Giöbia, a Busto tradizione millenaria. Lo storico Giavini: «Gallarate, radici diverse»

BUSTO ARSIZIO – «La Giöbia di Busto? Quasi un rito religioso, una tradizione millenaria». Parola di Luigi Giavini, storico e cittadino benemerito di Busto, una vera e propria “autorità” per le tradizioni cittadine, da lui studiate e approfondite in lungo e in largo e con passione, scrivendo diversi libri. Dal dialetto al tessile, fino ai riti più antichi come quello dell’ultimo giovedì di gennaio. «Nella nostra identità culturale con radici matriarcali – spiega Giavini – il rito della Madre Terra da svegliare ce lo portiamo dentro da millenni».

Alla larga dalle polemiche

Premessa doverosa. Luigi Giavini non intende «entrare in polemiche» su questo tema, né tantomeno alimentarle, a roghi ormai spenti. Da uomo di cultura e di storia però gli chiediamo di precisare e di puntualizzare. Perché la “disfida della Giöbia”, sollevata in occasione del falò della Giubbiana dall’assessore alla cultura di Gallarate Massimo Palazzi, in una storia che è fatta di rivalità tra Busto e Gallarate, è tema inevitabilmente gustoso. Molto gustoso. «I Bustocchi dicono che la tradizione della Gioeubia l’hanno portata avanti loro perché la celebrano sin dagli inizi del Novecento – queste le parole del gallaratese Palazzi, confortate da documenti storici – ma a Gallarate risaliva quantomeno alla metà dell’Ottocento. Abbiamo almeno quarant’anni di vantaggio su Busto».

Due piani diversi

Ma Giavini invita a non confondere i piani. Quello della tradizione e quello della celebrazione ufficiale del rito, oggi “istituzionalizzato” nei falò che vengono organizzati nelle piazze delle città. «A Busto la Giöbia è una tradizione millenaria – spiega lo storico, che da anni suggerisce di scrivere il nome con la dieresi sulla “o” – ogni ceppo familiare, o “clan”, faceva la sua Giöbia, cercando di farla più bella di quella degli altri, addirittura mettendo dei picchetti per difendere i fantocci dagli attacchi dei “clan” rivali». Oggi questo carattere in parte è rimasto intatto, visto che in città le Giöbie si fanno ancora nei cortili e nelle case, nei quartieri e nelle associazioni, oltre che nella piazza “ufficiale” del Comune. «Un rito quasi religioso, per svegliare la Madre Terra – sottolinea Giavini, rimarcando le origini che si perdono nella notte dei tempi – infatti se la Giöbia cade in avanti, come in un abbraccio, è di buon auspicio, mentre se cade indietro preannuncia un’annata sfavorevole».

Eredità ligure

Un’eredità, dunque, che risale alle origini “liguri” dei bustocchi. Individualiste e matriarcali. «Si brucia un fantoccio dalle sembianze femminili perché quella ligure antica, pre-celtica, era una società imperniata sul matriarcato, e che adorava divinità femminili come la Madre Terra – spiega Luigi Giavini – Gallarate ha radici diverse, celtiche. E ogni città ha le sue tradizioni millenarie, con il suo dialetto (quello bustocco che si mangia la “r” tra le vocali, ndr) e con la sua identità». L’evoluzione verso la modernità ha poi affermato «modi diversi di interpretare la tradizione, come la Giubbiana in mezzo alla piazza a Gallarate». Quel che conta, par di capire, è mantenere vive le tradizioni. «Questo antichissimo rito bustocco oggi ci dà un messaggio bellissimo per questi tempi incerti e confusi – chiosa il cittadino benemerito di Busto – con la stupenda poesia di Angelo Azzimonti ,”Giöbia”, che recita: «‘na fiama da speranza / in daa nòci frègia e scüa / ‘na vitoria sü a pagüa / i fastidi e i dispiasé». Quanto basta per gettare acqua sul fuoco.

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