La città che non c’è, ma conta 2 milioni e mezzo di abitanti e 70 miliardi di Pil

I relatori della serata Rotary e sullo sfondo Roberto Troian

VARESE – Un prodotto interno lordo da 70 miliardi di euro, 2 milioni e 500 mila abitanti, 24 milioni di euro di export e circa 200 mila imprese attive. Sono i macro numeri socio-economici della Città dei Laghi, ovvero quell’area che comprende le province di Varese, Como e il Canton Ticino. Una zona omogenea, con performance da prima della classe in Europa se non fosse per un dettaglio (diciamo così) insormontabile lungo la strada della buone intenzione di chi vorrebbe veder nascere questa realtà: la frontiera. Di fatto l’unica rimasta in Europa.

I nodi da sciogliere

Certo, poi dietro alla questione dogana, tra i nodi da sciogliere ci vanno anche dumping salariale, disomogeneità fiscale, iper burocrazia sul fronte nostrano e via di seguito. Tutti temi, con il paradigma della Città dei Laghi al centro, affrontati dalla serata Rotary, organizzata dal club varesino al Golf di Luvinate e che ha messo attorno al tavolo del dibattito le Camere di commercio, le associazioni industriali, le istituzioni politiche e alcuni studiosi della questione per dare vita a un momento di confronto, approfondimento e riflessione.

La serata

Apriamo una parentesi per spendere due parole sull’appuntamento di ieri sera (giovedì 28 settembre). Il Rotary club Varese guidato dal presidente Roberto Troian (nel video qui sotto) ha messo in campo un lavoro di cucitura davvero encomiabile. Anche grazie al supporto del giornalista rotariano Antonio Franzi, che ha poi condotto il dibattito.

Erano 16 i club rappresentati e provenienti, oltre che dalla provincia di Varese, anche da Como e dal Ticino. Oltre ai rappresentanti di Camere di Commercio e Confindustria. Presenti Gianluca Brenna (presidente Confindustria Como); Roberto Grassi (presidente Confindustria Varese); Oliviero Pesenti (Associazione Industriali Ticinesi); Michele Rossi (Camera di commerico Como), Mauro Vitiello (presidente Camera di Commercio Varese). Sono poi intervenuti Alberto Mazzucchelli e Franco Negri, coordinatore del Gruppo di lavoro Insubrico Rotary.

A rappresentare le istituzioni politiche c’era il governatore della Lombardia Attilio Fontana: «E’ un tema all’ordine del giorno e rispetto al quale Regione sta portando avanti tutta una serie di iniziative».

Il vero problema è la frontiera

Ma per capire il nocciolo della questione e il punto della situazione, al di là dei passi avanti legislativi stipulati, occorre partire dall’elemento che più di tutti frena. E a metterlo sul tavolo è stato Gianluca Brenna, presidente di Confindustria Como: «Certo le opportunità le conosciamo molto bene, ma vedo molti rischi. E il problema non lo si risolve con la compensazione monetaria. Il vero problema è la frontiera, il confine: l’ultimo rimasto in Europa. Se non ci fosse, lo scenario sarebbe differenti».

Una città che non ha confini

Brenna è intervenuto dopo che l’ingegnere urbanista del gruppo di lavoro del Rotary Verbano Varese Alberto Mazzucchelli ha definito cosa intende per Città dei Laghi, una realtà socio economica che «non ha confini».

E nel corso degli interventi c’è chi ha puntato l’attenzione sulla necessità di «superare i campanilismo poiché solo in questo modo si può mettere in campo un progetto comune e “aggirare” i tanti ostacoli reali», come Roberto Grassi di Confindustria Varese.

E chi ha smontato alcune questioni che nel dibattito economico e politico hanno ormai raggiunto l’aurea mitologica. Uno tra tutti quello degli stipendi alti oltre confine. «Che – ha puntualizzato il presidente di Camera di Commercio Mauro Vitiello – sono in molti casi più vantaggiosi dei nostri. Ma cerchiamo di comprendere il motivo. Ai livelli più elevati ad esempio si equivalgono ai nostri. A fare la differenza quindi è la fiscalità e la nostra incide tantissimo».

Non solo, Vitiello ha anche portato l’esempio della sua azienda: «Il lavoro da frontaliere non attira molto i giovani. Le nuove generazioni oggi non hanno come unico obiettivo quello salariale, alle aziende chiedono altro. E se le realtà italiane fossero in grado di offrire più “qualità di vita” anche sul posto di lavoro diventerebbero concorrenti a chi offre salari migliori. Il problema nostro, italiano, è anche l’attrattività».

Anche gli svizzeri non sono “perfetti”

E oltre confine non sono tutte rose e fiori. E sono stati gli interventi dei ticinesi a sottolinearlo. Oliviero Pesenti dell’Associazione industriali ticinesi ha affermato che «senza i frontalieri italiani la nostra economia sarebbe a zero. E il limite per la crescita della Città dei Laghi è la frontiera. Senza quel confine saremmo la regione più avanzata d’Europa e non solo. Qui ci sono tutte le condizioni per garantire uno sviluppo di quest’area e ricchezza e benessere per chi ci vive».

La frontiera certo, ma dove sta l’intoppo? Ed è lo stesso Pesenti a rivelarlo senza puntare l’indice: «Roma e Berna, finché non si parlano e non si mettono attorno a un tavolo la Città dei Laghi rimarrà un’utopia».

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