ELEZIONI LEGNANO 2020 Brumana: «Città a un bivio, deriva o rilancio. Basta partiti»

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LEGNANOFranco Brumana, candidato civico del Movimento dei Cittadini e della lista Legnano Cambia, la scorsa settimana era il suo compleanno. Quale regalo si è fatto?

«Nessuno, se non passare una giornata insieme ai mie nipotini (ne ho 4) al matrimonio della figlia di mia sorella. Una giornata stupenda».

Come procede la campagna elettorale?

«Io sono partito con molto anticipo. Avevamo programmato tutto per maggio, poi è subentrata una dilazione, pesante, anche perché la mia campagna è successiva alle primarie, quindi a un’altra campagna elettorale, terminata con una elezione tutt’altro che banale. Insomma, è tanto tempo che sono in corsa, sono anche più stanco di chi è partito per ultimo. Ho un programma che risale a settembre dello scorso anno ed è stato approvato da un’assemblea di cittadini a dicembre. Sono l’unico che ha fatto un programma prima della candidatura. Ma era inevitabile: bisognava raggruppare cittadini di ogni simpatia e provenienza politica in un movimento che avesse solo proposte concrete che prescindessero da posizioni ideologiche o politiche, dovevamo dire innanzitutto che cosa ci univa. Devo rivolgermi alla massa dei cittadini legnanesi senza avere alle spalle un partito e nulla di organizzato. A novembre non esistevamo e abbiamo sfidato partiti di lunga tradizione, talvolta dalla ferrea organizzazione. Io non ho i militanti della Lega che mi ubbidiscono sempre. Devo puntare su grandi temi e sull’intelligenza dei cittadini, e sperare che mi vada bene».

Come giudica quella dei suoi avversari?

«Ogni candidato fa la campagna che risponde di più alla sua personalità. Toia è stata una sorpresa, secondo me sta facendo un grave errore per una così giovane: si è messa a fare da mascherina a un gruppo di potere che è lo stesso della giunta Fratus. E poi, presentarsi dicendo di non avere né il programma, né la lista…».

Lei fece campagna elettorale a metà degli anni 80: qual è la differenza più grande che ha colto rispetto ad allora?

«La classe politica di allora era molto preparata, e la città molto partecipe. Faccio un esempio: ogni tanto tratto su Facebook questioni urbanistiche, i like e le letture sono pochissime, non interessa a nessuno. Se ne parlo con qualcuno, mi dicono che è una questione tecnica quando in realtà l’urbanistica è l’essenza della politica, perché in essa si determinano anche i servizi. È la politica a lungo termine che adesso manca. Allora, per un Prg si discuteva per mesi con tutti i partiti, si facevano assemblee affollate di cittadini e tutti erano in grado di trattare la materia. Oggi sanno farlo solo i professionisti».

Insomma, sguardo e respiro si sono molto accorciati…

«Ora va bene qualsiasi cosa purché sia piccola, facile e riguardi la politica del giorno per giorno, il volare basso. Colombo se ne fa un vanto, invece bisogna volare alto, per due ragioni, una geografica e una temporale. I problemi veri di Legnano, non la buca nella strada, si possono risolvere solo in un ambito molto più vasto che comprenda i comuni vicini e facendo una politica con obbiettivi a lungo termine. Cosa che è svanita dalla politica nazionale, perché la politica è dominio dei partiti, che si basano sui sondaggi e non sui seggi: così Salvini è diventato importante prima di esserlo davvero, con i numeri in Parlamento».

Due liste civiche, un obiettivo: Brumana muove su Legnano partendo dal Castello

Sbaglio, o ce l’hanno un po’ tutti con lei?

«Mi viene mossa l’accusa di essere antipatico, un po’ per la figura, mi vedono grosso e arcigno, un po’ perché parlo francamente, non usando il politichese, e i miei avversari a volte si offendono. Tanti hanno detto che sono il più preparato. Ma il vero problema è che io non posso fare come chi gira in bici con i palloncini colorati, non sarei credibile. Bisogna essere se stessi. Una delle poche virtù che mi attribuisco è la sincerità. Mi scuso con i miei avversari e con tanti elettori se appaio troppo serio, a volte aggressivo. Ma chi mi conosce in privato dice che non sono così. Vengo anche da una professione, sono avvocato civilista, in cui devo sconfiggere l’avversario, demolire le sue tesi, convincere i giudici. Qui devo ottenere i consensi dell’elettorato: dovrei parlare solo di cose positive, ma non sono fatto così. Se Toia è una maschera che nasconde un gruppo di potere protagonista del malaffare che vuole rimettere le grinfie sulla città, lo dico».

