallarate, Cassano Magnago, Lonate, Laveno, Angera, Tradate e Varese. A Cuasso, insieme all’intervento già annunciato negli scorsi mesi con la realizzazione di un grande centro della riabilitazione pneumologica a carattere universitario, sarà realizzata anche una riqualificazione generale della struttura, oltre ad un potenziamento della dotazione tecnologica per accogliere un numero adeguato di posti letto di cure intermedie. La sinistra, per voce dei propri rappresentanti sul territorio, sta cercando di far passare questa iniziativa come un declassamento o, ancora peggio, una chiusura degli ospedali esistenti. Falsità. Prendo come esempio Somma e Luino: qui non solo non chiuderanno i poli esistenti ma vi sarà un potenziamento dei servizi offerti”.

I tempi quali sono?
“Entro il 2022 vogliamo realizzare 26 Ospedali di comunità e 86 Case della Comunità in Lombardia ed entro tre anni aver portato a termine il potenziamento della rete territoriale. Per questo, abbiamo voluto fare presto. A sinistra rosicano perché anche in questo caso siamo arrivati per primi come con le vaccinazioni. Ci aspettiamo più proposte e meno polemiche, già a partire dal prossimo confronto sulla realizzazione di ulteriori strutture territoriali”.

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