Quando l’ipocrisia legittima l’abusivismo edilizio

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L'abusivismo edilizio colpisce soprattutto il Sud, come ad Ischia. E le conseguenze purtroppo sono note

di Gian Franco Bottini

Arriva l’inverno e, puntualmente come è giusto che sia, arrivano le piogge e con loro, come è giusto che non sia, arrivano i lutti per le valanghe, gli smottamenti, le frane, le esondazioni. Un problema antico e mai risolto, se mai aggravato, e ammantato di un alone di diffusa ipocrisia .

Alcuni mesi fa è toccato alle Marche e oggi all’isola d’Ischia; sui canali televisivi scorre l’usuale tiritera dei discorsi  delle autorità (del tipo “copia e incolla”) e le scene di disperazione della gente. Se  poi si approfondisce, anche superficialmente, il tema delle responsabilità, non si può non segnalare in queste dolorose esternazioni una notevole, anche se in certi casi inconsapevole, ipocrisia. La natura infatti è madre e matrigna e si comporta secondo le proprie regole; ignorarle, anzi spesso sbeffeggiarle come avviene nel caso di certi “abusi edilizi”, comporta dei rischi che, una volta che si concretizzano, il cercare di ricondurli al caso, alla sfortuna, al fato o all’alea è pura e semplice ipocrisia.

Costruire laddove è vietato, è come giocare alla “roulette russa” con la propria vita e ancor peggio con la vita di chi, magari ignaro, ci andrà ad abitare. Una recente pubblicazione stima che il 13% degli edifici nazionali sia frutto di abuso edilizio (4% nord-12% centro-28% sud) con una punta in Campania del 49% .

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Gian Franco Bottini

Qualsiasi commento è superfluo; basta soffermarsi su questi dati per trarne molteplici riflessioni. La prima delle quali si riferisce alla raccapricciante dimensione di questo patrimonio immobiliare “farlocco”,  che non  è certo sbucato dalla sera alla mattina ma che si è creato nei molti decenni durante i quali   l’abusivismo edilizio pare sia stato  assunto dalla gente, con le dovute differenziazioni geografiche,  come una accettabile consuetudine e dalla politica come un utile strumento di mercanteggio elettorale e di clientelismo politico.

La politica poi, durante i decenni, con generalizzati condoni e sanatorie ha cercato ipocritamente di “nascondere la polvere sotto il tappeto”, riducendo la questione all’aspetto sanzionatorio come se un albergo costruito al fondo di un canalone avesse la stessa pericolosità di una macchina in sosta vietata. Di abbattimento, poi, del “malcostruito” quasi difficile parlarne, per l’intervento dei politici locali, dei sindaci “con il collo storto” e in alcuni casi, ipocrisia sarebbe non dirlo, per il ”caldo interessamento” della malavita.

Chiamare tutto questo “ipocrisia diffusa” ci sembra riduttivo, qualche altro aggettivo, molto più pesante, andrebbe aggiunto all’espressione. Pare che negli ultimi anni il fenomeno abusivo sia in decrescita ma il vero problema è che parte di questo immenso patrimonio immobiliare fuorilegge, grazie a condoni e sanatorie, oggi fuori dalla legge non lo è più . Passi per un balcone o una mansarda abusivi, ma per un villaggio alle falde del Vesuvio il rischio è paragonabile a quello di una mina innescata, ben sapendo che il vulcano ha le sue regole e dei nostri condoni non sa che farsene.

Ora si tende a dar tutta la responsabilità ai Sindaci, che in molti casi sicuramente ne hanno, ma è assolutamente una ipocrisia non convenire che gli stessi, nell’applicazione della legge, sono stati spesso lasciati soli a fronteggiare problemi geologici, giuridici, sociali e anche di ordine pubblico. Oltre naturalmente le tante “pressioni”, lecite o meno, di politici locali o di associazioni poco raccomandabili.

Da ultimo però non si deve sottacere le responsabilità dei molti cittadini che, fors’anche perchè di fronte a reali necessità, intraprendono la scorciatoia dell’abuso senza valutare a fondo i pericoli nei quali potrebbero incorrere con le loro famiglie. Con un certo malessere ricordiamo, dopo i disastrosi eventi nelle Marche di qualche anno fa, l’immagine di un signore impietrito di fronte ad una casa che, costruita abusivamente, era crollata sotto una frana,  causando la morte di una intera famiglia di suoi parenti .

“Non si dovrebbe mai dire di fronte a dei morti…ma avevo cercato di dissuaderli…” aveva confessato al giornalista che l’intervistava, con la voce rotta dal pianto e dalla rabbia, completando il suo mesto pensiero con altre frasi accusatorie ancor più difficili da riferire. Imbarazzante anche per noi rivangare questo ricordo ma, avendolo ben impresso nella nostra memoria, ignorandolo saremmo caduti anche noi nella ipocrisia; non foss’altro per la speranza che suoni per qualcuno come un monito.

bottini abusivismo ipocrisia – MALPENSA24