Che cosa c’è in gioco?

«Il futuro della città per i prossimi 5-10 anni. Legnano ha enormi problemi, non è governata da vent’anni. Soprattutto, occorre invertire la tendenza economica a diventare una città dormitorio, priva di lavoro. Io la voglio vivace e per esserlo dal punto di vista culturale dev’esserlo da quello economico. Se tutti i legnanesi lavorano a Milano, non sono interessati alla vita culturale di Legnano».

Al di là di Legnano, quale futuro ha il civismo nella politica italiana?

«I partiti sono vivi e vegeti e, purtroppo, hanno assunto un peso determinante. Non nego il loro valore, anzi sono fondamentali: nego la loro preponderanza, il senso di appartenenza che genera mancanza di oggettività. Pensiamo a viale Cadorna, una delle più grosse vaccate fatte a Legnano: siccome l’ha proposta la giunta del Pd, quelli del Pd devono tutti dire che è stato fatto bene. Ma poi, che cosa si intende per civismo? In sé e per sé è una cosa abbastanza vaga. Il mio movimento non ha mai pensato di chiamarsi lista civica e ci sono state liste civiche, anche a Legnano, chiuse in se stesse. Parlo di quelle vere, non ancillari rispetto ai partiti. In linea di massima, il civismo ha un enorme spazio alle elezioni amministrative locali, mentre il suo trasferimento in sede nazionale può dare luogo a populismo».

Non ritiene di aver tradito il civismo aggregandosi a partiti e movimenti politici nazionali?

«È un’accusa malevola, una distorsione della realtà. Noi ci siamo mossi esclusivamente sulla base del programma e senza alcun condizionamento. Contiamo anche persone iscritte a partiti. Non chiediamo tessere ma l’adesione al programma, che è la nostra bibbia. E non abbiamo mai escluso alleanze basate sempre sul programma. I partiti sono in grave crisi e a Legnano devono fare un passo indietro se vogliono evitare l’insuccesso. Alcune formazioni politiche, da Italia Viva a Grande Nord, l’hanno fatto, preferendo che scendessero in campo direttamente i cittadini sulla base di un programma, e hanno scelto il mio. Queste formazioni non si presentano e daranno indicazione di votare me come sindaco. Questo non vuol dire essere succubi dei partiti, aver ottenuto il loro appoggio esterno è una vittoria del civismo. Avrei voluto che altri facessero la stessa scelta».

Alcuni guardano all’età dei candidati e lei è il più vecchio…

«Penso che Legnano abbia bisogno di un sindaco esperto e mi ritengo tale, sperando di non essere presuntuoso. Faccio politica, ma non partitica, da quando avevo 14 anni e mi sono sempre impegnato sulle questioni locali, spesso ottenendo vittorie notevoli. Penso all’Olona, al giudice di pace, al decentramento della giustizia. La prima battaglia la feci appena iscritto al Psi, a 25 anni, per salvare le case operaie di via Gaeta e via Rossini da una manovra speculativa di chi voleva realizzarvi palazzi».

Quale futuro attende Legnano?

«Può essere roseo, se vinco io le elezioni. Battute a parte, occorre invertire una fase di decadenza, rivitalizzare la città, e penso che sia possibile. Si tratta di governare un andamento economico nazionale: se non è più la “Manchester d’Italia” non è perché è stata malgovernata. Certo, si sarebbero potute cogliere occasioni: clamorosa quella dell’università, con la facoltà di farmacia pronta ad aprire e la giunta Cozzi che ritardò l’operazione a fini meramente elettorali. Legnano deve assumere il ruolo di capoluogo e avere istituzioni adeguate. Noi proponiamo l’Istituto tecnico superiore, idea raccolta forse solo da Toia, mi avessero copiato tutti sarei stato felice. Busto Arsizio ce l’ha, e siccome sono campanilista il fatto che non l’abbia Legnano mi scoccia parecchio. Ma va fatto con il concerto di altri comuni. Lo stesso vale per il tribunale, l’occupazione, la cultura, se no le dimensioni sono troppo piccole rispetto alle ambizioni. La cultura dev’essere cultura di eccellenza, cultura della legnanesità (la storia, le tradizioni, il paesaggio) e confronto con le altre popolazioni: se facciamo conoscere le loro culture, valorizzate nella loro essenza, cominceremmo a guardarle in un altro modo e loro avrebbero la possibilità di non perdere l’identità e di fondersi. Anche qui, se ti colleghi a Busto, a Gallarate e altri comuni, il bacino ti consente programmi diffusi sul territorio e di portata ben superiore».

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