VISTO&RIVISTO Spencer: la brava Stewart non è abbastanza

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di Andrea Minchella

VISTO

SPENCER, di Pablo Larrain (Germania- Cile- Regno Unito 2021, 111 min.).

Difficile. Molto difficile. Il progetto di Larrain è ambizioso e molto interessante. Sulla carta. La realizzazione nascondeva, però, parecchie insidie. Perché Diana rimane uno dei personaggi più controversi e misteriosi degli ultimi cinquant’anni. La bulimia di immagini e notizie che l’hanno seguita per tutta la vita l’hanno resa un’icona la cui proiezione ha confuso l’opinione pubblica per molti anni. Ciò che rimane della donna, della mamma, della principessa e dell’amante è una infinita narrazione che si poggia sulle ombre e i misteri che da sempre hanno contornato la gracile ed elegante figura della mancata regina d’Inghilterra.

Scritto egregiamente dal prolifico Steven Knight, padre del potentissimo “Locke”, il film segue una retta che si perde, troppo spesso, tra visioni oniriche e scenografie cupe. Larrain, che già aveva raccontato un’altra icona complessa e controversa come fu Jackie Kennedy, si cimenta con il ritratto di Diana, per anni “segregata” psicologicamente dall’intera famiglia di Carlo, durante il Natale in cui decide di allontanarsi definitivamente da quella che non diventò mai la sua famiglia. Il regista costruisce un racconto asfissiante e claustrofobico che seziona l’anima tormentata della protagonista per cercare di analizzare, non sempre in maniera convincente, dove e quando si è verificata un’insanabile e definitiva rottura. La pellicola si intreccia con le migliaia di immagini già immagazzinate nella mente dello spettatore che per anni ha seguito le tormentate e fotografatissime tappe della breve vita di Diana.

Larrain segue da dietro, in molte sequenze, la magra e buffa principessa che scompare se paragonata alle dimensioni infinite del palazzo in cui si svolge la vicenda. Le soggettive ossessive realizzate con la “steady cam”, come fece Stanley Kubrick nel suo “Shining”, arricchiscono la grammatica filmica altrimenti scarna e convenzionale. Il colore costante è il grigio delle giornate che si susseguono nel Natale più doloroso di Diana. La realtà, il sogno, le visioni e le allucinazioni si mischiano creando un unico flusso temporale in cui la protagonista perde a poco a poco la consapevolezza della propria coscienza e del proprio corpo, sempre più magro e segnato dalla sofferenza e dalla solitudine.

Larrain crea un interessante binomio tra la vicenda personale di Diana e la enorme cucina del palazzo in cui lo Chef, che sembra essere l’unico personaggio con un’anima, si destreggia nella continua ed ossessiva elaborazione e preparazione di lunghi menù e prelibati piatti per i pranzi sfarzosi che diventano tappe obbligatorie per tutti i componenti della famiglia della regina. Il regista cileno cerca di imprimere sulla pellicola non la Diana che credevamo di conoscere, ma la Diana che davvero ha dovuto subire, per diversi anni, la vita anziché viverla liberamente. L’operazione, però, riesce solo in parte perché la trappola della retorica era troppo grande e alcune scelte narrative, come il paragone troppo esemplificativo con Anna Bolena, svuotano di complessità un’esistenza enigmatica e straordinaria come fu quella della principessa Diana.

Le allucinazioni e le visioni della protagonista frenano un lavoro ben costruito e minuziosamente ricreato da una produzione attenta al minimo dettaglio per rendere il risultato veritiero e sincero. Bellissima e profonda la sequenza in cui la guardarobiera dichiara il proprio amore proprio per la bellissima principessa. Kristen Stewart è strepitosa. La brava attrice riesce perfettamente a trasformarsi, anche nei tic più impercettibili, nel corpo e nella mente della compianta principessa. La Stewart diventa Diana e scompare a favore del contesto narrativo non sempre all’altezza della sua bravura e della sua sorprendente capacità.

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RIVISTO

JACKIE, di Pablo Larrain (Stati Uniti- Cile- Francia 2016, 99 min.).

Dopo un’infinita narrazione sulla morte di Kennedy e sulla sua vita da presidente, con annessi moglie e figli, finalmente un’interessante analisi su Jackie subito dopo la scomparsa di John e sulla difficile e tortuosa vita che avrebbe dovuto vivere senza più quel riferimento che fu anche fonte di dispiaceri, sensi di colpa e infiniti pianti.

Natalie Portman si trasforma in una delle donne più enigmatiche e tristi del novecento, riuscendo perfettamente a metterne in scena tutti i particolari, fisici e non, che la trasformarono in un’icona universale.

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