In Vespa da Jerago a Chernobyl, missione compiuta per Alessandro Pozzi

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JERAGO CON ORAGO – «Sono contento perché tramite i social ho fatto una buona pubblicità, ho portato quello che era il messaggio del mio viaggio benefico: non tanto l’aver affrontato un percorso di 8mila chilometri con una vecchia Vespa, ma aver mostrato e condiviso le situazioni che Help For Children sostiene in Bielorussia». È questo il pensiero di Alessandro Pozzi, sumiraghese trapiantato a Jerago, al ritorno in Italia, avvenuto martedì 21 agosto, dopo il lungo percorso intrapreso fino a Chernobyl per l’associazione benefica di Parma.

Il viaggio e l’arrivo a Gomel

«Sono felicissimo di questo viaggio perché, a parte il piccolo imprevisto di qualche giorno di pioggia, è andato veramente bene. La Vespa si è comportata benissimo e non ha dato alcun tipo di problema. Ho viaggiato con una media molto alta, di 500/600 chilometri al giorno, una bella andatura per un modello così vecchio e con ruote da otto pollici». Gaspare, questo il nome del veicolo, è stato trattenuto a Bergamo, luogo dell’arrivo, richiesto dalla Federazione Motociclistica Italiana per una gara di eleganza al casinò di San Pellegrino il 2 settembre. Il ritorno in Italia è avvenuto con due giorni di anticipo a causa della decisione di bruciare due tappe. Di queste una all’andata perché «ero talmente gasato con la voglia di arrivare su, e vedere com’era la situazione in Bielorussia, che ho saltato la sosta e ho proseguito». Alcuni chilometri prima di Gomel è avvenuto l’incontro con un comitato di accoglienza di motociclisti locali. Gli Iron Bikers, anch’essi impegnati nel sostegno alle strutture sanitarie locali, hanno assistito e guidato Alessandro lungo le strade costellate di cartelli indicanti zone contaminate e non, facendogli visitare anche il museo militare cittadino.

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Le strutture sanitarie di Gomel e Help For Children

Nei giorni in città Alessandro ha visitato alcune strutture sanitarie. Il primo, una per bambini disabili dove «tutti quanti avevano un sorriso, un sostegno, erano trattati particolarmente bene», mentre il secondo il reparto di psichiatria infantile. «Non mi spavento e sorprendo di niente ma questo è ciò che mi ha colpito di più, vivono in condizioni proprio disagiate. È una struttura fatiscente: l’intonaco veniva giù, porte di legno marcio che non si chiudono, il pavimento in linoleum tutto rotto, letti in ferro che avranno almeno cento anni, reti tutte sfondate e materassi più piccoli che a volte non arrivano a coprirle tutte. Avrò visto dodici o tredici stanze e l’unica che era un po’ più adeguata alle aspettative era una tutta un po’ piena di cuscini, dove i pazienti della pediatria non possono sbattere in nessun angolo la testa o farsi male. Era una situazione dove Help For Children aveva già un po’ messo mano e l’hanno sistemata. Ho poi visitato un istituto dove mi avevano preparato una festa, con striscioni con il mio slogan e foto della Vespa da tutte le parti. Mi sono sentito più che in una famiglia, lì la gente è molto calorosa. Un’accoglienza veramente particolare, roba che qui in Italia facciamo fatica a trovare. I bielorussi amano gli italiani perché loro gli hanno dato sostegno nel tempo».

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Dalla prospettiva di una Vespa cambia tutto

«Poi sono stato nella zona a trenta chilometri da dove è successa la strage di Chernobyl. Un luogo sperimentale, ripopolato con specie allo stato brado come lupi, cavalli, sedici bisonti, addirittura hanno messo un orso. Vengono studiati per vedere come è la ricrescita del territorio, della flora e della fauna dopo il disastro. Sembra un bosco normalissimo dove a un certo punto c’è una sbarra dove non puoi entrare. Fra l’altro io ho potuto proprio in via speciale, grazie al sindaco. C’è un’attrezzatura che misura le radiazioni ogni giorno. Si tratta di una zona di sessanta ettari con tutti i paesi colpiti, che sono abbandonati e cadenti. Sono tutti scomparsi e evacuati, hanno lasciato tutto quanto. Ci sono laboratori dove ho visto tantissimi giapponesi, scienziati arrivati da Fukushima per apprendere come avevano fatto, come si erano comportati dopo la catastrofe». Alessandro riflette: «È stato comunque un viaggio bellissimo. Le foreste della Polonia e della Bielorussia sono qualcosa di speciale da visitare, tra l’altro quella della Polonia è l’ultima esistente d’Europa, dove ancora si incontrano gli orsi. La prospettiva da una Vespa non è come quella da una macchina o da un pullman, se lo fai su due ruote cambia tutto, il viaggio è diverso».

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