Deportazioni nazifasciste, a Varese tredici pietre d’inciampo ricordano le vittime

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VARESESono tredici le prime pietre d’inciampo, create dall’artista tedesco Gunter Demnig, che verranno posate in Provincia di Varese e precisamente nelle città di Cunardo, Luino, Mesenzana e Induno Olona. Hanno il compito di ricordare le vittime delle deportazioni nazifasciste e saranno dedicate a Dante Mandelli, Luigi Bonomi, Emilio Comi, Giuseppe Sulmincio, Calogero Marrone, Mario Molteni, Luigi Morellini, Attilio Paolo Vergani, Aurelio Moro, Guglielmo Satriani, Orlando Vischi, Vittorio Lupano e Bruno Balzarini.
Si tratta di piccoli blocchi quadrati ricoperti di ottone lucente che riportano scolpiti il nome, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione e la data di morte dei perseguitati. Tra aprile e maggio verranno poste davanti l’ingresso di casa (o del posto di lavoro o del luogo di arresto) per ricordare e onorare la memoria delle vittime della Shoah e della deportazione, mai tornate a casa.

Ester Maria De Tomasi, presidente provinciale Anpi Varese

Tramandare la memoria e passare il testimone ai giovani

Alla conferenza stampa di presentazione di oggi, martedì 22 febbraio, c’erano Emanuele Antonelli, presidente della Provincia di Varese; Ester Maria De Tomasi, presidente provinciale Anpi Varese; Francesca Boldrini, ricercatrice storica; Amerigo Cavalli, segretario organizzativo provinciale Anpi Varese; Vittorio Cocco, segretario amministrativo provinciale Anpi Varese; Giuseppina Mandelli, sindaco di Cunardo, e Emanuela Quintiglio, consigliere provinciale con delega alla Cultura.
«Le pietre d’inciampo sono piccoli monumenti, più piccoli di lapidi. Quando le si incontra camminando per la strada a inciampare è il nostro sguardo. E i nostri pensieri – ha dichiarato il presidente della Provincia Antonelli – Perché le pietre siano pedine della memoria, e affinché i più giovani possano davvero inciamparvi, il ruolo degli adulti è davvero fondamentale. Il nostro compito come amministratori ed educatori è quello di tramandare la memoria e passare il testimone ai giovani, perché la consapevolezza, la conoscenza e la cultura abbiano la meglio sull’indifferenza, sull’odio e sull’ignoranza».

Da sinistra a destra: Emanuele Antonelli, Ester De Tomasi, Vittorio Cocco, Amerigo Cavalli e Francesca Boldrini

«Assassinato: una parola forte ma dovuta»

«L’Anpi della Provincia di Varese, in collaborazione con il Comitato delle Onoranze ai Caduti del San Martino, ha fortemente perseguito il progetto delle pietre d’inciampo per rispondere alla necessità di riaffermare il valore della memoria – ha dichiarato De Tomasi – Posarle nelle diverse città della provincia darà la possibilità a chiunque le incontrerà sul suo cammino di calarsi in quel drammatico passato dove la vita non aveva nessun valore e di porsi, quindi, delle domande.
Sulle pietre è incisa la parola “assassinato”, una parola forte ma dovuta. Le donne, gli uomini e i bambini hanno subito nei campi di sterminio, la fame, la disperazione, la tortura e la morte. Donne e uomini spesso dimenticati, ai margini della memoria, assassinati dai nazisti. Il nostro umile intento è quello di ridare a loro un nome, inciso sulla pietra a peritura memoria. Un nome che verrà letto da chi passerà di lì, si fermerà un momento, guarderà indietro, penserà a quel terribile passato e rifletterà su quello che è stato. “Le persone non verranno dimenticate fino a che si pronuncerà il loro nome”».

Giuseppina Mandelli, sindaco di Cunardo

Per non “inciampare” due volte nello stesso errore

Francesca Boldrini, ricercatrice storica, ha sottolineato: «Per non “inciampare” due volte nello stesso errore: è questo il motivo per cui ci siamo impegnati nel progetto di posa delle tredici pietre d’inciampo, a perpetuo ricordo di partigiani e collaboratori del “Gruppo Cinque Giornate”, Monte San Martino. Il nostro intendimento e il nostro sentito auspicio sono che la tragica e devastante storia di uomini, donne e bambini non abbia più a ripetersi».
«Il ricordo deve essere alimentato da testimoni e testimonianze. Una pietra nelle nostre città che ci faccia “inciampare” costringendoci a leggere nome, anno di nascita, giorno e luogo di deportazione e data di morte dei deportati è una testimonianza potente che irrompe nella vita di tutti i giorni» ha dichiarato Quintiglio.
Come ha spiegato il sindaco di Cunardo, «Dante Mandelli, a differenza degli altri, non era un commbattente o un loro collaboratore, ma aveva scelto l’attività di sindacalista a causa delle dure condizioni di vita dei suoi coetanei che lavoravano nelle filande o nella produzione della calce, e fu deportato nello stesso convoglio. Così come i viaggi della Memoria che già abbiamo organizzato per le scuole negli anni passati, le pietre d’inciampo aiuteranno a rendere la storia attuale per i nostri giovani».

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