Varese, sfruttamento delle badanti: processo sospeso, manca l’interprete

di Gabriele Lavagno

VARESE – Slitta a ottobre il processo per il presunto giro di sfruttamento di badanti, in corso in tribunale a Varese, dove due donne, di 53 e 48 anni, devono rispondere di associazione a delinquere, intermediazione illecita e di aver favorito la permanenza illegale delle badanti sul territorio italiano. Niente udienza questa mattina, giovedì 29 giugno, davanti ai giudici del collegio, a causa dell’assenza dell’interprete, figura necessaria per facilitare la comprensione delle due imputate, entrambe straniere.

La ricostruzione dei vari passaggi dell’indagine, avviata nel 2018 dalla guardia di finanza, è al centro del dibattimento, che oggi però, come detto, ha subito una battuta d’arresto.

La donna nel bosco

Le indagini iniziano nell’agosto di cinque anni fa con il ritrovamento di una donna ucraina, scomparsa da giorni, in un bosco della Valceresio. È in stato confusionale e dal suo telefono emerge che si tratta di una assistente a domicilio che ha legami con l’associazione oggi sotto accusa, e in particolare con una delle odierne imputate.

Il reclutamento

Secondo lo schema ricostruito dagli inquirenti, le badanti in cerca di lavoro, provenienti dall’est Europa, venivano seguite dall’associazione – che promuoveva i suoi servizi online – fin dal viaggio verso l’Italia. Si arrivava al colloquio con il potenziale datore di lavoro – generalmente una famiglia in cerca di una figura per assistere anziani non autosufficienti – con il trolley alla mano. Se il colloquio andava bene, l’attività a domicilio cominciava subito, ma il contesto, sempre in chiave accusatoria, era caratterizzato da illeciti e disagio sociale. Per iniziare a lavorare era obbligatorio versare all’associazione una “quota” da 600 euro, e le donne che non potevano stabilirsi dalle persone assistite, trovavano ospitalità in uno degli appartamenti dell’associazione, nel Varesotto ma anche fuori provincia, pagando 7 euro al giorno per pernottare in stanze affollate, dove era facile finire a dormire sul pavimento per la mancanza di letti, o trovarsi in difficoltà con l’igiene personale.

Il giro d’affari

Centinaia le badanti reclutate, stando ai dati emersi da un pc sequestrato all’associazione. Molte delle donne erano clandestine, in certi casi sprovviste di una formazione professionale adeguata. Ma soprattutto, in base alle imputazioni, non firmavano alcun contratto di lavoro. Nonostante ciò il business garantiva introiti rilevanti, con quasi mezzo milione di euro in tre anni. Altre persone legate all’organizzazione sono già state giudicate: quattro le condanne e tre le assoluzioni.