Addio Raffaella: Ibici a Busto aveva creato le calze “Modello Carrà” per i suoi balletti

Raffaella Carrà in una foto d'epoca di Canzonissima 70 con le calze create apposta per lei dalla Ibici di Busto Arsizio

BUSTO ARSIZIO – L’Italia piange la regina della Tv italiana, Raffaella Carrà: è morta oggi, 5 luglio, all’età di 78 anni. Showgirl, cantante, ballerina, attrice, conduttrice televisiva e radiofonica e autrice televisiva, è stata un’icona della musica e della televisione, ma anche di stile, e un sex symbol. E sono proprio i suoi esordi in Rai, in cui fece scandalo per i suoi balletti audaci e provocatori, a legare il suo nome a Busto Arsizio. In particolare alla “mitica” Ibici Calze, storica azienda di collant con sede nel quartiere Sant’Edoardo a cui la “Raffa” nazionale si era rivolta per realizzare uno specifico modello di calze da utilizzare nelle sue performance di danza. Come già Diego Armando Maradona, un’altra icona legata al tessile “made in Busto” che faceva furore.

Raffaella e la Ibici

Fondata nel 1959 da Gustavo Sarfati e Saverio Mayer, la Ibici stava già pianificando il trasferimento nella nuova sede all’ex Samca di Largo Ticino, dove oggi c’è il Tigros, quando negli uffici di allora in via Busona, vicino alle scuole Bellotti, arrivò la lettera autografa di Raffaella Carrà che chiedeva all’azienda di Busto di disegnare un modello di collant per i suoi balletti “da scandalo” (per l’epoca) a Canzonissima 70. «Ricordo che a mio papà quella richiesta aveva fatto molto piacere, anche se era stato molto impegnativo esaudire le richieste della Carrà – rivela Alberto Mayer, figlio di Saverio, allora amministratore delegato della Ibici, a cui è stato intitolato il parco Mayer di via Rosolino Pilo – chiedeva un collant a vita bassa che rimanesse su senza che si vedesse. Ci furono lunghissimi studi e tanti esperimenti, poi fu ribattezzato Modello Carrà». L’unico cruccio di Mayer è che la storica lettera autografata dalla “Regina” non si trova più.

Il Modello Carrà

L’articolo tecnicamente si chiamava Modello Speciale 70, ed era stato creato appositamente per le esigenze della showgirl che voleva un collant a microrete, senza tallone e senza il corpino rinforzato. Inizialmente, il Modello Carrà fu realizzato solo per Raffaella ma successivamente fu esteso a tutto il corpo di ballo che la accompagnava a Canzonissima. «Quel modello data 1969/70, ed era un collant con fibra elastomerica 70 den – aggiunge Roger Zanesco, ultimo responsabile di produzione della Ibici (poi ulteriormente trasferitasi nella zona industriale di Sacconago) prima della travagliata vendita – oltre che tessuto su misura, era congegnato per permettere il massimo risalto alle gambe nelle riprese televisive. Il team della Ibici creò il modello sotto la guida dell’allora cofondatore Saverio Mayer e il Modello Carrà ebbe poi vita propria con produzione e commercializzazione in tutto il mondo».

Calze che fecero epoca

Elastiche e resistenti, le calze Ibici fanno epoca e diventano un punto di riferimento, sia per la qualità di un prodotto d’avanguardia frutto di investimenti in ricerca di laboratorio e innovazione, sia per la filosofia improntata al rapporto con il cliente, fino alla personalizzazione per soddisfare le esigenze del singolo. Come con Raffaella Carrà, a cui i collant “made in Busto” portarono fortuna. Anche per la Ibici erano anni d’oro, di crescita esponenziale, tanto da arrivare negli anni ’80 ad avere quasi 400 dipendenti, un campionario fino a 20 mila varianti e un fatturato che toccò i 56 miliardi di lire. Il marchio Ibici si legò anche alla grande parabola sportiva della squadra di basket femminile di Busto, che giocò per tanti anni in Serie A1. Poi negli anni 2000, complice la crisi del settore tessile, il ridimensionamento che portò alla dolorosa chiusura dell’azienda, con il brand che nel 2010 è stato acquisito dal gruppo Plus di Castel Goffredo, in provincia di Mantova, già proprietario del marchio Omero.

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